Il cuore di Franco Piperno ha smesso di battere lunedì sul far delle notte a Cosenza quando in cielo brillano le stelle a lui tanto care. Era su questa Terra dalla vigilia della Befana di 82 anni fa, nato al Sud, in Calabria, la sua amata Calabria, nella notte in cui le favole ritengono che gli animali parlino e che le fontane versino olio buono invece dell’acqua. E in quella romanza calabrese che sta sulla carta astrale di Franco Piperno c’erano i lupi, i cani e i gatti che vissero nelle sue case e gli ingredienti del cibo condiviso su mille tavole di compagni che hanno sempre segnato la sua esistenza ricca di vita e conflitti attraverso i paralleli e meridiani del mondo che aveva solcato nel corso del tempo. Il tempo che è stato elemento centrale della sua riflessione di fisico e di filosofo della politica affascinando migliaia di persone che nelle sue parole e nel suo pensiero hanno trovato un punto di riflessione originale ed eretico mai piegato alla convenienza personale.
Figlio di un direttore didattico ebreo ma molto cattolico, Piperno da giovane era vissuto a Catanzaro e per paradosso (che nella sua vita non è mai mancato) era molto fiero di avervi fondato il Tennis club di Pontegrande; dalla mamma originaria della Sila aveva preso il rapporto comunitario che mantenne per tutta la vita verso gli ultimi e i subalterni. La sua palestra fu al liceo Galluppi di Catanzaro. In vita ha sempre reso omaggio al suo professore di Filosofia, Giovanni Mastroianni, un comunista da cui apprese la sobrietà del pensiero astratto e l’attitudine al pensiero critico. Fu Mastroianni per Piperno quello che Pietro Giordani rappresentò per Leopardi. Grazie a questo professore, Piperno da giovane, viene condotto a vedere un processo in cui Giacomo Mancini deve rispondere di diffamazione a mezzo stampa contro politici democristiani. I due s’incontreranno di nuovo nel corso del tempo.
Militante della Fgci, Piperno si iscrive a Fisica a Pisa, studente brillante diventa uno dei leader che prepara la lunga stagione del sommovimento degli studenti, degli operai, di chi adopera il sapere per poter cambiare lo stato reale delle cose presenti. A Pisa incontra un brillante studente di Lettere, si chiama Adriano Sofri e insieme per un periodo battono le strade dell’operaismo in voga al periodo. Il Pci presto espelle Piperno per frazionismo che nel 1964 aveva occupato con i suoi compagni l’Istituto di fisica dando via al movimento sovversivo che sarebbe durato per lungo tempo. Tra i suoi ex dirigenti tributerà sempre e forse solo a Pietro Ingrao la nettezza della sua politica.
La prima denuncia Piperno la guadagna per aver partecipato ad una manifestazione in favore del Vietnam. Appena laureato vince una borsa di studio al Cnen come ricercatore e frequenta la Scuola di perfezionamento in Fisica a Roma. Nella capitale diventa uno dei leader riconosciuti del Sessantotto romano. A 26 anni è un oratore straordinario, le sue parole spesso poetiche coniugate allo studio del progresso tecnico incantano donne e ragazzi del Movimento. Ironico e affascinante negli scontri teorici riesce sempre a portare la dialettica della sua parte. Nell’aprile del 1968 senza nessuna prova viene arrestato con un compagno per l’incendio alla Chemical spa. Roma scende in piazza per la libertà di Piperno e Russo. Nella breve detenzione vuole visitarlo in carcere per solidarietà Fausto Gullo, l’ex guardasigilli comunista calabrese. Per un quiproquo con la guardia il giovane fisico rifiuta l’incontro pensando si trattasse del ministro democristiano in carica. Piperno se ne rammaricherà per tutta la vita. Mesi che entreranno nei libri di Storia.
Nascerà da quel fuoco l’esperienza di “Potere Operaio” con Toni Negri, Oreste Scalzone e tutti gli altri ad organizzare il Partito della rivoluzione. Piperno incontra e frequenta Feltrinelli. Quelli di Potere operaio provano a unirsi con il Manifesto ma dura poco, lo spazio di un convegno. Potere operaio, minoritario rispetto ad altri gruppi ha la forza della parola e della teoria che persegue la rivoluzione armata. L’organizzazione non assume le dimensioni prospettate, si scioglie in un convegno in Veneto con lo scontro teorico tra Piperno e Toni Negri. I tornanti saranno diversificati. Piperno nel discorso pubblico non media sulle parole.
È diventato docente universitario in Calabria, ora Mancini lo ascolta per capire le posizioni dei giovani gauchistes. Sono gli anni della “geometrica potenza”, decide di mettersi in gioco per salvare la vita di Aldo Moro. Diventa il collegamento tra il Psi di Craxi e Signorile con i suoi ex compagni che hanno scelto la tragica strada della militanza armata nelle Brigate Rosse. La trattativa verrà ostacolata. Piperno più degli altri suoi compagni ha la patente del “cattivo maestro”. Il 7 aprile del 1979 da Padova la magistratura in stretto raccordo con il Pci si muove con un’operazione giudiziaria che somma reati e accuse contro i sovversivi alla sinistra del partito. Piperno da ex capo dell’organizzazione e da animatore della rivista Metropoli viene accusato di 21 omicidi, 17 rapine, e “intralcio al traffico” come il professore sottolinea in un processo al giudice straniero con non malcelata ironia.
Il fronte garantista, Giacomo Mancini in testa, difende quell’ordalia oggi diventata storia e prova generale della futura Tangentopoli. Saranno anni convulsi e terribili. Piperno sarà nascosto a casa di Mancini, di Marco Pannella e Giampiero Mughini che non credono alle accuse. Un complotto tra servizi e stampa compiacente indica Piperno autore di una sparatoria a Viareggio che non è mai avvenuta. Il gioco si è fatto pesante, Piperno si consegna alla prigione. Scarcerato, Cosenza lo accoglie con la banda musicale e il trionfo a Palazzo dei Bruzi.
Finirà con una fuga all’estero che per gli emergenzialisti è latitanza, per i molti solidali un esilio. Prima in Francia e poi in Canada. Sempre ben accolto dalla comunità intellettuale. Continua ad insegnare. Un professore molto ligio alle regole d’ingaggio Piperno. Ad Arcavacata aveva subito le contestazioni di chi chiedeva il voto politico, negli Usa degli studenti poco abituati alla lezione a braccio e che sanno solo seguire quello che recita il libro.
Piperno continua ad insegnare e ricercare. La lontananza dall’Italia e dagli affetti non è solo una canzone di Domenico Modugno. Torna in Italia nel 1988 e affronta il processo. Ha 45 anni. Sarà condannato a 2 anni per “costituzione di associazione sovversiva”, il resto dei reati si dissolve all’aria. Paga le sue idee.
È’ il ritorno alla casa di Macondo ad Arcavacata dove vive con la compagna Marta Petrosewicz. Le esperienze americane e il mondo mutato faranno nascere dalle ceneri del 68 l’esperienza della Ciroma, innovativa teoria di vita e di politica e una radio che ancora trasmette. All’Università e a Cosenza Piperno ritrova lo spirito mai domo del pensiero eretico. Le sue nuove teorie sul potere della città e sulla potenza dei cittadini lo trovano protagonista come assessore di Giacomo Mancini ed Eva Catizone, un’ala sinistra creativa e sapiente del nuovo che avanza. Riprende voce nel dibattito con l’elogio dello spirito pubblico meridionale e offrendo lo spettacolo cosmico delle stelle. Riceve persino tre voti all’elezione del presidente della Repubblica. Ormai anche gli avversari di un tempo ne stimano lo spirito comunitario, la grande intelligenza, persino i più l’onestà intellettuale con cui commenta la tragedia dell’11 settembre.
La vita di Franco Piperno è stata come una delle sue amate stelle. Quelle che impazziscono e scompaiono tra la Via lattea e i bastioni di Orione. Ma la sua immagine resta agli occhi degli umani per essere guardata a lungo. Perché era una persona rara. Bellissima con le sue contraddizioni e i suoi meravigliosi occhi verdi. Ringrazio il caso e la natura di averla incontrata e frequentata per poterla raccontare qui ora a voi e a quelli che verranno. (redazione@corrierecal.it)