Lorenzo “Orso” Orsetti, classe 1986 nato a Rifredi (Firenze), dal settembre 2017 ha combattuto nella Siria del nord-est con il nome di Tekoşer Piling (Tigre che lotta). Orso è andato in Rojava (in curdo letteralmente “l’occidente”; è la regione sud-occidentale del Kurdistan, che coincide all’incirca con il Kurdistan siriano) per difendere la prima sperimentazione del Confederalismo democratico teorizzato da Öcalan. Orso, che ha sempre rivendicato i suoi ideali anarchici, ha dato il suo contributo per una società pacifica da costruire tramite municipalismo libertario, convivenza etnica, parità di genere ed ecologia sociale.
Come combattente internazionale ha fatto parte di diverse formazioni aventi differenti composizioni etniche e orientamenti politici, nell’ultimo periodo era con Tekoşîna Anarşîst (Lotta anarchica). È morto in combattimento a Baghouz assieme ad Ahmed Hebeb il 18 marzo 2019.
Rapidamente anche la musica ha raccontato la sua vita, in cosa credeva e per cosa combatteva.
1 ROSSOFUOCO Y MAX COLLINI – GUERNICA
2 ILL NANO – IO VADO MADRE
3 24 GRANA – ORSO
1 Rossofuoco y Max Collini – Guernica
Nonostante il titolo, la canzone figlia della collaborazione tra Collini e i Rossofuoco che compare in “Her dem amade me”, non è incentrata sul primo terribile bombardamento aereo che subì la cittadina basca nel 1937. “Guernica”, dopo un primo possibile spiazzamento, sa farsi esplicita, e la cornice della compilation dedicata a Lorenzo Orsetti aiuta a collocarla correttamente. “La televisione ha detto che sei andato a morire / ma non ha raccontato la storia, la causa, il contesto / perché amiamo osservare gli eventi da molto lontano / nella poco fiera speranza, nella poco fiera illusione / di non essere noi a dover ritornare sui nostri monti / o su quelli di altri”. Max Collini, già Offlaga Disco Pax e poi nel progetto Spartiti, recita il testo in cui racconta di come nel placido Occidente arrivino le notizie dal Rojava, parlando di Orso come di un partigiano che combatte sulle montagne di altri. Quale miglior definizione per un combattente internazionale?
Il ritornello è affidato a Giorgio Canali, “E intanto bombardano Guernica / una, dieci, cento, mille volte / è una storia infinita”, mentre i Rossofuoco accompagnano le parole. La chitarra riempie i silenzi tra le strofe, e come nei brani della discografia degli “scarlatti infiammati” che suonano con Canali, può premere sulle ferite per riaprirle o per tamponarle.
Attraverso le parole di Collini poi, la canzone rasenta il rapporto, spesso scivoloso e problematico, coi martiri e la creazione degli eroi. “Magari faranno anche un film / e proveranno a spiegare da dove hai tirato fuori / il coraggio di andare / mentre noi cercavamo milioni di scuse, / milioni di scuse per restare a guardare”. Come recita il libretto che accompagna “Her dem amade me – Siamo sempre pronte, siamo sempre pronti”: “Non siamo qui per celebrare un eroe. Non ne saremmo capaci. […] Siamo qui perché questo è il nostro compito e il nostro dovere: testimoniare e ricordare un uomo grande che non ci mancherà mai perché per sempre sarà con noi”.
“Ora non resta che il tempo / per venirti a trovare / adesso che riposi per sempre / vicino allo stesso fiore”. Il finale fa l’eco a quella che negli anni è diventata la canzone più celebre della Resistenza italiana, espandendosi ovunque divenendo un vero inno di libertà internazionale.
2 Ill Nano – Io vado madre
La causa del popolo curdo porta con sé una storia lunghissima, come ci ricorda ad esempio la poesia “Io vado madre” di Nazim Hikmet. Il componimento del secolo scorso del famoso poeta turco è stato di ispirazione per l’omonima canzone scritta e rappata da Ill Nano. Il rapper militante ha infatti partecipato a “Una canzone per il Rojava”, un progetto benefico della Staffetta sanitaria di Rete Kurdistan Italia, che ha visto 10 artisti cimentarsi nel comporre una canzone per “mettere in musica una Rivoluzione, le sue radici nelle sofferenze degli uomini e delle donne che nei paesi del Kurdistan sono stati oppressi per anni”. Ogni brano è nato a partire da una poesia di un poeta curdo, contemporaneo o meno. “E chiedo il minimo davvero / riconoscer la mia gente, / la mia lingua, il mio terreno, / sono un corpo straniero / sotto gli occhi di tutti: / i governi iracheni, iraniani, / siriani e turchi. / Per loro il confine / è una lingua sacra e fragile, / la libertà nel mio paese / non è mai stata facile!”. Ill Nano è un rapper da sempre impegnato su temi sociali e politici. Il suo rap, sopra quattro quarti vecchio stile, ci parla delle occupazioni (“Agire di riflesso”), dell’antifascismo di ieri e di oggi (“No Pasaran”), piuttosto che delle lotte palestinesi (“Terza Intifada”) e in memoria di Renato Biagetti ha scritto “Io non dimentico”. “Io vado madre / perché ho sogni concreti / la mia anima sarà / parola per poeti”, le principali citazioni della poesia di Hikmet si trovano nel ritornello, “Io vado madre / se non torno / sarò il fiore in montagna / che sboccia ogni giorno”. “Io vado madre” racconta dunque di un giovane combattente figlio delle ataviche angherie subite dai curdi, ma viste le sue origini per ovvie ragioni non è né una canzone sul Confederalismo democratico del Rojava né per Orsetti. “Madre devo andare / ho un futuro da scrivere, / le parole che mi servono / ci renderanno libere”, le strofe composte da Ill Nano ricalcano un’ambientazione atemporale di Hikmet, ma non si può ignorare come certi versi evochino le attuali attività e prospettive dei curdi: “Sento che siam pronti, / ho dato tempo al tempo / ho letto e studiato / soluzioni allo scempio. / E l’autodeterminazione / nel mio caso è un esempio, / saremo storia vera / accarezzata dal vento”. A partire dal titolo, nella canzone potremmo anche leggere le parole di Orso in un immaginario dialogo con sua madre, in cui ribadisce i motivi che lo hanno portato a condividere le sofferenze e le lotte di un altro popolo: “Lotto per te madre / le lacrime su ogni volto, / per ogni torto, / per quello che ci è stato tolto, / […] per ogni granello della terra / che ora calpesto: / io vado madre, / ci vediamo presto”.
3 24 Grana – Orso
La carriera dei 24 Grana è incominciata a metà anni ’90 nella Napoli delle posse, il loro suono e l’ambientazione delle loro produzioni rimarranno segnati da questi elementi. Da un lato il consistente ricorso al dialetto napoletano e a temi sociali come il carcere e la tossicodipendenza, e per quanto riguarda i suoni dei 24 Grana sentiamo un indie-rock con incursioni dub, reggae ed elettronica. Da sempre anche i loro testi più impegnati hanno un’impostazione intimista e rimangono comunque dolci.
“Ho visto troppe guerre / per non combatterne una, / se sono morto in battaglia / è stato in primavera, / mentre spuntavano i fiori / prima della vittoria”. Da qualche anno la band si è riformata e tra le nuove canzoni c’è “Orso”, proprio quello di Rifredi, come inquadra subito la prima strofa. Il brano è parte della compilation “Her dem amade me” i cui proventi serviranno a raccoglie fondi per specifici progetti da attuare in Rojava, perché “ricordare Lorenzo significa continuare la sua lotta.”
I 24 Grana negli anni hanno saputo ricalibrare l’uso dell’italiano e di influenze acustiche ed elettroniche, mentre sfioravano l’alternative rock o il cantautorato. Il ritornello di “Orso” riprende la frase che Lorenzo Orsetti ha inserito nel finale del suo ultimo messaggio, scritto per i posteri prima di cadere in combattimento. In quella paginetta lasciata per iscritto, Orso riassume le motivazioni ideologiche, valoriali e personali che lo spinsero fino in Rojava e, considerando il tragico esito della sua scelta, si rivolge a chi rimane. “Ogni goccia diventa tempesta / ci crediate o no, / ogni goccia diventa tempesta / lo vogliate o no”, “cercate di essere voi quella goccia” aggiungeva poi Lorenzo. “Ogni tempesta comincia con una singola goccia” è una massima semplice a cui è difficile dare torto, una metafora meteorologica che ci parla della nostra quotidianità sia che ci troviamo a vivere nella pace occidentale, sia sotto le bombe in Medio Oriente. “Tante volte ho pensato all’Italia / e a cosa crede la gente, / ma l’Internazionale in Rojava / adesso è più importante, / faccio le cose sul serio / con chi resiste davvero”.