Abbiamo visto ” Afterschool ” regia di Antonio Campos
Afterschool è uno di quei piccoli film di nicchia molto apprezzato da una parte della critica.
E’ stato definito “ piccolo gioiello “, “ un film innovativo “, “ una provocazione che colpisce al cuore “.
Ha vinto l’Independent Spirit Awards, ha avuto la nomination come Migliore Opera Prima ed è passato per il Festival di Cannes ( 2008 ) e di Berlino ( 2009 ).
L’autore dichiara che fonte di ispirazione e di influenza estetica è il cinema di Michael Haneke, noi pensiamo che se fosse così ha studiato male il suo maestro:
oltretutto mondi differenti, culture diverse, generazioni opposte. Se utilizziamo gli ingredienti giusti non è detto che ci venga bene un soufflé.
Riteniamo invece – anche se lui nega – che se c’è un debito narrativo e formale è più nei confronti del cinema di Gus Van Sant e chiaramente di “ Elefant “, e per come è stato costruito, “ Da Morire “.
Si potrebbe dire anche che fa lo stesso percorso di un film di vent’anni fa “ Sesso, bugie e videotape “ solo che Campos porta la sua gelida macchina da presa in una prep school americana per studenti facoltosi, dove come al solito l’ipocrisia e il perbenismo regnano sovrani e la realtà virtuale diventa più vera e onesta di quella reale.
Prima di raccontarvi la trama permetteteci una domanda: ma per raccontare il vuoto che c’è nelle persone e descrivere i rapporti sociali è strettamente necessario fare inquadrature di un corridoio deserto lunghe due minuti ?
E decidere di mettere i protagonisti fuori quadro ? Perché raccontare la noia annoiando ?
Poteva essere una scelta estetica dirompente venti o trent’anni fa, oggi rischia di essere noiosa consuetudine.
Siamo negli Stati Uniti, in una di quelle prestigiose scuole del New England.
Anche da qui proverrà la futura classe dirigente americana. Robert ha quindici anni, è uno studente modello, insignificante e anonimo. Dire che è introverso, afasico, tormentato è fargli un complimento. Ha atteggiamenti e fantasia da futuro serial killer. Parla poco, osserva le ragazze e le insegnanti come se fosse dietro al buco della serratura, passa il suo tempo a studiare, a vedere filmini porno e a lamentarsi a telefono con la madre affettuosa e indifferente allo stesso tempo.
Ha un solo desiderio nel suo mondo chiuso, la verità e la sincerità, che va cercando nei contesti più strani, come nell’osservare una compagna che sta morendo senza fare nulla o forse sì, aiutandola a morire.
Frequenta anche una collega di corso carina e disponibile con cui però non riesce a entrare in un rapporto personale.
Il suo compagno di stanza è il classico coglione americano, ricco di famiglia, scansafatiche a scuola e spacciatore di cocaina.
I docenti sono così gentili e amichevoli che sembrano saponette nel fango.
Questo è il mondo che circonda Robert, un’isola in un arcipelago fatto di nebbia e sole accecante.
Robert per avere un credito formativo obbligatorio partecipa ad un corso di ripresa cinematografica con la sua amica e gli viene detto di fare delle riprese per un futuro documentario.
Un pomeriggio riprende per caso la morte per overdose da cocaina di due gemelle bellissime dell’ultimo anno di scuola. Grande scandalo nell’istituto per la morte delle due giovani, indagini proforma, difesa dell’istituzione, qualche allievo espulso per troppe droghe in camera e Robert ha l’incarico di fare un video sulla vita delle gemelle che secondo il preside dovrebbe aiutare l’elaborazione del lutto collettivo.
Nonostante il trauma diretto Robert accetta e si mette al lavoro mostrando passione e lucidità. La fascinazione del ragazzo per la verità lo porta a rinchiudersi nel lavoro e – nonostante abbia avuto il suo primo rapporto amoroso con la sua amica non si distoglie nemmeno per un’ora al punto da perderla immediatamente per il suo caro amico di stanza -. La sua attenzione sconfina nella volontà di capire il perché delle cose in un mondo che gli sembra insensato e indifferente. Mentre un’atmosfera di paranoia e di malessere si diffonde sia tra gli studenti che tra gli insegnanti, Robert capisce di non potersi fidare di nessuno, non della sua prima ragazza, non del compagno di stanza, forse nemmeno di se stesso…
Finisce il suo video e lo mostra al preside che resta sconcertato e deluso per la pressapochezza del lavoro e per tutte quelle immagini fuori “ scena “ che per Robert sono la verità e per il preside materiale da tagliare.
Il video verrà mostrato a tutto l’istituto riveduto e corretto, mieloso e melenso anche per il più ipocrita professore statunitense.
La versione americana è di 122 minuti, quella italiana sembra ridotta di almeno dieci minuti