Appunti giapponesi… senza importanza.
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Se si va in un Paese e non si riesce a comunicare per la lingua allora non si capisce altro che l’emozione dell’istinto. Loro parlano poco l’inglese, io parlo poco l’inglese e probabilmente quel poco non è lo stesso. Per forma mentis e forse anche per età. E’ un luogo per giovani ed io non lo sono più… almeno se si va a Tokio, a Kyoto, a Kobe o a Osaka…
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Almeno in una cosa sono giapponese e per niente italiano. Negli anni ho conosciuto molte persone e molte persone ho dimenticato, bastava che non frequentassi più un quartiere o non facessi più un lavoro o cambiassi dislocazione e le persone che vedevo tutti i giorni le dimenticavo, non ne sentivo la mancanza. Mi hanno raccontato un aneddoto sul Giappone: due persone si sono frequentate per anni, hanno pranzato assieme, si sono visti anche fuori del lavoro, un giorno il primo è stato trasferito da un’altra parte della città allora ha chiamato il secondo e gli ha detto: ti saluto, vado in un altro ufficio, non ci vedremo più.
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Vedo un uomo fermo al semaforo, aspetta di attraversare e usa il telefonino in una certa maniera. Vedo due belle ragazze ( sono quasi tutte belle le ragazze giapponesi ) camminano assieme tra la folla e usano il telefonino in una certa maniera. C’è una coppia di giovani sono seduti, l’uno di fronte all’altra, accanto a me al ristorante mangiano, parlano e usano i loro telefonini in una certa maniera. Ma a chi manderanno i messaggini ? Lancio uno sguardo con discrezione a quello della ragazza, non manda qualche sms, sta giocando a un videogioco.
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Si compra in un mercato un dolce giapponese ( Daifuku – riso glutinoso farcito di ripieno di pasta di fagioli rossi dolcificato, coperti da un sottile strato di amido di mais, il colore è bianco o verde pallido o rosa pallido ), si paga, si riceve il dolcetto e la gentile commessa inchinandosi ti dice che devi mangiarlo nell’angolino sulla sinistra. Allora, e solo allora, ti accorgi e comprendi perché non hai visto nessuno che mangia o beve per strada, ti rendi conto perché non c’è nemmeno una carta a terra ma nemmeno spazzature o secchi. In Giappone si mangia solo a casa o nei luoghi stabiliti. In Giappone non si fuma per strada, forse nemmeno nella propria casa. Solo in qualche angolo segreto, altrimenti paghi 2000 yen di multa. Però si vendono le sigarette.
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La democrazia fa sempre rima con libertà ? In Giappone no ( solo in Giappone ? ). C’è democrazia in Giappone, libere elezioni, ricambio politico, non estrema corruzione. Eppure il popolo è talmente schiavo delle regole e dei riti da non sapere cosa sia la libertà. Non chiedetemi perché, non ho le conoscenze.
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Le persone – i giovani soprattutto – sono infelici, distanti, alienati. Stanno spesso da soli ( vedi ragazze mangiare da sole guardando un muro, vedi ragazzi dormire da McDonald, coppie di ragazzi al giardino di giorno, testa contro testa e dormire seduti su una panchina, osservi le ragazze e pensi che verrebbero con te al love hotel tanto per fare qualcosa ), giocano con i videogiochi o si stressano in grandi centri commerciali dove ogni negozio ha due o tre commessi che sulla soglia urlano come matti per invitarti a entrare.
Immaginate un salone di trecento metri quadri con venti negozi e in più la musica a palla e migliaia di clienti–formica che si muovono frenetici. Forse anche per questo c’è un alto tasso di suicidi e il sesso è la fuga dalla realtà come per i giovani americani lo è il whisky.
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Le commesse dei negozi e dei fast food sono sempre sorridenti, si inchinano e sono molto gentili sia se lavorano da due minuti o da otto ore. Sempre fresche e piene di energia. Ma come faranno ? Se si pensa a quelle italiane…
Basta però restare a guardarle per qualche minuto e ci si rende conto che quel sorriso non è un sorriso, quella “ freschezza “ non è freschezza e quella gentilezza non è gentilezza. E’ alienazione ( e se non vi piace Carlo Marx… ) allora vi dico che è robotica.
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Quando si viaggia per il Giappone si nota la disumanità a cui l’essere umano è giunto ( in Europa ci stiamo arrivando ), la rigidezza dei rapporti e la fatica di vivere non consapevole, ma lo si sente terribilmente di più quando si esce dal Paese. Arrivando in Corea ( un Paese del tutto differente ) mi sono accorto nei primi due giorni che quel modo di vivere era entrato ( superficialmente ) in me. Non sopportavo il disordine, la disorganizzazione, anche la sporcizia e il caos automobilistico. Ma la gente era più vera, più sciatta, più viva. Ed io mi accorgevo di essere stato nei giorni precedenti infelice. E a Seoul faceva anche molto più freddo.
9
In Giappone non ci sono più i piccoli negozi, non si vedono i minimarket e non si capisce dove la gente faccia la spesa. Ci sono solo grandi centri commerciali in città ( città ? Come si fa a chiamare città un agglomerato di 30 milioni d’abitanti ? Dove la metropolitana ti porta anche a centocinquanta chilometri di distanza in trenta minuti ? ), piazze grandi quanto un paesino della Toscana e spesso le case sono piccolissime come un basso napoletano.
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Nelle metropolitane a Tokio ci sono gli spingitori, personale pagato per spingere nei vagoni già affollati le persone. Ma ho visto – nell’orario di lavoro – persone ( tutte vestite uguali, tutte con lo stesso taglio di capelli, tutte silenziose e depresse ) entrare nei vagoni in fila indiana, di spalle e schiacciare verso l’altra parte del vagone le persone che erano anch’esse in fila: come spazzatura al macero.
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Sembra un’aporia quello che sto per dire ma è la verità, il Giappone è un Paese per certi versi modesto, anche povero, sembra che lo splendore degli anni Ottanta si sia fermato e molte cose siano rimaste come erano venti anni prima. Alcuni grandi magazzini e grattacieli hanno perso di luce e la modernità. Se non mi credete fate un confronto con Kuala Lumpur, Shangai e anche Singapore.
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Una certezza però ce l’ho, anche se dovessi vivere degli anni in Giappone non riuscirei a capirlo. Ma c’è in fondo qualcosa che io possa o voglia capire ? Di sicuro so solo che si trova di fronte alla Cina e che mi piacciono i sushi bar e camminare nel freddo mercato del pesce, naturalmente il più grande del mondo con cozze grandi quaranta centimetri, vongole poco più piccole ma grandi quanto i gamberoni.