In occasione dell’anniversario dei natali del poeta e artista inglese, affrontiamo due volumi a lui dedicati: La Divina Commedia di Dante illustrata da William Blake della Taschen e From Hell (di Alan Moore e Eddie Campbell) della Magic Press.
William Blake, uno dei geni più ispirati della storia dell’Arte, è stato sempre preso per pazzo.
Destino comune a molte intelligenze infuocate da visioni extra-ordinarie, è vero. Ma nel caso di Blake, il giudizio dei contemporanei appare concorde con quello dei, pur ammirati, critici successivi.
Ben nota è la definizione di Wordsworth: “Non c’è dubbio che questo poveraccio fosse pazzo, ma c’è qualcosa nella sua pazzia che attira il mio interesse più dell’equilibrio di Lord Byron e Walter Scott”.
Chesterton, col suo adorabile gusto del paradosso, arrivò a dire: “Io dico che Blake era pazzo perché la sue visioni erano vere”. Edward Fitzgerald lo definì “un genio, senza una rotella”.
Perfino una mente elevata e immersa in profonde contemplazioni spirituali come T.S.Eliot non comprese pienamente Blake, lamentando l’assenza nella sua opera di aurea mediocritas tipicamente latina: “Blake era dotato di una considerevole capacità di capire la natura umana, di un notevole e originale senso del linguaggio e della musica del linguaggio, di un vero talento per la visione allucinata. Se queste qualità fossero state governate da un certo rispetto per la ragione impersonale, per il buon senso, per l’obiettività della scienza, sarebbe stato meglio. Il suo genio avrebbe avuto bisogno (purtroppo invece non poté disporne) di una struttura di idee accettate e tradizionali che gli impedissero di indulgere a una filosofia tutta sua, e lo facessero dedicare esclusivamente ai problemi della poesia. Confusione di pensieri, sentimenti e visioni è quanto si trova in un’opera come Also sprach Zarathustra, ed è una qualità tipicamente non latina. La forza di concentrazione che viene dal sostegno di una precisa struttura mitologica, teologica e filosofica è una delle ragioni che fanno di Dante un classico, mentre la sua mancanza fa di Blake soltanto un poeta di genio”.
Ciò che la sapiente ragione alessandrina di Eliot non poteva cogliere è un risvolto illuminante, ovvero come il divino ebbro Blake (proprio in virtù delle sue visioni razionalmente incomprensibili) potesse essere uno dei migliori interpreti (non esegeti) delle mistiche visioni dantesche.
Una stupenda edizione di, consueto, pregio TASCHEN consente di studiare con degna attenzione le straordinarie illustrazioni de La Divina Commedia di Dante illustrata da William Blake.
A di là dell’eleganza dell’edizione rilegata, il volume è prezioso per l’erudito contributo critico dei curatori Sebastian Schütze e Maria Antonietta Terzoli.
Blake passerà gli ultimi due anni della sua vita ossessionato dallo sforzo di tradurre in immagini le fiammeggianti visioni dantesche; una settimana prima di morire scriverà al suo allievo (e committente dell’opera) Linnell: “sono troppo assorbito da Dante per riuscire a pensare a qualcos’altro”.
Anni in cui la trasfigurazione profetica era già definitivamente in atto, poiché come descrive Samuel Palmer nel racconto della sua prima visita, proprio con Linnell, egli apparve seduto sul letto, attivissimo nonostante i suoi sessantasette anni, “coperto di libri, come un antico patriarca o un morente Michelangelo”.
Non è un caso che il morente Blake si ispiri proprio a Michelangelo (ben prima di Rodin) per le sue 102 illustrazioni dantesche, alcune meravigliosamente compiute, altre incompiute ma comunque affascinanti, altre appena abbozzate eppure suggestive.
Sono due i punti in cui Blake (sommo ammiratore del genio poetico ma distante teologicamente dal divin poeta fino a definirlo in una conversazione con Henry Crabb Robinson “un ateo” che “aveva concesso troppo a Cesare”) contesta o meglio reinterpreta col suo furore visionario la lettera dantesca, in note scritte a margine (probabilmente destinate ad essere cancellate o coperti dal colore nelle versione definitive) alle sue illustrazioni. Di grandissima rilevanza la nota apposta all’illustrazione del III Canto dell’Inferno, che vede Omero al centro della rappresentazione, in cui echeggia la voce della sapienza gnostica: “«Ogni cosa nella ‘Commedia’ di Dante dimostra che, per scopi tirannici, egli ha fatto di questo mondo le fondamenta di tutto e della Dea natura un’amante: è la natura la sua ispirazione e non lo Spirito Santo”.
Ancora più illuminante la riflessione vergata sull’illustrazione dell’XI canto, raffigurante la struttura dell’Inferno, in cui Blake s’impone davvero con la potenza di un profeta: “Qualunque libro sia contro il perdono & Qualunque libro sia contro il perdono dei peccati non è opera del Padre, ma di Satana, l’accusatore e padre dell’Inferno”.
Del resto la distanza dall’amore di Dante per i classici greci e latini era già emersa nel Descriptive Catalogue del 1809, in cui commentando le sue stesse opere in un prospetto per una mostra, Blake anticipa gran parte degli studiosi Tradizionali del Novecento: “…nessuno crederà che le statue cosiddette greche, siano invenzioni degli artisti greci; forse il Torso è l’unica opera originale che rimanga; tutte le altre sono evidentemente copie, per quanto belle, delle più grandi opere dei Patriarchi Asiatici”.
Venendo alla bellezza delle illustrazioni: sottolineiamo il pudico dolore di Francesca; l’originalità della rappresentazione di Niccolò III, il papa simoniaco; Taide rappresentata come Venere Anadiomene, pur nello sterco; l’attenzione sui blasfemi, ovvero Capaneo, in vita, e Vanni Fucci, nell’al di là; l’etereo splendore di Beatrice sul carro trionfale; la potenza numinosa del Cristo.
Rimanendo in ambito grafico, un’opera, moderna e dai riflessi danteschi almeno in accezione infernale, collegata a Blake è From Hell, ideata dall’immaginazione vulcanica di Alan Moore per i disegni di Eddie Campbell.
Un’opera che, forse, sarebbe piaciuta a Guido Ceronetti, non solo perché tocca suoi temi prediletti (Jack lo Squartatore, la Londra dell’800 e per l’appunto William Blake) ma per la traboccante erudizione (dal dotto enciclopedismo alla sapienza iniziatica) che la rende una lettura esaltante dal punto di vista intellettuale, al di là della maestria di Moore nel delineare un intreccio dai forti risvolti allegorici.
Ricordo che quando fui intervistato da Marco Filoni qualche anno fa su Radio Due proprio sui legami fra la Londra dell’800 e Blake, nemmeno osai affrontare l’opera, consapevole della vastità dei riferimenti che avrebbe evocato (e anche della mia logorrea).
Basti citare la vertiginosa carrellata delle opere di architettura esoterica (ri-velando l’origine del termine Massoneria) che compongono l’ossatura simbolica di Londra, mostrata da Moore nel IV capitolo (“Che cosa ti chiede il Signore?”), per rendere la mole imponente di documentazione che il geniale sciamano della scrittura ha riversato in questo fumetto strabiliante.
In From Hell, Blake non è solo presente in quanto personaggio raffigurato nella storia, ma ben più profondamente ispira l’intera atmosfera del racconto, un percorso allucinatorio di visioni profetiche e infernali, di occulte rivelazioni, di catarsi impossibili e disperate redenzioni.
Blake è uno dei numi tutelari di Moore, che lo omaggerà (oltre che in V for Vendetta e Angel Passage) nel titolo (e nella struttura) di un celebre capitolo del capolavoro Watchmen (Fearful Symmetry, da un celebre verso della poesia The Tyger) e, ancora una volta fin dal titolo, nel fluviale romanzo Jerusalem, omonimo del frammento poetico destinato a divenire, sulle note di Hubert Parry il testo dell’inno nazionale britannico ufficioso.
Segnaliamo che, dopo aver pubblicato l’edizione integrale di From Hell, corredata da il poderoso impianto di note esplicative dello stesso Moore, la casa editrice Magic Press ha presentato a Lucca Comics & Games in anteprima From Hell. Master Edition vol.1, primo volume della riedizione del fumetto, stavolta impreziosita dai colori aggiunti all’originale bianco e nero dallo stesso disegnatore Eddie Campbell.
Insomma, per rendere giustizia al genio di Blake ci è voluto uno scrittore di fumetti, noto per le sue bizzarre escursioni nei territori magici, come Alan Moore.
Oppure, sommo paradosso, per comprendere una grande mente occidentale, è stata necessaria la sapienza di un maestro orientale come Shri Mataji Nirmala Devi che definì in più occasioni Blake come “un vero e proprio profeta”.