Abbiamo visto “ The End of the Tour “ ( Un viaggio con David Foster Wallace ) regia di James Ponsoldt
Con Jesse Eisenberg, Anna Chlumsky, Jason Segel, Mamie Gummer, Joan Cusack. Biografico, durata 106 min. – USA 2015. – uscita giovedì 11 febbraio 2016.
Chi è stato David Foster Wallace ? ( Il Foster è stata un’invenzione editoriale per non farlo confondere con altri autori dallo stesso cognome ) In Italia è conosciuto non da molti ma è ancora oggi uno scrittore di culto nel mondo anglosassone, con romanzi come La scopa del sistema e soprattutto Infinite Jest ( un libro di ben 1400 pagine ); è stato giudicato ‘ la migliore mente della sua generazione ‘, la rivista Time ha incluso Infinite Jest nella lista dei 100 migliori romanzi di lingua inglese dal 1923 e la critica lo colloca tra Don De Lillo e Jorge Luis Borges. E’ considerato uno dei rappresentanti della corrente letteraria Avantpop ( tanto per intenderci nel Cinema sono identificabili con questa ‘ etichetta ‘ Tarantino, I Fratelli Coen, Emir Kusturica ) Il mito di Wallace è ulteriormente cresciuto da quando nel 2008 la moglie lo ha trovato impiccato nel patio di casa a non ancora cinquant’anni. Non sappiamo personalmente chi fosse David Wallace, il film ce lo mostra come un ragazzone di quasi due metri, con la bandana sempre in testa, solitario, complesso e semplice allo stesso tempo, scontroso e forse un po’ antipatico, ma con il dono della scrittura e con il bisogno estremo di sincerità e di liberarsi da qualsiasi sovrastruttura sociale. Dal film intuiamo che potrebbe avere avuto doti profetiche su dove le tecnologie possono portare l’uomo, sulla deriva dei mezzi di comunicazione che oggi ci condizionano, ci impigriscono e ci fanno credere che non abbiamo bisogno degli altri perché abbiamo internet, facebook e la televisione.
Ma si può distinguere l’essere umano da ciò che produce ? L’autore di romanzi ( o il cineasta o il musicista etc. etc. ) deve essere un tutt’uno con ciò che crea oppure per noi basta l’opera e non dobbiamo giudicarlo per come è vissuto ?
Il film è tratto dal libro Come diventare se stessi di David Lipsky ( pubblicato in Italia da minimum fax ), un giovane giornalista all’epoca di Rolling Stone che decise di intervistarlo e visse con lui alcuni giorni nel 1996, al tempo del successo del libro più importante di Wallace. Da quest’esperienza ne è nato questo libro di oltre 400 pagine che lo rende l’intervista più dettagliata e anche più lunga che un giornalista abbia fatto ad uno scrittore. Ma chi era Wallace oltre che un grande scrittore ? Era a modo suo un filosofo ( aveva studiato anche filosofia all’Università ), un giornalista ( durante il viaggio e l’intervista mostra di conoscere tutti i trucchi del mestiere di intervistatore ), un saggista, un linguista e altro ancora. Ma è anche qualcuno che è stato in un ospedale psichiatrico, un depresso, probabilmente un alcolista e forse un drogato ( al centro del suo romanzo c’è questa dinamica ).
La storia inizia con la telefonata a David, un amico gli chiede se è vero che lo scrittore Wallace è morto suicida. Da questo momento inizia il classico un flash back, da quando il giornalista di Rolling Stone, stanco di scrivere di piccoli gruppi musicali, vuole intervistare il nuovo fenomeno letterario di cui la fidanzata è invaghita attraverso la scrittura e lui ne sente il fascino e si sente un po’ come un fratello minore avendo pubblicato un romanzo che ha avuto una certa notorietà ma niente in confronto con il nuovo romanzo di Wallace. Il direttore accetta la proposta del suo giovane giornalista e David parte per raggiungerlo in una casa sperduta tra la neve. E in questi cinque giorni il giovane cerca di trovare spunti per uno scoop e invece l’intervista rapidamente si tramuta in altro, smette di essere tale e diviene un confronto tra due scrittori e due umanità abbastanza differenti: discorsi che vanno dalla scrittura al modo di vedere il mondo, dall’uso delle droghe al condizionamento dei media, dall’effimero del successo alle luci fasulle della notorietà, dal mondo dell’editoria alla la musica al cinema dei Bmovie. E tutto questo parlare porta naturalmente al conflitto e allo scontro umano, ma trovano in fondo una sintonia di intenti attraverso uno schietto e intenso confronto dialettico. E nel viaggio che i due intraprendono ( in fondo cosa è la vita o i romanzi se non dei viaggi ) per un reading a Minneapolis di Wallace, i due si conoscono, si scontrano, litigano fino a raggiungere un rispetto e un apprezzamento reciproco, umano e professionale. A quello che ci risulta ( non viene detto nel film ) l’intervista non uscirà su Rolling Stone ma diventerà materiale per il libro da cui è stato tratto il film.
James Ponsoldt ( un regista non ancora quarantenne che ha già realizzato film come Gioco Forzato, Smashed, The Spectacular Now, tutti passati al Sundance Festival in cui ha vinto vari premi ) ha realizzato un film lineare, piacevole e un po’ verbosetto. Alcuni messaggi sfiorano lo spettatore che non ha il tempo per metabolizzarli perché subito si passa ad altro. E l’intenzione che dovrebbe essere anche divulgativa e universale giunge fino ad un certo punto. Un buon cast anche se non molto empatico, una buona sceneggiatura.