Abbiamo visto “ Citizenfour “ regia di Laura Poitras.
Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi. È la famosa frase scritta da Bertold Brecht e fatta dire al grande scienziato pisano nella Vita di Galileo. E questi tempi hanno purtroppo sempre più bisogno di eroi, piccoli e grandi che siano. E non sono certo gli Obama o le Clinton o i Ban Ki-moon e loro consimili correi dell’orrore dei fatti. Eroi, lo sono invece e incredibilmente persone che per chissà quale dignità umana mettono a rischio una vita comoda per svelare quello che molti sanno ma non possono dimostrare e molti altri ancora non vogliono ammettere pensando che siano solo cose di propaganda. Gente come Julian Paul Assange, Bradley Edward Manning o Edward Joseph Snowden sono i veri eroi dei nostri tempi. E sulle scelte, anche morali, di quest’ultimo giovane uomo americano gira il documentario della Poitras ( già autrice, e per questo perseguitata dal governo statunitense, di due documentari come My Country My Country in cui la regista segue un dottore sunnita che si prepara alle elezioni in Iraq del 2005. Mentre nel 2010 realizza The Oath in cui si racconta la prigionia a Guantanamo di Abu Jandal, ex-fedelissimo di Osama Bin Laden, che ci spiega come nasce e cresce uno jihadista nei nostri giorni ).
Citizenfour è lo pseudonimo usato da Snowden per essere contattato dai giornalisti Glenn Greenwald e Ewen MacAskill, durante la sua permanenza quasi da clandestino in un albergo di Hong Kong. Confessioni che ha fatto ai due giornalisti inglesi del The Guardian e che i due hanno divulgato al mondo. Le accuse che vengono alla luce sono quelle di un sistema di sorveglianza di massa fatto di intercettazioni telefoniche, controllo di mail a tutti i cittadini americani e non, ma anche a politici di altri Paesi alleati ( dalla Merkel a Lula ) e ad imprese di tutto il mondo; una rete della CIA e di altre agenzie meno conosciute utilizzata illegalmente con il pretesto della lotta al terrorismo. Snowden è un giovane tecnico informatico che ha lavorato per alcuni mesi per la CIA alle Haway, lavorando nel sistema informatico e potendo entrare nei file segretati dell’agenzia ha compreso la gravità della situazione e ha rivelato l’ampiezza della portata della sorveglianza indiscriminata ( senza alcun controllo giuridico ) messa in atto dalla NSA ( National Security Agency ) e di altre agenzie di intelligence e sicurezza statunitensi, su tutti i cittadini ( ‘ Datagate ’ ). Insomma dei metodi tipici dello spionaggio della Stasi della vecchia DDR e che in questi tempi sono ritornati come consuetudine.
Nel gennaio del 2013, la documentarista Laura Poitras ha ricevuto una e-mail crittografata da uno sconosciuto che si faceva chiamare Citizen Four. Le ha offerto le sue informazioni sulle intercettazioni illegali che le agenzie degli Stati Uniti ( NSA ) e altre agenzie di intelligence stavano compiendo. La Poitras aveva già lavorato a un film sui programmi di monitoraggio negli Stati Uniti che sono derivati dagli attacchi dell’11 Settembre . Nel giugno 2013, accompagnata dal giornalista investigativo Glenn Greenwald del The Guardian e dal giornalista Ewen MacAskill è arrivata a Hong Kong con la sua macchina fotografica per il primo incontro con lo sconosciuto che si è identificato come Edward Snowden. Dopo quattro giorni di colloqui, il 9 giugno l’identità di Snowden è stata concordemente resa pubblica. Quando i media scoprono il numero della camera di Snowden all’Hotel The Mira Hong Kong, il giovane è costretto a trasfersi nella stanza della Poitras per eludere alle innumerevoli telefonate della stampa e forse per evitare il rischio d’arresto o anche peggio. Poi come tutti ricordiamo, per non rischiare una richiesta di estradizione da parte del governo di Barack Obama, Snowden dapprima si è fatto aiutare dal Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati per ottenere lo status di rifugiato. Il 21 giugno, il governo degli Stati Uniti chiede al governo di Hong Kong di estradare Snowden e gli viene annullato il passaporto americano; prima che possa scappare in Ecuador o in Islanda o a L’Avana ( Paesi che gli hanno offerto l’ospitalità ) si ritrova bloccato all‘aeroportointernazionale Sheremetyevo di Mosca. Allora Snowden è costretto a chiedere asilo politico e il 1 ° agosto del 2013, dopo quaranta giorni, il governo russo gli concede un asilo temporaneo per un anno. Nel frattempo, il giornalista Greenwald è tornato a Rio De Janeiro, e parla pubblicamente di utilizzo di programmi di sorveglianza della NSA all’estero. Ed anche nei palazzi della Comunità Europea si parla della gravità della situazione in cui il mondo e la democrazia si ritrova. Il film si chiude con Greenwald, Snowden e la Poitras che si incontrano nella casa di Snowden in Russia, e possono discutere dei nuovi dettagli che emergono sui programmi segreti americani, ma attenti solo a comunicare al mondo informazioni che non irritino del tutto il governo di Obama.
Il documentario, prodotto anche dal regista Steven Soderberg e vincitore del Premio Oscar nel 2015, ha un ritmo inizialmente lento e un po’ faticoso ( forse anche perché in Italia non è stato giustamente doppiato e quindi ci sono i sottotitoli per l’inglese e il portoghese ), ma nella seconda parte diventa quasi avvincente trovando un ritmo narrativo serrato, quasi da spy-story, oltre a mostrarci senza dichiararlo le preoccupazioni sempre più pressanti di Snowden e di Glenn Greenwald e degli altri eroi della situazione. Sembra quasi che siamo in quella stanza d’albergo e si respira l’ansia e le inquietudini delle possibili conseguenze personali.