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Annientare dona una sensazione di potere, lusinga di ciò che è oscuro, originaria in noi. Non è costruendo ma polverizzando che indoviniamo le segrete soddisfazioni di un dio. Da qui l’attrazione verso il distruggere, le illusioni che suscita negli entusiasti di tutte le età.
È nel gorgo dell’euforia che i francesi hanno costruito un sistema sociale, senza tenere in conto i dati pratici. La parola “rivoluzione” ha su di loro l’effetto di un afrodisiaco. Privi di un’immaginazione metafisica, dimostrano una notevole inventiva quando si tratta di ripensare la società; lì nulla li ferma dallo scatenarsi, è il delirio del ragionamento, perdono ogni buon senso, vagano fino al fondo delle loro divagazioni. Finché devono considerare un altro tipo di ordine o di disordine, si sentono rinnovati, innovativi, nel proprio elemento. L’idea dell’uguaglianza li getta in trance, ed è intorno a quel concetto che hanno rivoltato le proprie ossessioni. Non esistendo follia più nobile, vi consacrano senza rimorsi tutte le loro speranze e la loro retorica.
Che la Trappa sia nata in Francia piuttosto che in Italia o in Spagna, non è un caso. Gli spagnoli e gli italiani parlano senza sosta, va da sé, ma non si ascoltano parlare; i francesi, invece, assaporano l’eloquenza, non dimenticano mai che stanno parlando, ne sono pienamente coscienti. Soltanto loro hanno potuto pensare il silenzio come una prova, un’ascesi.
Ciò che mi irrita della grande Rivoluzione è che è tutta una messa in scena, i suoi protagonisti si muovono come attori nati, la ghigliottina non è che una decorazione. La storia della Francia, nel suo insieme, sembra una storia creata a comando, una storia per gioco, tutto è perfetto dal punto di vista teatrale. È una rappresentazione, una serie di gesti grandiosi, di eventi che vanno ammirati più che sofferti, lo spettacolo di dieci secoli. Da qui l’impressione di frivolezza che dà perfino il Terrore, visto da lontano.
Ciò che rende sospetta la distruzione è la sua facilità. Il primo venuto può eccellere. Ma se distruggere è facile, distruggersi lo è meno. Superiorità dei caduti sull’agitatore o sull’anarchico. La proprietà dei regimi agonizzanti è consentire il confuso coagulo di fedi e di dottrine, e di dare al tempo stesso l’illusione che l’ora della scelta sarà infinitamente procrastinata. È da questo e unicamente da questo che deriva il fascino dei periodi pre-rivoluzionari.
Se le nazioni diventassero abuliche nello stesso momento, non ci sarebbero più conflitti, guerre, imperi. Purtroppo, ci sono i giovani, e i giovani sono l’ostacolo decisivo all’utopia dei filantropi: fare in modo che tutti gli uomini giungano allo stesso grado di stanchezza o di esaurimento.
Tutte le rivoluzioni presuppongono una lunga tradizione di impertinenza.
Ogni generazione vive nell’assoluto e si comporta come se avesse raggiunto la cima, se non la fine, della storia.