Abbiamo visto “ Il medico di campagna “ un film di Thomas Lilti
Con François Cluzet, Marianne Denicourt, Christophe Odent, Patrick Descamps, Guy Faucher. Commedia-drammatica, durata 102 min. – Francia 2016. – Bim Distribuzione uscita giovedì 22 dicembre 2016.
Thomas Lilti è un regista e sceneggiatore francese, in Italia non lo si conosce quasi perché i suoi due film precedenti non sono mai arrivati nonostante il buon esito in Francia e nei vari festival ( Les yeux bandés – 2007, e Hippocrate – 2014 ). Ma è anche stato un medico e la sua cinematografia è intinta di questo suo passato, sia col film precedente che con questo Il medico di campagna. Anche se non è un regista che resterà nella storia del Cinema, è un director solido che si rifà a quella narrazione tipicamente francese di stampo naturalistico che ha come padri il Renoir e il Carnè degli Anni Trenta fino a giungere a Rohmer degli Anni Ottanta. Un Cinema minimalista che racconta la realtà quotidiana di piccoli avvenimenti solo in parte senza importanza e che fanno amare questo tipo di cinematografia così lontana da quella nostrana. Un film realizzato con lievità e naturale delicatezza ed è supportato da una ottima recitazione di un attore dall’ incredibile capacità trasformista e di immedesimazione del personaggio come François Cluzet ma anche tutto il resto del cast risulta all’altezza ( con la convincente e affascinante Marianne Denicourt, vista in tanti film da L’Argent a La bella scontrosa ). Se una critica si può fare a un film del genere è sulla sceneggiatura, l’autore non ha mai approfondito i ‘ conflitti ‘ del film, tantomeno il rapporto tra i due protagonisti che non prende mai il volo, si è tenuto un po’ alla larga, girandoci intorno senza voler prendere alcun rischio.
Jean-Pierre Werner ( l’ottimo François Cluzet ) è il medico di una campagna lontana dalla città e dal mondo, vive da solo, è divorziato da una moglie che non sente mai ed ha un figlio adulto che sente appena; la sua vita è dedicata alla professione e ai suoi pazienti neanche fosse un curato di campagna. Per questo suo darsi senza condizioni è diventato il punto di riferimento della sua piccola comunità, ed è l’uomo saggio, l’amico, il confidente, su cui si può contare sempre. Lo conosciamo nel momento in cui viene a sapere di avere un tumore e che dovrà iniziare una cura, ma lui sembra un po’ rimuovere il verdetto che gli ha diagnosticato un suo amico medico; continua a praticare la sua professione senza alcuna remora, di giorno e di notte, senza mai fermarsi, ma è costretto ad accettare un aiuto che gli ha mandato il collega, un ex infermiera appena laureata in medicina, Nathalie ( Marianne Denicourt ) che deve prendersi alcuni pazienti e aiutarlo un po’; ma Jean-Pierre non contempla nemmeno lontanamente l’idea che qualcuno possa sostituirlo, ma lei con pazienza e con gentilezza riesce a ottenere il suo rispetto e la sua fiducia e, successivamente anche quella della comunità restia ai cambiamenti. Tra i due si crea un rapporto fatto di insofferenza e pazienza, di accettazione e rifiuto, un rapporto che è anche uno scontro tra generazioni, tra un uomo e una donna, tra un medico di campagna e una dottoressa ospedaliera di città, tra personalizzazione del malato e la spersonalizzazione nella struttura pubblica cittadina. Con un finale che sembra volgere al peggio e invece, come capita a volte nella vita, si risolve in modo aperto e ottimista, anche se l’epilogo ( accompagnato sulle note di Wild Is the Wind di Nina Simone ) appare un po’ frettoloso e favolistico.