Ma veniamo a questa votazione. Mischiando un po’ le generazioni e “radunandoli” insieme, ho voluto chiedere ad alcuni critici, che da anni cercano di far emergere un certo tipo di cinema contro il provincialismo italiano, di partecipare ad una votazione sui film di Cannes che tentasse di evidenziare i titoli più innovativi dalle altre sezioni (che poi sul lungo termine finiscono per nutrire il Concorso di Cannes…o di Venezia), ma partendo prima di tutto dal Concorso e tenendo conto che quest’ultimo punta essenzialmente su talenti consacrati non tutti, però, pienamente conosciuti nel nostro paese.
In Italia, infatti, la grande stampa, rispetto ad altri paesi, aiuta poco. E così qui si rimane sempre indietro: chi scorre i post che ho scritto su questa edizione di Cannes, vedrà che sono percorsi da questo grave problema. Certo, fa piacere quando un Mereghetti lancia Still Life di Jia Zhang-ke, Leone d’oro a Venezia nel 2006, e appoggia con ancor più forza la distribuzione di un Apichatpong Weerasethakul in Italia, giovane maestro del cinema tailandese. Ma non bastano questi casi episodici a creare un nuovo indirizzo. Perché è anche un fatto d’impostazione a monte. Un Mereghetti o un Ferzetti, i critici e i film in generale, rispetto ad esempio alla Francia, hanno molto meno spazio. E poi – oltre a tentare di proporre delle analisi di qualità, originali e coerenti – credo che bisognerebbe creare anche un certo entusiasmo intorno ad un film, soprattutto quelli più innovativi. Bisognerebbe, infine, accostare la nostra emozione all’analisi proposta.
L’arte, in fondo è un tentativo d’interpretazione del mondo mediante l’emozione estetica (non fine a sé stessa) e la dimensione irrazionale e inconscia, in maniera più o meno marcata a seconda dei casi. Credo quindi che la critica non debba eccedere nella razionalizzazione.
Spero di creare insomma un po’ di curiosità verso i film che qui non arrivano, e che quando arrivano la grande stampa li tratta un po’ troppo sottogamba. Dicono che bisogna parlare di quello che incuriosisce il pubblico. Ma chi lo decide cosa incuriosisce davvero il pubblico? La verità è che si avrebbe il potere di creare “l’evento” su questi film ma non lo si fa. Teodora ha coraggiosamente acquistato L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie, uno dei film più belli e inattesi del festival. Chi lo aiuterà? Stessa cosa per l’eccellente A Touch of Sin di Jia Zhang-ke, l’autore di Still Life, comprato da Officine Blu. O il film di Hirokasu Koreeda, cineasta che sarà distribuito per la prima volta anche da noi (dalla Bim per l’esattezza). Senza dimenticare il piccolo film italiano Salvo, del duo Grassadonia-Piazza, vincitore del Gran Prix Nespresso della Semaine de La Critique e ancora privo di un distributore italiano.
Siamo forse geneticamente diversi da altri paesi, dove il cinema di questi registi ha più spettatori, talvolta molti di più? Pare di essere in una dittatura, spacciata per “gusto del pubblico”, mentre in realtà c’è una certa tendenza a piegarsi alla volontà dei poteri forti. Davvero molto forti nell’omologare i gusti. Ci tornerò sopra.
Intanto, facendo la conta dei voti espressi nelle tabelle qui sotto grazie all’impostazione scelta emerge un piccolo golpe che non credevo possibile e che verso la fine della conta ho visto con incredulità concretizzarsi (ero certo che vincesse anche qui Kechiche).
Proprio uno dei miei film preferiti del festival, uno di quelli su cui la grande stampa italiana non si spella le mani e quello su cui ho scritto il post più lungo , vince qui il primo posto, la nostra piccola “palma”: A Touch of Sin di Jia Zhang-ke. Pensate, un film cinese! Altri giornali avrebbero forse timore a farlo, ma Internazionale no. E ci sono altre sorprese: il film di Paolo Sorrentino, iper mediatico in questo momento e molto amato anche dal sottoscritto come sa chi segue questo blog, entra in classifica, ma solo in chiusura, e l’ex-aequeo tra Soderbergh e Jarmush – giunto a fine festival quando si è tutti un po’ stremati e con molti dubbi iniziali sulla sua validità – ha permesso al bel Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun, un regista che ci colpisce fin dai tempi di Daratt (da noi è ancora inedito lo splendido e sommesso Un homme qui Crie), di chiudere questa classifica dei “magnifici dieci” (in realtà undici) dei 20 complessivi.
Viva l’Africa, troppo dimenticata anche dai cinéphiles. L’incredibile ballerino storpio del Ciad Grisgris ha qualche possibilità nelle nostre sale, se mai il film uscirà, o il suo futuro sarà simile a quello di tanti immigrati del continente africano, cioè quello di essere ignorato?
Va detto inoltre, come potrete leggere dopo le tabelle che trovate più sotto, che ci sono delle belle sorprese anche nella breve selezione che abbiamo proposto dalle altre sezioni del festival. Certo, qui bisogna tener presente che la quantità di critici interpellati ad aver visto questi film è minore rispetto ai film del concorso. E’ in particolare il caso di film come quello dell’esordiente spagnolo Diego Quemada-Diez La Jaula de Oro, vincitore del premio A certain talent (andato al cast degli straordinari giovani attori messicani) della sezione Un Certain Regard, è stato visto solo da due persone (tra cui il sottoscritto), ma è piaciuto ad ambedue. Più o meno stesso discorso (e qualche voto in più) per il film Omar del Palestinese Hany Abu-Assad (prodotto dai tedeschi), vincitore del premio della Giuria sempre di Un Certain Regard (presieduta dal danese Thomas Vinterberg).
Il film As I Lay Dying dell’attore James Franco (lo ricordate nel ruolo dell’amante di Harvey Milk nel biopic di Gus Van Sant?) è l’unico titolo dell’elenco ad ottenere qualche bocciatura, ed è certamente non del tutto riuscito, ma nella sua follia di adattare un capolavoro di Faulkner sul grande schermo, unisce in modo inedito sperimentazione – ad esempio l’uso frequente del split screen con cui il cineasta presenta due inquadrature diverse di una stessa sequenza per mettersi più vicino allo stato d’animo dei personaggi – ad un classicismo naturalista sia visivo che attoriale che mi piace salutare. Forse è da rivedere al cinema con maggior calma.
Credo che emerga comunque un indicazione. E infatti quando si sale ai primi posti della graduatoria dei film delle sezioni parallele, i voti, nel complesso, non sono così pochi. Ed anche qui emergono le sorprese.
Il film che vince la classifica è il nostro preferito di tutto il festival, L’image mancante di Rithy Pahn, che riesce a fare un documentario – se così lo si può chiamare – di profonda e pervasiva poesia sulla follia del regime polpotiano partendo dalla propria tragica esperienza personale. Vince la graduatoria con 41 voti e fa quasi l’ex-aequeo con il lungo film del maestro filippino Lav Diaz Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan che ottiene 40 e 1/2 voti. Ambedue vincono largamente sul nuovo lungo documentario sulla tragedia della Shoah di Claude Lanzmann Le dernier des injustes: 23-1/2.
Il genocidio cambogiano raccontato da Rithy Pahn questa volta colpisce maggiormente di quello di Lanzmann sulla più grande tragedia del Novecento. E questo ovviamente non significa che la tragedia ebraica sia declassificata. Ma forse una certa prosopopea del documentarista principe dell’Olocausto, sì. Il quotidiano Libération nell’assegnare prima pagina e pagine d’apertura del quotidiano al nuovo documentario di Lanzmann, esprimeva nell’editoriale ampie riserve sul personaggio. Cristina Piccino del Manifesto va più in là e nella sua nota, che trovate più in basso, esprime forti riserve anche sul film.
Ma il film di Lanzmann è superato dallo splendido noir-umoristico-naturalistico gay L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie. Con 33 voti è al terzo posto, e Lanzmann è tallonato anche dal grande ritorno dietro la macchina da presa, dopo decenni di assenza, del cileno di origini ebraico-polacche Alejandro Jodorowky con La Danza de la Realidad, che sembra esser piaciuto, con accentuazioni diverse, a tutti coloro che lo hanno visionato: 20-1/3 voti.
Ma veniamo alla classifica del Concorso:
1) A Touch of Sin di Jia Zhang-ke (41 voti)
2) La Vie d’Adèle – Chapitre 1&2 di Abdellatif Kechiche (39 voti)
3) Behind the Candelabra di Steven Soderbergh (38 voti)
e Only Lovers Left Alive di Jim Jarmush (38 voti)
(sequenza con sott. italiani)
4) Inside Llewyn Davis di Joel e Ethan Coen (36 voti)
5) Like Father, Like Son di Hirokasu Koreeda (34- 1/2 voti)
6) Venus in Fur di Roman Polanski (35 voti)
7) The Immigrant di James Gray (30- 1/2 voti)
8) Nebraska di Alexander Payne (27 voti)
9) La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino (25 voti)
10) Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun (23- 1/2 voti)
Sarebbe invece davvero tanto interessante sapere quali sono i film, tra voi lettori, che più vi intrigano tra quelli meno noti, e perché…
Un avvertenza: per molti film, come quelli asiatici, è stato scelto il titolo internazionale in inglese. L’elenco non è in ordine alfabetico, ma segue il calendario delle proiezioni. Alcuni colleghi hanno inserito delle note di commento al voto. Le trovate in basso alla “griglia” del Concorso che abbiamo spezzato in due segmenti. Ancora più in basso, trovate voti, trailer ed eventuali commenti su alcuni dei film più significativi provenienti dalle altre sezioni del festival.
Grazie di cuore infine – trascurando il vostro umile servitore (come si suol dire) – a tutti i partecipanti. In ordine di “apparizione” (come si suol dire invece per i film): Roberto Silvestri (Hollywood Party), Cristina Piccino (Il Manifesto), Anna Maria Pasetti (Il Fatto Quotidiano, Rolling Stone), Federico Pontiggia (La Rivista del Cinematografo, Il Fatto Quotidiano), Daniela Persico (Lo Straniero, co-fondatrice del sito filmidee), Jean-Jacky Goldberg (Les Inrockuptibles, Francia), Giona A. Nazzaro (Film Tv, MicroMega), Alessandro Stellino (collaboratore de Il Dizionario dei Film di Paolo Mereghetti, co-fondatore del sito filmidee), Antoine Thirion (critico ai Cahiers du Cinéma dal 2000 al 2009, cofondatore con Eugenio Renzi del sito Independencia, Francia), Paolo Bertolin (corrispondente della Mostra del Cinema di Venezia), Giampiero Raganelli (Carte di cinema, asiaexpress), Marco Grosoli (glispietati, ricercatore presso “University Of Kent” – UK), Raffaele Meale (redattore del sito cineclandestino), Enrico Azzano (redattore del sito cineclandestino), Francesco Boille (Internazionale).
E grazie a Stefania Mascetti della redazione-web per la pazienza (altro piccolo golpe).
Attenzione. Errata Corrige. Il voto di Anna Maria Pasetti attribuito nella tabella a Jimmy P. di Arnaud Desplechin è da ritenersi attribuito a Like Father, Like Son. Anche il voto di Paolo Bertolin è errato. Il film di Hirokasu Koreeda si prende quindi *** (3) stellette in più da ambedue e passa da 31- 1/2 voti a 37- 1/2 voti spodestando dunque Mr. Polanski dalla quinta posizione. Me ne scuso con i diretti interessati e tutti voi.
Legenda
– film non visto
° inutile scomodarsi
* si può vedere
** da vedere
*** da vedere assolutamente
**** capolavoro
GIUDIZI SUL CONCORSO IN BREVE
Cristina Piccino
Heli di Amat Escalante
Il regista messicano si compiace con sadismo del proprio filmare. Bellezza dei luoghi e violenza esibita, lo spettatore non ha margini in questo prodotto, sintesi di un machismo frustrato dell’immaginario, e di un’immagine senza punti di fuga, che sembra dilagare.
Jeune & Jolie di François Ozon
Il regista francese traduce il gusto dell’affabulazione già espresso in Dans la maison, nei fantasmi erotici della sua giovane protagonista. Lì un giovane studente brillante e il suo allievo forzavano i limiti della scrittura tra realtà e finzione. Qui Isabelle, quasi un alter ego del regista, cerca in solitudine altri mondi e altri universi simbolici in cui desiderio e sessualità non devono per forza coincidere con un status familiare/sociale.
A Touch of Sin di Jia Zhang-ke
In quattro storie, ispirate a fatti di cronaca, il regista cinese interroga nel profondo il sentimento (e il cinema) contemporanei. Dal titolo, omaggio al capolavoro di King Hu, A Touch of Zen, Jia Zhang Ke ripercorrendo i luoghi della sua poetica – da Xiao-Wu – Pickpocket a The World a Still Life – mette a nudo meccanismi e effetti della globalizzazione, non solo come sistema economico ma anche, o forse soprattutto, come condizione (neo) dell’umano. Il cortocircuito tra un’immagine di esasperata realtà e l’astrazione della dimensione fantastica del film di arti marziali, nei paesaggi grigi della Cina capitalista e nuovo colosso dei mercati mondiali, rivela con lucidità tagliente sopraffazione, disumanità, perdita della compassione e di un possibile sentimento della rivolta che fuori dai confini cinesi sono il segno del nostro tempo.
Le Passé di Asghar Farhadi
Il regista iraniano oscarizzato per Una separazione, tesse una nuova trama nella sua investigazione degli universi familiari. Girato in Francia e in francese, il film più del precedente rimane ingabbiato in una scrittura chiusa e consequenziale. Che finisce per imprigionare i personaggi, soprattutto quelli femminili – a cominciare dalla protagonista Berenice Bejo – in una sorta di spirale vendicativa fatta di sensi di colpa. Nulla a che vedere col melò però, anche perché questi personaggi sono piccoli piccoli, specchio di una meschinità interiore e del poco amore nei loro confronti che il regista esprime.
Jimmy P. (Psychoterapy…) di Arnaud Desplechin
Il regista francese affronta il paesaggio americano – con la complicità di Kent Jones ma con l’intelligenza di non voler cimentarsi con il western. Non è un film vintage questo e tantomeno un film della nostalgia stucchevole, il suo paesaggio è affidato a una dimensione interiore, al confronto tra i due protagonisti che ne percorrono con potenza le diverse corde (Mathieu Amalric e Benicio Del Toro). L’Europa incontra dunque l’America in un doppio tabù, da una parte il genocidio dei nativi, dall’altra l’Olocausto. La Storia che nel corso del confronto tra i due diviene anche lo spazio di riflessione sul maschile, il corpo, il desiderio, il fantasma del femminile. Fuori dal tempo…
IInside Llewyn Davis di Joel e Ethan Coen
Il Village e la mitologia folk con l’humor stralunato ma caustico dei due fratelli. Il racconto commovente ma senza retorica di un’epoca, di un modo di essere, dei sogni di una generazione. E la scommessa di un fare cinema inattuale.
La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino * Si può vedere (ma perché è bene informarsi)
E’ arrivato al festival di Cannes che già non si parlava d’altro, è uscito in contemporanea e non si parla d’altro. Il buffo effetto extracinematografico del film di Paolo Sorrentino è che mette in moto una catena di reazioni speculari a ciò che vuole raccontare. Tutti ma proprio tutti si sentono in dovere di sfornare critiche in rete sul film. Per il resto il virtuosismo del regista napoletano trapiantato a Roma come il protagonista del film, e scambiato per grande cinema, cerca di catturare sulla falsariga della Dolce Vita lo spirito del tempo a partire dalla capitale italiana. Intrecciando la chiacchiera – poco flaubertiana – col barocco, vertiginose immagini e la ricerca di quella bellezza che tutti almeno una volta aneliamo. Quale e perchè non è dato saperlo.
Un Chateau en Italie di Valeria Bruni Tedeschi
Autofinzione quasi impudica, ma senza narcisismi. Valeria Bruni Tedeschi ritrova nevrosi e dolori della sua famiglia, li traduce in una dimensione narrativa della prima persona – ne è anche interprete – e con leggerezza parla di dolore, amori finiti, ossessioni. L’ambiente è quello che conosce e a cui appartiene, tra nobiltà decaduta e mondo del cinema, e questo dà alla sua commedia il tocco raffinato della verità.
Behind the Candelabra di Steven Soderbergh
Liberace e il suo giovane amante, tra le ipocrisie di un America bigotta e la pacchianeria dello status quo miliardario di cocaina e chirurgia plastica. Un film sfacciato, sentimentale, senza filtri.
Only God Forgives di Nicolas Winding Refn
L’insopportabile e reazionario universo postmderno di un regista che non ha nulla da dire.
La Vie d’Adèle – Chapitre 1& 2 di Abdellatif Kechiche
Il regista Palma d’oro spinge all’estremo lo sfinimento performativo della sua macchina da presa e dei corpi della sue protagoniste, Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux. La sfida è catturar l’ineffabile innamoramento e amore. Ma l’ossessione formale, che diviene maniacale nel suo incollare la macchina da presa alla protagonista, e la necessità di una spiegazione sociologica soffocano il film in uno sguardo unidirezionale se non fastidioso indigesto.
Nebraska di Alexander Payne
Padre e figlio in America, bianco e nero, paesaggio dell’immaginario, dolcezza e melanconia di un sogno e di un cinema.
Only Lovers Left Alive di Jim Jarmush
Dichiarazione d’amore al cinema, contro ogni moda e qualsiasi trucco, senza nostalgia, con la dolcezza di un vissuto spudorato e di seduzione.
Venus in Fur di Roman Polanski
Polanski e il femminile, una dichiarazione d’amore e anche la messa in dicusssione radicale dei ruoli. Lei e lui, dominato e dominatrice si scambiamo. L’immaginario è transgender. Mathieu Amalric e Emmanuelle Saigner complici sublimi.
Federico Pontiggia
Heli di Amat Escalante
No, non è Carlos Reygadas, sebbene messicano, sebbene premiato per la regia: la violenza della rappresentazione lascia il posto alla mera rappresentazione della violenza. Direbbe il Cinema: “Heli, Heli, lama sabactani?”
Jeune & Jolie di François Ozon di François Ozon
Bella di pomeriggio smaschera l’ipocrisia della sua famiglia bohemien-bourgeois, e non solo… Il prolifico François Ozon scandisce in quattro stagioni e quattro canzoni (di François Hardy) un teorema esistenziale ambiguo e disturbante. Dannati francesi!
A Touch of Sin di Jia Zhang-ke
Morra cinese: mi censuri Django Unchained, e fai passare questo? Simil-pulp per soli occhi stranieri, ma Jia Zhang-ke lo preferivamo nelle nature morte (Still Life): iperrealismo commerciale made in China, urgono dazi. Comunque, il peccato è ovunque, il film a tratti.
Le Passé di Asghar Farhadi
Non geopoliticamente simbolico come il premio Oscar Una separazione, ma scrittura, direzione d’attori, puzzle psicologico e tessuto morale sono eccellenti. Pirandello gli avrebbe dato la Palma, e scurdammoce o’ passato in farsi non si traduce
Like Father, Like Son di Hirokasu Koreeda
Soggetto non inedito (I figli della mezzanotte et alii), ma regia empatica, attori superbi a ogni età, risate e singhiozzi generosi, che il presidente di giuria Spielberg abbia pianto come un vitello? Premio della Giuria, Kore-eda di cuore.
Jimmy P. (Psychoterapy…) di Arnaud Desplechin
Desplechin prende una storia vera, paga la parcella ad Amalric, mette sul lettino Del Toro e rimbocca le coperte al pubblico. Regia monocorde, verbosità a piede libero, gli attori non bastano, e a furia di sogni si contano le pecore… Dopo Cronenberg, un altro A Dangerous Method, ma per gli spettatori.
Inside Llewyn Davis di Joel e Ethan Coen
Dramma dell’incomunicabilità, interiore e relazionale: non che Llewyn, il misconosciuto papà di Dylan Dave Van Ronk debba vendersi, del resto non lo sa fare, ma nemmeno riesce a dirsi. Potrebbe sembrare un film triste, è tutt’altro: si ride, non di Llewyn, ma con Llewyn e la sua corte senza re. Piccoli grandi Coen!
Borgman di Alex Van Varderman
Supprimer le bourgeois? Meglio il patè. Buono lo spunto, ma lo scontro di classe annega in un bicchierino di storia: un’idea buona, poi il nulla. Cin!
Wara No Tate di Takashi Mike
Altro che scudo di paglia (Shield of Straw), una balla di fieno: verosimiglianza a piede libero, dialoghi per minus habens, Mike barcolla e molla tutto. Inconsulto.
La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino
Un film bigger than life, ambizioso senza arroganza, smisurato ma con proporzioni auree, sacro e profano, cult e scult, cafonal e beato: arte-vita 2.0, cielo e arte, animali urbani e bestie umane, Proust ma anche Ammaniti, decadenza dei costumi e i costumi da dandy inveterato di Jep. Forse, 42 anni sono pochi, è il film summa di Sorrentino, del resto, questo Servillo è l’uomo in più, vive disilluso le conseguenze dell’amore e si incorona Divo della caput mundi.
Un Chateau en Italie di Valeria Bruni Tedeschi
Ironia a stemperare l’autobiografia, comicità ad abbracciare il dolore, un film intimo e scanzonato (Buscaglione ballato all’ospedale!), libero e imperfetto, che oltre al lutto elabora una riflessione jazz sul senso della vita e dell’arte. Altro che castello di carte (Le Monde), Valeria regina di cuori.
Behind the Candelabra di Steven Soderbergh
Behind the Candelabra qualcuno ha visto un film? Damon e Douglas ad alti livelli, ma il problema è Soderbergh: dopo Contagion disse che avrebbe smesso col cinema, ebbene, l’ha fatto davvero.
Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun
Il regista chadiano crede ancora al primato della storia, al racconto lineare, alla naiveté genuina e umanista, e invoca salvezza per i suoi vinti, lo storpio e la prostituta. Amore e famiglia da romanzo criminale africano: tante illustrazioni, i terzomondisti gradiranno.
Only God Forgives di Nicolas Winding Refn
No, non è Drive 2. Torture, amputazioni e squartamenti, il regista danese porta all’eccesso la violenza, rincarando lo stile e scarnificando la storia: complesso edipico, legge del taglione, spiritualità e misticismo made in Thailand, in superficie affiorano tanti temi, ma Refn accelera verso il nichilismo. Non manca il coraggio, soprattutto degli spettatori: consigliato agli esteti di stomaco forte.
La Vie d’Adèle – Chapitre 1&2 di Abdellatif Kechiche
Kechiche sbanca Cannes 66: per i cronisti, lo scandalo lesbo, per i cinefili il capolavoro tanto atteso. Oltre l’educazione sentimentale e il Bildungsroman, il regista parte dalla Vie de Marianne di Marivaux, passa dal dissidio sartriano tra essenza ed esistenza e ci offre una succulenta, illetterata e umanissima tranche de vie: la Exarchopoulos si regala senza filtri, dopo 3 magnifiche ore sappiamo che la vita non è un film, ma questo film è la vita.
Nebraska di Alexander Payne
No contest: Nebraska è il miglior film di Payne, summa etica dell’ironia vinificata da Sideways e il commiato ereditato da The Descendants, storia Americana, a straight story, e presente umano, paternità relegata e riscatto delegato. Bruce Dern resuscita, e in previsione Oscar si può dirlo: per i concorrenti, a Payne in the ass!
Michael Kohlhaas di Arnaud des Palliéres
des Pallières traduce in Francia la novella di Heinrich von Kleist: mood esistenzialista, spirito protestante (Martin Lutero “converte”) e tema giustizialista, Kohlhaas è l’uomo che volle farsi eroe anticasta, senza salvezza. Stile superbo, ricostruzione accurata, la tragedia è meccanica e nonsense, il film un outsider.
The Immigrant – di James Gray
James Gray guarda alla biografia dei genitori ebrei russi e canta in chiave mélo l’immigrazione, smarrendo però il passaporto autoriale di We Own the Night e Two Lovers. Produzione martoriata, e si sente: immagini ed emozioni appiattite, il conflitto di classe e identità rimane nei guantoni. Sdoganabile?
Only Lovers Left Alive di Jim Jarmush
Aristocrazia di sangue, un disco che gira come la volta celeste, come due amanti a letto, come due destini che si uniscono tra Detroit e Tangeri, nei secoli dei secoli. Attori superbi, regia vitale e scanzonata, lirismo e pop in egual misura, Jim Jarmusch affonda i canini nella zombificazione di massa. Because the night belongs to (vampire) lovers.
Venus in Fur di Roman Polanski
Roman Polanski vende ancora cara la pelliccia: è il Mick Jagger della regia, un folletto rock. Il suo divertissement sadomaso frulla gender theory e dinamiche servo-padrone, e si inginocchia davanti alla donna: la compagna scassa al telefono, Vanda lo domina sulla scena, povero Thomas. E poveri noi: Venere mette Marte alle corde, ma Polanski se la ride. E non getta la spugna. Sadomaso d’autore.
Daniela Persico
Inside Llewyn Davis di Ethan e Joel Coen
Disincantato e malinconico omaggio ai “sogni di grandezza” mai divenuti realtà, ma anche inno alla perseveranza e omaggio a chi sceglie di non tradire le proprie ambizioni.
Michael Kohlhaas di Arnaud Despallières
Dramma in costume incerto tra un approccio didattico e uno sperimentale, neppure le parole precise di von Kleist riescono a salvare l’impresa.
Jimmy P. (Psychoterapy of A Plains Indian) di Arnaud Desplechin
Il regista cinefilo si trasferisce negli States con un dramma da camera che mette in luce il senso di colpa di una nazione. Incontro tra un Almarich sopra le righe e un Benicio del Toro sottotono.
Heli di Amat Escalante
Un film che mescola tenerezza e crudeltà, come richiede la situazione disagiata e precaria del Messico proletario e perduto.
Le passé di Asghar Farhadi
Dopo il successo di La separazione, il regista torna concentrandosi su un “affare privato”, che pur confermando la sua abilità di sceneggiatore fatica a raggiungere una dimensione universale.
The Immigrant di James Gray
Ebraismo e cattolicesimo si sfiorano nel crogiolo di culture in una New York d’inizio secolo: un dramma classico, sorretto da due interpreti d’eccezione Joachim Phoenix e Marion Cotillard.
Grigris di Mahamat- Saleh Haroun
Parabola morale da un Chad che ha rinnegato la comunità in favore della modernizzazione: un finale catartico per un noir incentrato sulla mutevolezza corporale dell’interprete principale.
A Touch of Sin di Jia Zhangke
Il grande regista elabora il cinema di genere per regalare momenti di catarsi ai lavoratori cinesi, che compaiono in un finale potente, mettendo in crisi la finzione grazie ai loro volti bruciati dal sole.
Like Father, Like Son di Kore-Eda Hirokazu
La paternità è solo una questione di sangue? Affrontando con delicatezza le emozioni suscitate da uno scambio di neonati, una riflessione sull’educazione e sulla generosità umana.
La vie d’Adèle di Abdellatif Kechiche
Straordinaria immersione nella vita sentimentale di un’adolescente di Lille. A fior di pelle, lo sguardo del regista franco-tunisino regala momenti di forte emozione.
Jeune et Jolie di François Ozon
Fredda esposizione dei fantasmi femminili nel consueto contesto radical chic parigino.
Nebraska di Alexander Payne
Un commovente Bruce Dern enfatizza il solito schematismo di Payne, qui nell’ennesimo film nostalgico, ovviamente in bianco e nero.
La Vénus à la fourrure di Roman Polanski
Esibizione di un sofisticato gioco al massacro, come solo Polanski sa fare: tra autore e adattatore, tra ispirazione e opera, tra regista e attrice, tra uomo e donna. SadochPolanski.
Behind The Candelabra (Ma vie avec liberace) di Steven Soderbergh
Indiscutibile premio mancato a Michael Douglas per un film sulla mostruosa società dello spettacolo che ci ha creati a sua immagine e somiglianza.
Borgman di Alex Van Warmerdam
L’unico film per il quale è sorta la domanda: perché in concorso a Cannes?
ALCUNI FILM SCELTI DALLE ALTRE SEZIONI DEL FESTIVAL
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie – Francia (Un Certain regard)
L’image manquante di Rithy Panh – Francia (Un Certain Regard)
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann – Francia/Austria (Fuori Concorso)
Omar
di Hany Abu-Assad – Germania (Un Certain Regard)La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – Messico (Un Certain Regard)
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz – Filippine (Un Certain Regard)
As I Lay Dying di James Franco – Usa (Un Certain Regard)
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – Francia (Quinzaine des réalisateurs)
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – Usa/Francia (Quinzaine des réalisateurs)
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – Italia/Francia (Semaine de la Critique)
Roberto Silvestri
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie – non visto
L’image manquante di Rithy Panh – (credo **)
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann ** 1/2
Omar di Hany Abu-Assad **
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez **
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ***
As I Lay Dying di James Franco *
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky **
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich **
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza ** 1/2
Cristina Piccino
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie ****
Un film sul desdierio e sui suoi fantasmi, sulla paura che divora l’anima tra Fassbinder e l’horror. Nel teatro in apparenza disincantato di un luogo di vacanze e rimorchio e sesso liberi, il regista snoda con lucidità quasi impalcabile, quel filo di terrore e i tabù che sono vita e immaginario.
L’image manquante di Rithy Panh **
Per la prima volta nei suoi film il regista cambogiano adotta la prima persona trovata prima nella scrittura della sua autobiografia da cui il testo off del film è tratto. L’immagine mancante sono i suoi ricordi di ragazzino nella Cambogia del genocidio di Pol Pot, i volti dei familiari e degli amici perduti a cui da vita con pupazzi di legno. La memoria privata come memoria collettiva. Forse poteva mettere in gioco anche la sua voce nella lettura del testo.
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann
Impossibile mettere un giudizio a questo film che se visto senza gli strumenti necessari rischia di trasmettere una visione parziale della storia. Lanzmann come sempre si arroga l’ultima parola sull’Olocausto e nella lunga intervista girata nel 1975 al rabbino CC responsabile dei Consigli ebraici, confuta la tesi di Arendt sui Consigli stessi. Ma la filosofa tedesca, a lungo censurata in Israele, cercava non nuovi colpevoli quanto un’assunzione di responsabilità.
Omar di Hany Abu-Assad **
Riflessione dall’interno sugli effetti dell’occupazione in Palestina, e insieme ricerca di un’immagine meno formattata del conflitto.
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – Non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ***
Splendido esordio nel colore del regista filippino che trova qui un tono epico alla sua sperimentazione visiva per comporre un affresco sull’umanità e sul sentimento contemporaneo quasi mitologico.
As I Lay Dying di James Franco – ° Si può perdere
Franco è un personaggio interessante ma nel confronto col paesaggio di Faulkner non riesce a controllare né immaginario né dimensione narrativa.
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky ***
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – Non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza *
Anna Maria Pasetti
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie – non visto
L’image manquante di Rithy Panh ****
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann ***
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz – non visto
As I Lay Dying di James Franco ***
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky ****
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza **
Federico Pontiggia
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie **
Mai accettare sesso dagli sconosciuti: Guiraudie vezzeggia, cazzeggia e castiga, non giudica. Il microcosmo è omo, la regia sessuale, ma occhio al parcheggio: Lac amoenus?
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann ***
Postscriptum a Shoah, Lanzmann torna all’archivio, back in the day resuscita l’intervista a Benjamin Murmelstein, l’ebreo in più del ghetto modello di Terezin. Astenersi paraocchi, benvenute le difficili certezze: de-revisionismo storico, Hannah Arendt si fa male e banale.
Omar di Hany Abu-Assad – ***
Dopo i kamikaze (Paradise Now), il collaborazionismo: Hany Abu-Assad e l’arma non convenzionale testata da Israele nei Territori palestinesi. Verità e finzione, in mezzo il “non si sa” fotte vite, amori e amicizia: non manicheo, Omar descrive e decritta. No future, ma vale anche oltre il Muro.
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz – non visto
As I Lay Dying di James Franco – non visto
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – non visto
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
L’image manquante di Rithy Panh – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza **
Trionfatore della Semaine, incoronato e mazziato: non ha ancora distribuzione in Italia, ci “Salvi” chi può! Mafia e cecità, eyes wide shut e miracolo, Saleh Bakri (Salvo) lascia Elia Suleiman e pensa ai fumetti: “Diabolik, c’est moi!”
Daniela Persico
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie *** e mezzo
L’image manquante di Rithy Panh ****
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann *
Omar di Hany Abu-Assad – Non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – Non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ****
As I Lay Dying di James Franco *
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – non visto
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Tiene inoltre a segnalare:
The Bling Ring – Usa (Un Certain Regard – film d’apertura) di Sofia Coppola ***
Les rencontres d’apres minuit di Yann Gonzalez – Francia (Semaine) ***
Grand central di Rebecca Zlotowski – Francia (Un Certain Regard) ***
Bends di Flora Lau – Hong-Kong (Un Certain Regard) **
Les salauds di Claire Denis – Francia/Germania (Un Certain Regard) * e mezzo
Jean-Jacky Goldberg
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie ****
L’image manquante di Rithy Panh – non visto
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann – non visto
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz – non visto
As I Lay Dying di James Franco – ° inutile scomodarsi
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – non visto
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Tiene a segnalare:
Les rencontres d’après-minuit di Yann Gonzalez – Francia
(Semaine de la Critique) ****
Tip Top di Serge Bozon – Francia/Lussemburgo
(Quinzaine des réalisateurs) ****
La fille du 14 Juillet di Antonin Perejatko – Francia
(Quinzaine des réalisateurs) ***1/2
The Congress di Ari Folman – film d’animazione – Germania/Israele/Polonia/Lussemburgo/Francia/Belgio (Quinzaine) ****
Blue Ruin di Jeremy Saulnier – Svizzera (Quinzaine des réalisateurs) ***
Giona A. Nazzaro
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie ***
L’image manquante di Rithy Panh ***
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann **
Omar di Hany Abu-Assad – Non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – Non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ****
As I Lay Dying di James Franco *
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky **
Jodorowsky’s Dune – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Alessandro Stellino
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie **
L’image manquante di Rithy Panh ***1/2
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann ***
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ***1/2
As I Lay Dying di James Franco – non visto
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – non visto
Jodorowsky’s Dune – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Antoine Thirion
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie ****
L’image manquantee di Rithy Panh – non visto
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann – non visto
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ****
As I Lay Dying di James Franco – non visto
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – non visto
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Tiene inoltre a segnalare:
La Bataille de Solférino di Justine Triet – Francia (ACID) ***
Les Rencontres d’après minuit di Yann Gonzalez – Francia
(Semaine de la critique)*
Paolo Bertolin
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie ***
L’image manquante di Rithy Panh ***1/2
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann – non visto
Omar di Hany Abu-Assad ***
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ***1/2
As I Lay Dying di James Franco – non visto
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – non visto
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich **1/2
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza ***
Giampiero Raganelli
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie – non visto
L’image manquante di Rithy Panh ****
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann ****
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ****
As I Lay Dying di James Franco – non visto
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky ***
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich ***
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Marco Grosoli
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie **
L’image manquante di Rithy Panh **
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann ***
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ****
As I Lay Dying di James Franco – non visto
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky – non visto
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Raffaele Meale
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie – non visto
L’image manquante di Rithy Panh ****
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann – non visto
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ****
As I Lay Dying di James Franco ***
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky ***
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza *
Enrico Azzano
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie – non visto
L’image manquante di Rithy Panh (Un Certain Regard) ****
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann – non visto
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – non visto
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz ****
As I Lay Dying di James Franco – non visto
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky ***
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – non visto
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto
Francesco Boille
L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie ***1/2
L’image manquante di Rithy Panh ****
Le dernier des injustes di Claude Lanzmann – non visto
Omar di Hany Abu-Assad – non visto
La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez – ***
Norte, Hanggnan Ng Kasaysayan di Lav Diaz – non visto
As I Lay Dying di James Franco **
La danza de la Realidad di Alejandro Jodorowsky ***1/2
Jodorowsky’s Dune di Frank Pavich – **1/2
Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza – non visto