“Neri ululati, sangue che splende”. Beowulf, Foucault, il Graal: i libri che hanno influenzato Cormac McCarthy
I critici non leggono i libri come fanno gli scrittori – la cosa si complica se si tratta di scrittori come Cormac McCarthy. In un saggio che esplora i legami tra Meridiano di sangue e il Beowulf, ad esempio, Rick Wallach parla dei “codici marziali” che coinvolgerebbero entrambi i testi. Come critico, è interessato a dimostrare in quale misura il Beowulf abbia influenzato il romanzo di McCarthy. Eppure, esaminando le note di McCarthy, nulla riguarda il “contagio della sistematica violenza” rintracciato in Beowulf.
Ecco, piuttosto, due citazioni dalla traduzione del Beowulf approntata da Francis Gummere che appaiono nella prima bozza di Suttree. Sono tra virgolette anche nel canovaccio di McCarthy:
“Svelto svelto il sangue cuore splende sulla via illuminata dalla lampa.
Solleva la daga lorda, egli è finito. Sangue oscuro, zampillante e blu sgorga dalle viscere dissennate. Nere grida (nero ululato su neri rami guida i morti con bronzeo inno) e il mostro marino giaceva sulla sporgenza dello scoglio.
B/wulf mera moglie mostruosa. Brinewolf
In ogni tempo opera più nobile dell’uomo è prendere le armi contro i nemici per difendersi. Mia moglie mia terra miei anni. (Anziani infermi).
Dov’è il nemico? Qual è la sua sagoma? Riesci a intuirne la forma?” (Box 30, Folder 1)
Le tre domande che concludono questa annotazione, per il resto per nulla legata a Suttree, dovrebbero suonare familiari a chi ha letto quel romanzo. Appaiono nelle pagine iniziali, in corsivo. Le citazioni dal Beowulf giungono dalla descrizione che il poeta fa del lago notturno in cui vive la madre di Grendel, con i nomi a lei ascritti durante la lotta di Beowulf con il “Brinewolf”. La frase “Un periglioso viaggio dai perigliosi compiti” evoca un episodio della cerca del Graal, a cui McCarthy all’epoca era interessato. Nei suoi documenti appaiono riferimenti al libro di Jessie L. Weston From Ritual to Romance: McCarthy intende riprodurre l’atmosfera tesa, ‘gotica’ del poema epico medioevale.
Aa. Vv.
Scioa – L’Africa di Arthur Rimbaud
Questo è un passo importante di Suttree. Gli echi dal Beowulf sono piuttosto chiari, benché indecifrabili se non si sfoglia la prima bozza del libro:
“La notte è tranquilla. Come un campo prima della battaglia. Sulla città incombe qualcosa di ignoto, arriverà dalla foresta o dal mare? I guardiani delle mura hanno fortificato la palizzata, le porte sono chiuse, ma bada, la cosa è all’interno, riesci a intuirne la forma? Il luogo in cui è custodita o le fattezze del volto?”
Traduzione di Maurizia Balmelli, Einaudi, 2009
Qui McCarthy immagina Knoxville, Tennessee, come una sorta di sala dell’idromele di Hrothgar, minacciata da mostri che vagabondano in un paesaggio da incubo.
Sapere che McCarthy era interessato al libro della Weston suscita domande sulla sua influenza nell’opera dello scrittore americano. Gli archivi suggeriscono che il libro gli abbia fornito materie prime, poi plasmate in una forma letteraria propria. Una nota a margine alla prima bozza di Suttree contiene la seguente citazione dal capitolo tredicesimo del libro della Weston: “Molti cavalieri sono stati uccisi lì, nessuno sa da chi”. Questa frase deriva da una discussione sulla Perilious Chapel; ecco la citazione, contestualizzata: “Quando Perceval chiede della Cappella gli viene detto che fu costruita dalla regina Brangemore di Cornovaglia, poi assassinata dal figlio, Espinogres, e sepolta sotto l’altare. Da allora, molti cavalieri sono stati uccisi lì, nessuno sa da chi, se non dalla Mano Nera che appare per sgozzare le luci”.
La citazione che appare sulla bozza di Suttree è utilizzata, in realtà, in Meridiano di sangue, la cui scrittura si sovrapponeva a quella dell’altro romanzo. Ecco come la frase della Weston si fa strada nel romanzo di McCarthy: descrivendo le sanguinose conseguenze di una rissa da bar che coinvolge il ragazzo, kid, e altri due giovani, uniti alle scorribande del Capitano White, il narratore ci dice che “il ragazzo giaceva in una pozza di sangue, con il cranio spaccato nessuno sa da chi” (corsivo nostro). Probabilmente, a McCarthy piaceva il suono di quelle parole, none knew by whom.
Ciò non vuol dire che McCarthy sfruttasse il libro della Weston per meri colpi ad effetto in una frase. Sapere che possedeva e annotava il suo libro, sapere che il titolo originale di The Road avrebbe dovuto essere The Grail, apre nuove strade nella comprensione critica dell’opera di McCarthy. (In questo senso è pionieristico il lavoro di Lydia Cooper che in Cormac McCarthy’s The Road as Apocalyptic Grail Narrative, registra i rapporti tra il libro della Weston e il romanzo più noto di McCarthy).
Ciò che scopriamo negli archivi è che le idee sono, per McCarthy, materia verbale, utili a forgiare metafore sorprendenti e di frasi folgoranti. Osservare il modo in cui McCarthy incorpora l’influenza di altri autori nelle sue annotazioni ci dice molto del suo metodo di lavoro. Più che concetti riferiti con consapevolezza, McCarthy usa le citazioni di studiosi e scrittori come colori sulla tavolozza di un artista. Anche quando McCarthy sembra appropriarsi del pensiero profondo di un autore, lo fa con coscienza estetica.
Un ottimo esempio di questa fusione tra idee e linguaggio si trova, sempre durante la stesura di Suttree, nel rapporto tra McCarthy e l’opera di Michel Foucault. Nei suoi appunti, McCarthy fa diversi accenni a Folie et déraison (in Italia: Storia della follia nell’età classica). La follia è l’interesse prevalente di McCarthy mentre scrive il romanzo. I suoi appunti registrano una fruttuosa indagine intellettuale nel libro di Foucault; a tratti, alcuni termini di quello studio vengono amalgamati nel romanzo per creare la giusta frizione linguistica.
Un esempio. McCarthy scrive la frase “Le cose sono così gravate di un significato che la forma offusca” (Box 19, Folder 13). La citazione riguarda l’analisi di Foucault in merito al mutamento della percezione durante il Rinascimento. La frammentazione provocata dal dissolversi della cultura cristiana del Medioevo, scrive lo studioso, portò a un interesse verso le espressioni della follia, o meglio, a una rinnovata comprensione delle immagini della follia ereditate dall’arte medioevale. Ciò è giudicato dallo studioso come una liberazione. Così scrive Foucault (in corsivo la frase rimodulata da McCarthy):
“Paradossalmente, questa liberazione deriva da un proliferare del significato, da un’auto-moltiplicazione del significato, che tesse relazioni così numerose, così intrecciate e ricche che non possono essere decifrate se non in una sorta di esoterismo della conoscenza. Le cose stesse sono così gravate di attributi, segni, allusioni da perdere la loro stessa forma. Il significato non si offre più in una percezione immediata, la figura non parla più da sola”.
Certamente, McCarthy è interessato al contenuto dal paragrafo; ma ancor di più, ci pare, è interessato alla sua forma, o meglio, come direbbe Robert Frost, al “suono del senso”.
Come già detto, gli scritti preparatori di McCarthy per Suttree si sovrappongono agli appunti aurorali per la composizione di Meridiano di sangue, romanzo abbozzato dalla metà degli anni Settanta. L’influenza di Foucault è rilevabile in entrambi i romanzi, ma questa citazione da Meridiano di sangue ci mostra l’importanza del concetto suono/senso per McCarthy. Questo è il passaggio che descrive l’apparizione del giudice e del folle mentre attraversano il deserto:
“Erano lì, il giudice e l’imbecille. Entrambi nudi, si avvicinavano valicando l’alba del deserto come esseri dall’impasto poco più che sovrapponibile alle generalità di questo mondo, le loro figure ora improvvise e limpide, ora sfuggenti nella stranezza di quella stessa luce. Come cose rese ambigue dal loro presagio. Come cose così gravi di un significato che la loro forma offusca”.
McCarthy è così scaltro in tali furti letterari da celare bene le sue tracce.
Quanto scrive John Dewey in Art as Experience descrive bene il processo artistico di McCarthy, la sua fascinazione per il suono del senso. Dopo aver tracciato una distinzione tra soggetto e sostanza, Dewey spiega il significato che attribuisce a questi diversi aspetti dell’opera d’arte:
“La distinzione può, credo, essere parafrasata parlando della materia o del materiale nella produzione artistica. Il soggetto, o materiale, può essere descritto in modo diverso dal prodotto artistico in sé. La materia, la sostanza effettiva, è l’oggetto dell’arte, non possiamo scinderla in alcun modo. Ad esempio. Il soggetto del Paradiso perduto di Milton, come scrive Bradley, è la caduta dell’uomo in relazione alla rivolta degli angeli – un tema comune alle correnti del cristianesimo e facilmente identificabile da chiunque abbia familiarità con la tradizione cristiana. La sostanza del poema, la sua materia estetica, è il poema stesso; sottoposta al trattamento immaginativo di Milton è questa materia il soggetto del poema”.
Dewey prosegue affermando che “l’artista, da solo, difficilmente può focalizzarsi soltanto sul soggetto: l’opera potrebbe scadere nel mero artificio”. Che i ‘prestiti’ accolti da McCarthy da altri pensatori o scrittori o poeti non siano artifici, testimonia delle sue qualità artistiche.
Come abbiamo visto in Beowulf, la Weston e Foucault, McCarthy trova materiali per i suoi romanzi. Eppure, plasma in materia questo materiale. Pensa attraverso la materia della finzione, usando come materiale gli echi delle fonti che ha scelto. In effetti, le fonti utilizzate da McCarthy sono così abilmente intrecciate nel tessuto dei romanzi che spesso sono difficili da intercettare. Per questo, il lavoro negli archivi di McCarthy, raccolti nella “Wittlif Collections” presso la Texas University State in San Marcos è così affascinante.