L’albero delle mele
Guanda, 496 pagine, 20 euro
Il cupo e maestoso romanzo d’esordio di Amanda Coplin ci arriva come una lettera urgente da un altro secolo. La storia è immersa nei ritmi senza tempo dell’agricoltura. Quando due sorelle affamate e incinte rubano delle mele dal banco di frutta di Talmadge, nel 1900, hanno la fortuna di imbattersi in un uomo che ha un vuoto da riempire. Talmadge ha perso il padre nel crollo di una miniera quando aveva nove anni, sua madre è morta tre anni dopo, e la sorella adolescente è scomparsa dal loro frutteto ai piedi delle Cascade Mountains nel 1865. Ormai superati i cinquant’anni, Talmadge sogna ancora che la sorellina “possa sbucare dagli alberi”. Questo dolore lo induce a proteggere le sorelle incinte, Jane e Della. Ha appreso i loro nomi da un manifesto che offre una ricompensa per la loro cattura. Sono fuggite dalla prigionia imposta da Michaelson, un oppiomane che le ha brutalizzate nel suo bordello. Quando Michaelson rintraccia le sorelle nel frutteto di Talmadge, la perversa presa che continua ad avere su Jane la spinge a una terribile fuga. A Talmadge resterà di occuparsi di Della e del bambino di Jane. In meno di cento pagine, Coplin ha già stabilito il tema che sarà al centro del romanzo: le persone non superano i loro fallimenti, ma cercano di compensarli in modi disastrosi. La vita e la morte, la perdita e il ritrovamento, lo scacco e la redenzione: Coplin ci ricorda che questi opposti s’intrecciano nel tessuto dell’esperienza umana.