Provvidenziale fu Luca Orlandini, diciamo così. Il giro è questo. Luca Orlandini, tra l’altro, mi ha introdotto all’opera fondamentale di Benjamin Fondane, mai gliene sarò grato abbastanza. Ma questo non conta, ora. Per La Biblioteca di via Senato Luca Orlandini traduce e commenta una recensione di W. H. Auden a La caduta del tempo di Cioran. La recensione è pubblica il 28 gennaio 1971 sulla New York Review of Books (potete leggerla qui). Mi colpisce questa frase. “Per quanto mi riguarda, i due autori più interessanti che scrivono in lingua francese, dall’ultimo dopo guerra, sono Cioran e Malcolm de Chazal, entrambi dediti all’aforisma, un mezzo letterario che immancabilmente mi colma di piacere”. Ora. Per quanto mi riguarda Auden è l’oracolo, il lettore fenomenale. Secondo Auden, Cioran e Malcolm de Chazal sono i massimi scrittori francesi del secondo dopoguerra. Già. Ma chi cavolo è Malcolm de Chazal?
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M’informo coi mezzi che ho. Malcolm de Chazal è nato alle Mauritius, nel 1902, di schiatta francese, fa buoni studi – nel 1918 va a studiare ingegneria a Baton Rouge, Louisiana – s’impegna prima nell’industria di zucchero, poi in quella tessile. In entrambi i casi l’esperienza è disastrosa, e questa specie di Pessoa francese – nelle fotografie la somiglianza è smagliante – ripiega per un impiego negli uffici delle telecomunicazioni e dell’elettricità, “Avevo poco da fare. Mi pagavano male. Ho fatto sfoggio d’incapacità. Almeno, mi hanno lasciato in pace”. Così sintetizza l’esperienza di lavoro, nella sua Autobiographie spirituelle. Scisso dal mondo reale, Malcolm de Chazal può dedicarsi a quello verbale.
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In sintesi. Malcolm de Chazal è considerato tra i grandi aforisti del Novecento. Nel 1940 comincia a raccogliere i suoi testi nella serie dei Pensées: tra il 1940 e il 1948, in sette volumi, Malcolm de Chazal scrive “circa 7mila aforismi” (così la conta di Robert Furlong). Il primo aforisma, del 1936, mi conquista: “Dante è grande perché capisce quello che troppi scrittori ignorano: che le parole sono creature viventi. Le mescola, le scompone, le mette al loro posto per trarre armonie di suoni e di immagini, ma non dimentica mai che la parola è un essere. Quando scrive ‘stelle’, con quelle sei lettere, non traccia segni morti. Le lettere sono sostanza reale e organica. La parola è una magia della vita”.
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In Francia, è Jean Paulhan a scoprire Malcolm de Chazal. Nel 1948 è lui a introdurre il geniale aforista da Gallimard, scrivendo il preludio al suo libro maggiore, Sens-plastique. “Questo singolare Malcolm de Chazal, questo ingegnere delle Mauritius da cui il suo libro è piombato in Francia da pochi mesi, un osso, davvero, una pietra proveniente da un pianeta alieno, di un autore quarantenne. Ha il naso appuntito, la faccia come una lama, uno sguardo che sembra misurare un ostacolo da sollevare. Il libro è una raccolta di pensieri, di metafore, di corrispondenze, dalle due alle quaranta righe”. Questo è l’incipit dell’intro, barocca, di Paulhan.
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Con Gallimard il Pessoa francese pubblica un altro libro, La Vie filtrée, nel 1949, poi s’interrompe l’idillio con la Francia e con il genere aforistico. Malcolm de Chazal non ha un carattere facile. Elogiato da André Breton, Georges Bataille, Francis Ponge e Georges Braque – che fornirà spunti all’attività pittorica del nostro, spaurita e sporadica, all’urlo di: “il poeta può fare tutto, soprattutto l’impossibile” – si ritira in sé, isolato e isolano, pubblica per piccolissimi stampatori, decritta i misteri biblici attraverso un cifrario matematico (La Grande révélation) che rivela la sua passione per il misticismo alla Swedenborg. Quando la Regina d’Inghilterra vuole insignirlo dell’Order of the British Empire lui, pubblicamente, rifiuta l’alloro; Léopold Sédar Senghor, il Presidente del Senegal, il poeta ideologo della ‘negritudine’, amico suo, nel 1976 urla al mondo il suo rammarico: “perché il Nobel per la letteratura si è dimenticato ancora una volta di Malcolm de Chazal?”. Il nostro muore nel 1981, il primo di ottobre, nella piccola Curepipe, nella sua adorata isola, a 79 anni, già leggenda. In Italia non sanno chi sia, l’anno scorso negli Usa hanno ripubblicato la traduzione di Sens-Plastique griffata Irving Weiss, originariamente apparsa nel 1972. L’intro è ancora quella di allora, di W.H. Auden. “Questo libro mi è compagno da quasi vent’anni. A mio avviso Malcolm de Chazal è lo scrittore francese più originale e interessante emerso dal dopoguerra”. Io direi che è ora di tradurlo anche in questo Paese di trogloditi editoriali. Intanto, beccatevi questo florilegio. (d.b.)
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Sempre si è poveri di ciò che si desidera, ricchi della rinuncia.
La morte non avrebbe senso se la vita ne avesse uno.
A poco a poco, ciascuno prende il corpo della propria professione.
Nell’estremo pericolo, pensiamo con tutto il corpo.
Siamo impediti a pensare per paura di ciò che pensa la gente.
La voluttà è la corsa verso il levriero del desiderio, dove l’inseguitore cade sempre prima della meta, senza riuscire a raggiungere la preda.
Più che le idee, al vecchio rinfacciamo i gesti. Dentro la vecchiaia non c’è innovazione, il gesto apparentemente nuovo, nel vecchio è un titanico tic.
L’idealista cammina sulle dita dei piedi; il materialista marcia sui talloni.
Non volevamo nascere, non accettiamo la morte, non possiamo rifiutarci di vivere… ed è sapere tutto questo che ci dà vita!
Tutto il dramma della personalità comincia con il rifiuto di vivere con noi stessi. L’amore ha l’onnipotenza dell’illusione che ci libera da questo obbligo.
L’egoista ha lo stesso punto di partenza e di arrivo. Per questo, resta al palo per tutta la vita.
I soli scrittura che durano sono quelli che scrivono nudi per l’uomo nudo, per l’uomo naturale, per l’uomo di tutti i tempi.
La risata è uno starnuto dell’immaginazione.
Il primo organo che reagisce all’osceno è l’intestino.
Guardiamo gli occhi di un uomo per conoscerlo, la sua bocca per capirlo.
I folli hanno una faccia a scacchiera.
La chiarità lunare è luce con i guanti.
Il ragno non conosce altro mondo che quello della sua tela. Ogni sognatore è come il ragno, che ‘vive’ il mondo immaginario tessuto nelle viscere della sua anima.
Ogni uccello ha il colore del suo grido.
Svegliarsi al mattino pensando che non abbiamo incominciato a nascere.
L’uomo cerca in sé ciò che non trova negli altri, e cerca negli altri ciò che è troppo in lui.
Il corpo di una bella donna è la migliore lampada da comodino. Dormire in due rende la notte meno opaca.
Il poeta non è mai vivo se non quando è morto.
La poesia non è altro che l’arte di decrittare l’invisibile, con immagini d’angelo.
Chi spoglia la notte vedrà il corpo di Dio.
Malcolm de Chazal