Abbiamo visto ” Solo gli amanti sopravvivono “ diretto da Jim Jarmusch.
Regista di culto e tra i più importanti director statunitensi indipendenti Jim Jarmusch ci ha regalato vere perle negli ultimi trent’anni come Daunbailò ( con il nostro Roberto Benigni – con cui ha girato anche Tassisti di notte e Coffee and Cigarettes – e Tom Waits ), Mystery Train ( con Nicoletta Braschi ), ma anche film più glamour come Dead Man ( con Johnni Depp ) e lo splendido Ghost Dog – Il codice del samurai ( con il mitico Forest Whitaker ). Adesso a sessant’anni realizza Solo gli amanti sopravvivono, un puro divertissement in cui ci mostra tutto l’amore per la Letteratura ( passione giovanile dell’autore ) e tutti i suoi vari debiti narrativi ed esistenziali, con il gusto per la Controcultura americana dei vari Burroughs e Kerouac, il Cinema dei film underground di Robert Downey senior e di Andy Warhol. Realizza un film colto, molto elegante, assai bello esteticamente ma anche terribilmente snob. Sceglie due icone del Cinema glamour inglese come Tilda Swinton ( Eduardo II, Il curioso caso di Benjamin Button ) e Tom Hiddlston ( Thor, War House ) e l’inserisce in un Marocco immaginario tra Bowles e Borrunghs Anni Cinquanta e una Detroit ormai deserto post industriale. I due protagonisti si chiamano Adam ed Eva, si amano da centinaia d’anni ( sono vampiri ) e tra loro c’è una relazione perfetta, ma all’inizio vivono separati. Lei risiede a Tangeri, è diafana, con una pelle di perla, sontuosamente bella; ama la danza, leggere libri, e fa lunghe conversazioni con il suo amico Marlowe ( il grande drammaturgo e poeta di Doctor Faust, scritto prima di Goethe ), insomma è sempre interessata alla vita e nutre ancora speranze per questo mondo ormai in rovina. Lui invece è un uomo che vive da isolato, in un edificio ai margini di una città svuotata. E’ colto in maniera smisurata, ha una grande sensibilità verso la musica ma anche per le altre arti e compra strumenti musicali preziosi, ma ha la consapevole della stupidità umana, del suo degrado e per questo è depresso, quasi con la voglia di finirla assieme alla sua donna. Insomma i due sopravvivono e vivono naturalmente di notte giacchè il sole è un loro nemico. Tra citazioni colte, rimandi cinematografici, costumi e scenografie sontuose, Jarmusch vuole raccontarci una metafora della vita a confronto con una Vita ideale, gli ultimi giorni di un’Umanità in cui un passato regale e ricco si trova a competere con la postmodernità fatta di persone volgari, di distruzione dell’ambiente, di ignoranza e del trionfo del pochismo nei confronti della bellezza e del suo senso. Un film fuori dagli schemi, curatissimo nei dettagli, dai tanti rimandi che risulta difficile poterli notare tutti, con una colonna sonora avvolgente e una fotografia spendida.
Adam vive a Detroit ( città simbolo della musica ma anche delle macerie del capitalismo dove ha la sede mondiale la General Motors ), vive chiuso nella sua roccaforte, un palazzo isolato quanto può esserlo lui. Colleziona chitarre d’epoca e compone pezzi di musica elettronica inarrivabili per altri. Ma degli zombi ( così lui chiama gli esseri senza qualità ) si muovono di notte intorno al suo palazzetto per poter ascoltare ciò che crea e semmai rubare idee. Non esce mai di casa ed ha una specie di tuttofare, Ian ( l’attore russo Anton Yelchinche ) che gli procura ciò che gli serve, dagli strumenti più rari al sangue sterilizzato con cui si nutre a pallottole speciali. Eve invece vive a Tangeri ( città simbolo di una parte della Beat Generation, dove Borroungs ha scritto Il pasto nudo, Jack Kerouac e Allen Ginsberghanno camminato nella medina gustandodel buon kife i beatniks chiamavano L’Hôtel El Muniria, Villa Delirium ), tra stoffe pregiate e libri in tutte le lingue, trascorre le notti in compagnia di Christopher Marlowe nel ” Café Mille Et Une Nuits ” e da lui riceve il sangue puro con cui può vivere tranquillamente. E’ Eve, più generosa e aperta, quella che continua ad amare e dallo sguardo più limpido verso il mondo, che decide di raggiungere il suo compagno in un viaggio stettamente notturno. Stabilitasi a casa di Adam riesce a far uscire di casa il suo uomo e a fare un giro in auto, sono sereni e tranquilli ma quando tornano trovano ad aspettarli Ava ( l’attrice australiana Mia Wasikowska ) , la sorella minore di Eve. Adam non sopporta molto gli atteggiamenti eccessivi della cognata che è anche colpevole di qualcosa che gli ha causato una ottantina di anni prima. Con pazienza la accoglie in casa e sopporta a fatica i suoi eccessi, Ava è infantile, viziata e vuole solo divertirsi e fare casino, si ingozza di sangue consumando le scorte di Adam, tocca tutto e continua ad ascoltare la musica composta da lui senza il suo permesso. Una notte Ava li convince ad andare in un night club assieme a Ian, il tuttofare di Adam. I primi problemi cominciano non appena Ava mostra una fiaschetta di sangue che aveva riempito di nascosto con le scorte di Adam e subito dopo dagli altoparlanti del night si comincia a suonare un pezzo che Adam aveva composto pochi giorni prima, probabilmente rubato e consegnato al club da Ava. Adam arrabbiato decide di tornare al suo appartamento. Durante questa notte Ava succhia il sangue al nuovo amico e distrugge i dischi di Adam e i suoi preziosi strumenti. Adam ed Eve dopo aver gettato il corpo di Ian cacciano di casa Ava furiosa e incontrollabile. I due poi decidono di partire per Tangeri, ma arrivati hanno bisogno di sangue per nutrirsi ma l’amico Marlowe non si trova…
Come sempre Jarmusch cerca di analizzare la crisi dell’individuo, con un Cinema molto personale e con uno stile fuori dai clichè, in questo caso decide di raccontare di due esseri che sono sopravvissuti alle intemperie dei secoli anche grazie all’amore che nutrono l’uno per l’altra, al gusto del bello e nel non farsi coinvolgere dal brutto dei rapporti umani e sociali. Jarmusch usa – come al suo solito – il suo sguardo distaccato come un Beckett che osserva e rende stranieri e nomadi i suoi personaggi a dir poco strambi. E i suoi non sense a volte aiutano a capire meglio dove siamo e chi siamo. Dilata i tempi del compiersi e trova l’alterità nella quotidianità. C’è in tutto questo una serie di debiti narrativi, dalla letteratura di Camus alo stile intimo e di testimonianza del Cinema di Bresson ( nella ricerca del Sacro oltre la Forma ). In questo film c’è un’accentuazione – quasi regale – delle citazioni musicali, letterarie, cinematografiche, filosofiche – regali perché necessarie e ponderate e non sfoggio sterile di cultura alta come può capitare con il nostro Sorrentino. La grande bellezza non è dichiarata né enunciata ma è la necessaria conseguenza per poter vivere con decoro.