Una donna sposata, un uomo celibe, un cane che parla e sogna come in un romanzo di Jack London, un gentiluomo inglese, un bateau, i libri schiusi, le stagioni che passano, le parole che non hanno più voce, la campagna, la città, il cinema in televisione, la natura, la finzione, la metafora, un film che finisce, un altro che comincia.
Lontano da qualsiasi illustrazione lineare, l’autore francese, firma un mash-up in versi, immagini e suoni intorno a una coppia ‘interrotta’ e inframezzata da idee, politiche, artistiche e filosofiche, organizzate sotto l’iscrizione di “Natura” e di “Metafora”. Il cinema di Godard, criptico e affrancato dalla drammaturgia tradizionale, è composto ancora una volta da una somma di frammenti letterari, una lettura irriducibilmente politica del mondo, una recitazione intima, immagini ‘rubate’ ai film, ai quadri, ai giornali, alla televisione, agli archivi storici. Un cinema-saggio aperto, instabile e indiscutibilmente ‘avanzato’, che formula idee e teorie destinate ad affermarsi pienamente nel tempo a venire. Ieri come oggi, Godard incarna la modernità, indagando senza posa e da libero artigiano (che resta autore) le possibilità creative offerte dalle mutazioni medialogiche. Adieu au langage lo conferma allora sperimentatore e ricercatore indefesso, che lascia deflagrare il rilievo intimista di una coppia dentro il rilievo del 3D. Per Godard la terza dimensione diventa un secondo obiettivo che alla maniera di un camaleonte gli permette di mettere a fuoco due occhi e di osservare due oggetti simultaneamente. Visioni stereoscopiche, percezioni dissociate, dissolvenze incrociate al quadrato, migliorano la sua comprensione dell’oggetto, incurante della nostra incomprensione.
Autore di un cinema scientifico e poetico insieme, Godard ingaggia alla maniera di Nicolas De Staël, convitato di riguardo in Adieu au langage, un corpo a corpo con la ‘tela’ che trova un nuovo modo di mettere in crisi l’immagine, che perturba lo spettatore e rende impossibile qualificarlo o quantificarlo con le ‘stelle’. Ottantaquattro anni il prossimo dicembre, Jean-Luc Godard non esaurisce l’ambizione scopica dietro agli occhiali, seguitando a vivere il cinema, ad amarlo, a sognarlo, a pensarlo. A pensare al suo addio al mondo, meditando sull’approssimarsi della morte: “Voi siete pieni di voglia di vivere. Io sono qui per dirvi no. Per morire”.