Abbiamo visto A dangerous method regia di David Cronemberg.
Il Cinema ha raccontato spesso il mondo della psicoanalisi, sin dal cinema muto con film come Il gabinetto del dottor Caligari diretto da Robert Wiene nel 1920. L’abbiamo vista rappresentata in mille modi differenti, da Hitchcock a Fellini ad Allen fino a giungere a Eyes Wide Shut di Kubrick e a Roberto Faenza con Prendimi l’anima, film su due dei protagonisti del film di Cronemberg (Sabina Spielrein e Gustav Jung). Forse perché, come qualcuno pensa, lo psicanalista e l’autore cinematografico frugano nello stesso luogo: nei sogni; uno per svelare l’esistente, l’altro per insegnare a volare. Adesso un regista di talento visionario decide di riprendere questa sceneggiatura di una quindicina d’anni fa, tratta dal saggio “Un metodo molto pericoloso: la storia di Jung, Freud e Sabina Spielrein” scritto dallo psicologo John Kerr agli inizi dei Novanta e che ha ispirato anche una pièce teatrale.
L’approccio alla psicanalisi in questo caso è interno e ‘storico’, gira intorno a Jung, al suo ‘detestato’ maestro Freud, alla paziente, e successivamente psicanalista, Sabina Spielrein e al meno noto (almeno per noi) psichiatra Otto Gross. Raccontare un metodo scientifico e i suoi fondatori è oggettivamente difficile, volerlo rendere cinematografico richiede coraggio, fantasia e un po’ di spericolatezza e David Cronemberg ha tutti questi requisiti (basti pensare ad alcuni suoi film come Il demone sotto la pelle, Gli inseparabili, M Butterfly, Crash) ma tuttavia approcciandosi a raccontare di Freud e Jung (personaggi così complessi e rivoluzionari nel metodo di studio sul malessere mentale delle persone – e a loro volta contraddittori nelle loro esistenze – e intenti ad ‘inventare’ una nuova scienza in un’epoca ancora fatta di convenzioni, freni mentali, conformismi pericolosi e razzismi latenti: molti di loro erano ebrei) inciampa nella materia confezionando un film a volte didattico, a volte saccente e a volte superficiale. Realizzando un biopic su Jung e mostrando tutti gli altri come onde del mare a cui non saper dare lo spazio necessario. Probabilmente è talmente magmatica la materia che si perde di vista il baricentro, l’estetica non può essere calligrafica e lo sviluppo così ‘orizzontale’; si dovrebbe fare un film in cui valga la pena di scavare un po’ più a fondo nel background che ha favorito la nascita della psicoanalisi e la regia dovrebbe andare per frammenti, sincopata per svelamenti. E non fare l’imitazione di un Ivory d’antan. Per esempio appare un po’ troppo semplicistica come viene scandagliata la nevrosi della paziente Spielrein (una Keira Knightley tutta mossette da ‘pazza’ ma pronta a parlare e svelare le sue turbe in quattro e quattr’otto), come anche il personaggio di Otto Gross (un convincente ma fuggevole Vincent Cassel che ha come nevrosi quella di voler andare a letto con più donne possibili) è raccontato in modo dispersivo e superficiale facendolo sembrare un quasi normale Don Giovanni.
Il film inizia con una paziente gravemente disturbata, Sabina Spielrein che viene portata dal dottor Jung, da lui analizzata, curata e aiutata a diventare a sua volta medico e psicologa; naturalmente lei si invaghisce di lui, si offre e soffre, ma anche lui è attratto e dopo un po’ cede col senso di colpa verso sua moglie, dolce, paziente e ricchissima. Nella trama si inserisce Freud e alcun conversazioni che ha con Jung, le loro tensioni di scienziati e i loro scontri anche caratteriali fino al noto distacco. Anche Sabine entra in contatto con Freud, prima per le delusioni personali che le ha dato Jung, e dopo, diventata psicologa, perché sembra schierarsi con il dottore di Vienna. Nelle conversazioni emergono le tre nevrosi che si fanno dialogo, dubbio, intelligenza: Edipo, il connubio Eros-Thanatos, la famiglia e i suoi orrori.
Ci piace segnalare una bella inquadratura ‘simbolica’, Carl Gustav e Sabine sono sdraiati accanto, sul fondo di una piccola barca (che la moglie ha regalato a Carl), sembrano due corpi in una bara pronti non a scappare ma a far morire una passione che contrasta con il mondo reale.