“Ma perché non mi fai sentire più amata?” chiede Carolina Crescentini, terza insopportabile moglie di Pierfrancesco Favino al marito che non ne può proprio più di lei. Al punto che a un certo punto del film lui esploderà in un “Hai rotto il cazzo!!!” magari non proprio civile, ma che non possiamo che assecondare e che trascinerà di lì a poco tutti i tanti personaggi del film a una corsa all’urlo, al dire le cose come si sentono, all’eccesso. Ma che siamo in un film di Muccino?, si dirà.
Ebbene sì, siamo proprio in un film di Gabriele Muccino, A casa tutto bene, anzi in un gran bel film di Muccino, che più mucciniano di così sarebbe stato impossibile fare. In un trionfo di citazioni di Battisti, Jovanotti, perfino di Riccardo Senigallia. Dove i personaggi sembrano quelli, invecchiati, ormai quarantenni, di L’ultimo bacio, e i tre protagonisti, Stefano Accorsi, Sabrina Impacciatore e Favino, vengono proprio da lì. E la mamma, sempre svampita e amorosa, è ancora l’adorata Stefania Sandrelli.
Ma è un film di Muccino che ci arriva mediato dalla sua ormai lunga esperienza americana, e da quella si è trascinato dietro un gran direttore della fotografia, Shane Hurlbut, pieno di personaggi che rimandano sia alla vita stessa della famiglia Muccino, due fratelli e una sorella, la mamma pittrice, le tre mogli, i tre figli, sia alla vita dei suoi tanti personaggi precedenti, rivisti e costruiti in sceneggiatura assieme a Paolo Costella, già cosceneggiatore di Perfetti sconosciuti.
Lo sguardo sulla realtà e sui suoi protagonisti alter-ego è diverso dai tempi di L’ultimo bacio. Non sono più trentenni che cercano di non affrontare la realtà o di rimandare il momento in cui dovranno affrontarla, sono quarantenni in crisi da anni, costantemente in lotta con l’idea di famiglia, con l’altro sesso, con i tradimenti. Ma l’esplosione violenta, la messa in scena così fisica ma anche attoriale dello scontro, che sfocia, appunto, nell’”Hai i rotto il cazzo!” di Favino o nella furia con la quale Sabrina Impacciatore attacca Giulia Michelini, sono un puro slow-burn mucciniano, cioè una esplosione a fuoco lento di situazioni insostenibili.
E nella costruzione di questa lenta combustione di violenza all’interno della famiglia italiana è davvero un maestro Muccino e sa dirigere come nessuno i suoi attori che esagerano sapendo di esagerare ma sono anche super-realistici. Vista così, come un’opera con tante voci diverse, che dovranno a un certo punto alzarsi per lo scontro fisico all’interno di una famiglia che scoppia, il film acquista tutto un altro senso e tutto diventa possibile e giustificabile. Più dalle parti di Xavier Dolan che di Altman, insomma.
Al punto che attraverso questa lettura diventa perfetto il casting di Ivano Marescotti come padre dei fratelli e marito della più placida Stefania Sandrelli, perché nessuno come lui, già nei film di Zalone, sa montare nella rabbia improvvisa. E sarà lui, il padre, a dire il fondamentale “A me la famiglia sta sul cazzo”. Insomma, Muccino vince nella costruzione operistica, nell’aver messo in scena così tanti elementi famigliari realistici della sua vera famiglia e delle tante famiglie del suo cinema e aver chiuso tutti i suoi personaggi su un’isola, Ischia, per poi farli esplodere fra di loro come se fossimo nella Tempesta di Shakespeare, perché è sull’isola da dove non si più fuggire, che questi personaggi smettono di indossare gli abiti della commedia civile e si massacrano secondo le regole della commedia mucciniana.
Ma stavolta non c’è più la giovinezza a salvarli, non c’è nessun tipo di cattolicesimo o di ideologia. Se le femmine sono spesso mostruose e violente, i maschi sono quasi tutti senza palle o figli di mignotta pronti alla fuga. E’ una umanità che non sa prendere decisioni e precede per tentativi sbagliati o mosse ripetitive. In tutto questo si salvano i ragazzini, forse i vecchi, forse i malati, come Massimo Ghini che nel film ha il ruolo del marito con Alzheimer di una Claudia Gerini disperata. E i sentimenti, l’amore che ha la mamma Sandrelli per il figliol prodigo Stefano Accorsi, “tu sei speciale” (che sia un messaggio per Silvio…), la passione che sfocia tra Accorsi e la cugina Elena Cucci.
Grande ritorno al cinema italiano di Gabriele Muccino e a un cinema maggiorenne che fortunatamente trova la forza di tradire la commedia di Ettore Scola rivelandone tutta la tramatura ideologica, liberandosi come opera anarchica-distruttiva e mai consolatoria, rivela quanto ancora abbia da raccontarci di noi e coraggiosamente di se stesso, magari coprendosi con attori che dirige alla perfezione.
Non solo i vecchi amici de L’ultimo bacio, ma anche le new entry come Gian Marco Tognazzi e Giulia Michelini, che fanno una coppia coatta da urlo, le tante donne di Favino, come Carolina Crescentina e Valeria Solarino, perfette, o Elena Cucci che è una sorta di Martina Stella di provincia mal sposata e depressa, o Gian Paolo Morelli come marito traditore dell’Impacciatore, che ha le battute più divertenti (“non ce sta na cazzo de tacca ’ncoppa a quest’isola”), per non parlare di Ivano Marescotti, del cameo di Tea Falco o di una Sandra Milo che dimostra di essere ancora l’attrice prediletta di Pietrangeli. Imperdibile. Esce a San Valentino.