Il primo incontro di Irving Brecher – autore fra i più grandi nella storia della comicità americana – con Groucho Marx avviene nell’ufficio di Mervyn LeRoi, produttore e regista appena passato alla Metro Goldwyn Mayer. È il 1939, Irving (classe 1914) è alle prime armi come sceneggiatore e l’idea è quella di affidargli la scrittura di Tre pazzi a zonzo, il nuovo film dei fratelli Marx. Groucho (al secolo Julius Henry Marx) aspetta il ragazzo con i piedi sulla scrivania, in bocca il proverbiale sigaro.
GROUCHO MARX E CHARLIE CHAPLIN GIOCANO A TENNIS
I due si presentano, poi decidono di andare a pranzo. In ascensore, incontrano una donna alta, in testa ha un enorme cappello a tesa larga. Groucho la guarda di sottecchi e le dice: «Mi scusi, signore, ma voi non siete quel tizio che ho incontrato in un hotel a Cleveland?».
La donna, per tutta risposta, grugnisce. C’è un solo problema: la signora in questione è niente meno che la «Divina» Greta Garbo. Groucho era fatto così: non si tratteneva dal fare una battuta, e non importava che la vittima fosse il portiere di un albergo o una star internazionale del cinema. Questo e altri esilaranti aneddoti sono contenuti nel curatissimo volume A pesca con Groucho, (pp. 336, euro 18) firmato da Irving Brecher e Hank Rosenfeld e pubblicato da Sagoma, coraggioso editore che da qualche tempo si occupa – sfidando con coraggio il mercato – dei mostri sacri della comicità.
Il titolo del libro viene da un altro episodio divertente, risalente alla fine degli anni Quaranta. Brecher ha deciso di andare a pesca con alcuni amici e pensa di invitare anche Groucho. Lo chiama al telefono e questa è la risposta: «Stai scherzando? Sono qui seduto a fumarmi un Avana, ascoltando Gilbert e Sullivan sul mio Capehart con la mia bella moglie Kay, e tu vuoi che lasci questa donna di vent’anni più giovane di me che credo sia ninfomane? È fuori questione. Brech, la tua testa dev’essersi spappolata per aver scritto i film dei Fratelli Marx.
Non esiste ricchezza al mondo che mi possa convincere ad abbandonare questa spirale di lussuria e a lasciare la mia sposa malata d’amore a dormire da sola per dieci giorni. Buona notte!». A quanto pare Groucho si è offeso. Eppure passano cinque minuti ed ecco una nuova telefonata del comico: «Pronto, Brech? La mia sposa mi sta facendo la valigia. Dicono che il modo migliore di stare insieme per una coppia è stare separati. Quando si parte?».
La consorte giovane e forse «ninfomane» ha pensato bene di levarselo dalle scatole. La gita a pesca finirà con Groucho che corre in un bosco con i pantaloni calati. Si era appartato per espletare un improvviso bisogno, ed eccolo ricomparire abbastanza agitato. «Non guardate adesso», chiede allarmato agli amici. «Ma c’è un orso che mi insegue?». In effetti… Ecco cosa rivolto agli addetti della reception: «È vero signori che gestite una catena di bordelli da costa a costa?».
Di fronte alle facce allibite dei suoi interlocutori, Groucho non desiste: «Mettiamola così. Siete voi i tenutari di questo bordello?». Brecher cerca di rimediare, spiegando che il signore baffuto è matto, poverino. Riesce a evitare le botte, ma non la ritorsione degli albergatori: li sbattono entrambi a dormire in un ripostiglio. Non avevano capito di trovarsi di fronte al famosissimo comico. E mentre costringevano Groucho a passare notti terribili in una stanza orrenda, proiettavano per gli ospiti i suoi film.
Nel libro, però, non tutte le risate sono appaltate al più noto tra i fratelli Marx. Ci sono anche gli altri. Per esempio Chico, giocatore e scommettitore incallito. Nelle Lettere di Groucho Marx (pubblicate in Italia da Adelphi qualche anno fa), l’ossessione di Chico per le carte è ben descritta da Groucho quando spiega: «Dopo essere stati estromessi dalla Metro Goldwyn Mayer, stiamo amministrando i pochi affari che ci restano in una specie di ex granaio di fronte alla Bank of America.
È un posto molto comodo specialmente per Chico, che deve soltanto attraversare la strada per bloccare gli assegni che ha staccato la sera prima ». Ma, poiché il paradosso ha sempre caratterizzato la carriera dei fratelli, è stato proprio per merito di Chico e della sua ossessione per le carte se, in un momento buio della loro vita artistica, sono riusciti a risollevarsi. A raccontarlo è ancora Brecher. Dopo una notte al tavolo da gioco, Chico si trova a perdere 6800 dollari da Al Lichtman, uno dei boss della MGM. Quando costui va a battere cassa, Chico gli risponde di essere al verde.
«Se noi facessimo un film, avrei i soldi. Dio sa quando accadrà. E così potrei pagarti, ovviamente». Lichtman non si scompone, anzi dice a Chico di non preoccuparsi. Il giorno dopo, i fratelli Marx vengono contattati dalla MGM che li vuole mettere sotto contratto. A suggerirlo è stato proprio Lichtman. Grazie a un debito di gioco, erano ancora in pista. Ma ancora più esilarante è il modo in cui Chico si è sdebitato.
Appena firmato l’accordo per cinque film a 150 mila dollari ciascuno, Chico chiama Lichtman per ringraziarlo e lo invita a una partita. Risultato: il comico spolperà il produttore, rivincendo i 6800 dollari che gli deve e parecchi di più. Infine, lo stralunato Harpo Marx. Durante un viaggio in aereo, perde il suo mezuzah, un gioiello ebraico che contiene una piccola pergamena con il nome di Dio.
Harpo è arrabbiatissimo, ha denunciato la scomparsa alla compagnia aerea, ma teme che non lo ritroverà più. Si sbaglia. Qualche giorno dopo, riceve una telefonata: «Signor Marx, abbiamo buone notizie per lei. Abbiamo trovato il suo fischietto. Ma qualcuno lo ha riempito con della carta, che abbiamo tolto così ora può soffiarci dentro».