Abbiamo letto “ L’amore del Bandito “ di Massimo Carlotto.
In questi anni il romanzo giallo ha avuto un successo e una diffusione come non mai. Prendendosi uno spazio, un rispetto e un ‘ decoro ‘ che mai aveva avuto in Italia, relegato nel dopoguerra nei gialli Mondadori delle edicole o marginalizzato in un grande autore come Scerbanenco.. Era uno stile letterario ( e di riflesso cinematografico ) che non apparteneva al nostro immaginario collettivo e che la critica ha sottovalutato. Un immaginario che invece in Francia oltre che coincidente con i gusti alti e bassi eleggeva a grandi scrittori il belga Simenon, Lèo Malet fino a giungere a Izzo. E guardando un po’ più in là, alla giovane America degli Hammett, dei Chandler, di Woolrich. Finalmente il giallo si è ripreso parte di quello che gli spettava, nel nostro Paese. Anche perché dove si può trovare il bene e il male così ben equilibrato ? Dove il protagonista è quasi sempre nel giusto ? Dove si può mostrare una società e i suoi lati bui prendendo le distanze e non ricadendo nelle ideologie ? Estremizzando questo discorso diciamo che il dramma shakespiriano oggi possiamo trovarlo quasi esclusivamente nel genere giallo.
In Italia tra i migliori giallisti c’è sicuramente il discontinuo Carlotto. Massimo Carlotto per chi ha avuto un percorso esistenziale comune è quasi un ‘amico’ e i suoi romanzi sono come degli incontri con qualcuno con cui non hai bisogno di fare domande e riprendi ad ascoltarlo come se avessi appena lasciato il libro precedente da un giorno o due. I personaggi dell’Alligatore, di Beniamino Rossini e Max la Memoria ritornano dopo alcuni anni ( mi sembra da “ Il maestro di nodi ” ) e dopo altri romanzi dell’autore. “L’amore del bandito” è il primo atto di una nuova trilogia. Questa storia si sviluppa in tempi differenti, inizia nel 2006 mentre la vita dei tre protagonisti trascorre tranquilla e un improvviso e imprevisto sequestro della donna del bandito Rossini li fa ripiombare in un fatto accaduto a loro due anni prima; poi una serie di avvenimenti li farà vivere in un’apnea e noi li ritroveremo nel 2008. Senza svelare troppo della trama diremo che il centro della storia gira intorno alla misteriosa scomparsa di 44 chili di droga da un deposito dell’Istituto di medicina legale di Padova nel 2004. L’Alligatore, che continua a fare l’investigatore senza licenza, gestisce un locale e beve Calvados, è contattato da uno straniero duro e stolto per indagare sulla rapina, ma lui si rifiuta di investigare sull’accaduto e giacchè l’uomo insiste e lo vuole obbligare fa una brutta fine. Due anni dopo scompare Sylvie, la donna di Beniamino Rossini, la danzatrice del ventre che lui aveva incontrato anni prima in un night. Il gangster naturalmente con i suoi due amici la cerca ovunque senza successo, ma questa sparizione è collegata in qualche maniera alla rapina di due anni prima, al cliente serbo che è morto e ai suoi amici e nemici. Praticamente l’Alligatore, Rossini e Max la Memoria si ritrovano nell’obiettivo di un nemico misterioso che li obbliga a entrare in un gioco pericoloso e mortale.
In questo romanzo ci sono tutti i colori e i sapori dei libri precedenti, Un’atmosfera malinconica, un po’ decadente e crepuscolare. Ma con meno tensione e con uno svolgimento frettoloso, un po’ complicato, un po’ sbiadito. Come se l’autore fosse dello stesso umore del protagonista: stanco, scoglionato e solo. Un romanzo che è scritto col peso degli anni che passano e che non ha più quella fresca vitalità pur brutale e violenta dei romanzi precedenti. Il fiato corto dei protagonisti e il fiato corto dell’autore. E quando si legge di kossovari, serbi, cristiano maroniti, drusi, non sembra nulla di “ esotico “ o nuovo. Ed anche Grenoble, Parigi, Zurigo, Beirut non sono altro che nomi di città e di strade. Un ultimo appunto di gusto personale, un romanzo giallo non si dovrebbe chiudere senza “ una conclusione “ anche parziale; il tutto è platealmente rinviato al romanzo successivo come un qualsiasi tv movie.
Con affetto comunque aspettiamo l’amico successivo.