Cosa vedrei, se ti potessi vedere? Mi autorizza a immaginarlo così nella sua casa di Miami Beach (“Una Miami nuvolosa, ti voglio dire la verità…”). Le serrande abbassate, lui a terra, con un lenzuolo in testa, pantalone della tuta, la t-shirt bianca, senza calzini, né pantofole, reduce da una probabile sbronza, davanti a un televisore che non funziona. Tomas Milian è uno di quegli uomini che chiude le serrande di casa ma tiene aperto tutto il resto, da una vita, tutti i pori, i nervi e le finestre della sua pelle, per non dire cuore. Quel suo essere permeabile alla vita che l’ha dannato e graziato. Un vecchio che non ha mai finito e mai finirà di essere bambino. Un uomo che trasforma tutto in bellezza, anche non volendo, soprattutto non volendo, che sia il suo ritorno a Cuba dopo 58 anni (rimperdibile “The Cuban Hamlet”, lo struggente documentario girato per l’occasione da Giuseppe Sansonna), la morte suicida del padre militare e violento davanti a lui dodicenne, il delicato ricordo della fidanzatina cubana o del Monnezza che resiste in lui come una seconda pelle. Tomas ricorda e dice “anyway” quando perde il filo.
Come stai?
“Io sto bene. Non ho dormito, ieri sera sono stato a una festa, abbiamo bevuto molto vino rosso francese”.
Hai fatto incontri divertenti?
“Ma…non so cosa dirti. Sai, parlare di cose così senza importanza, tra un drink e l’altro, per riempire i vuoti”.
Dormi bene, sbronze a parte?
“Come una pietra. Non mi sveglia manco il terremoto”.
Torni a Cuba dopo quasi sessant’anni e il giorno dopo Obama toglie l’embargo.
“A me fa moltissimo piacere. Mi fa piacere per i cubani. Io non c’entro. Io sono romano de sette generazioni (ride). Perché io sono er Monnezza e lo sarò per il resto della mia vita”.
Mi stai dicendo che ti senti più italiano che cubano o americano?
“Totalmente italiano. Romano. È una cosa quasi di follia…”.
La tua Avana 58 anni dopo.
“Mi ha emozionato scoprire che è sempre la stessa, ma invecchiata come me. Sono contento d’essere tornato sui miei passi perduti…anyway”.
I Mc Donald’s conquisteranno l’Avana e le fontane butteranno Coca Cola.
“Ci saranno file lunghissime. Io sono cresciuto con Mc Donald’s e Burger King. Stavo a New York, avevo pochi soldi. A Roma, invece, mi sistemavo con gli arancini e le patate ripiene di piccante”.
Devo immaginarti a casa tua nel disordine più assoluto e dissoluto?
“Tutto il contrario. Cerco molto il balance. Sono un fissato dell’ordine dentro casa. Sono pieno di libri che non leggo perché mi sembra che la mia vita è già un libro che mi piace molto”.
L’hai scritta e pubblicata di recente la tua storia. “Monnezza amore mio”.
umberto lenzi olga e tomas milian
“Non sono contento, avrei potuto scriverla meglio. Rizzoli mi ha chiesto di fare il seguito. Qui lo dico e qui lo nego, anche se non me davano una lira io l’avrei fatto lo stesso il libro. Non sono uno scrittore, ma mi piace scrivere”.
A casa tua entra chiunque o sei molto selettivo?
“Faccio entrare solo persone che mi piacciono. Amici, nessun parente. Com’è quel detto italiano?”.
Parenti serpenti.
“No, poverina, adesso che me fai pensare, c’è la mia sorellina Eliana, la cicciottella. Anche lei esule a Miami. Con lei ci parlo ogni tanto. Siamo cresciuti insieme, un anno di differenza, tutti e due di marzo, marzo pazzo”.
Tua madre?
“La mia famiglia era molto razzista, cominciando da mia madre. Una donna molto fredda, non mi ha mai baciato”.
Di solito si finisce dallo psicoanalista.
“Infatti, ci sono finito, a Roma. E lui mi disse: “scusi, ma sua madre non aveva braccia?”. Era proprio così. Non aveva braccia per me. Sono cresciuto con questa immagine di donna. Freddezza, razzismo, ignoranza. Mi ha segnato a vita. A 14 anni diventai ribelle. Mi ribellavo a lei, alla società, a tutto. Ero un disastro”.
Che facevi da ribelle?
“Di tutto. Tutto portato all’estremo per attirare l’attenzione. Lasciavo tracce di cacca sui muri. Mai avuto tracce d’amore, solo punizioni. Mio padre mi colpiva con la borchia della cinghia e io sotto il letto… M’identificai con James Dean de “La valle dell’Eden”, il padre stronzo e la madre puttana… lessi la sua vita e m’iscrissi all’Actor Studio”.
Altre donne nella tua storia, a parte tua madre?
“Due zie zitelle, vestite sempre di nero col velo in testa, il rosario in mano che uscivano di casa solo per andare in chiesa a prendere la comunione. Poverette”.
Tutto qui? C’è n’è abbastanza per insinuare una tua patologia verso il femminile.
“Tutti noi uomini ce l’abbiamo. Chi più chi meno, siamo terrorizzati dalle donne”.
Vivi solo?
“Mia moglie è morta, ma non sono mai solo. Vivo con i miei fantasmi”.
Non ti manca una donna?
“Farei schifo, alla mia età, solo a pensarlo il sesso. Ma, sai una cosa?”.
La voglio sapere.
“Non ci fossero state le donne, mi facevo le seghe. Sono un onanista, non sono mai stato un donnaiolo. Sono stato tutto. Dentro di me c’è tutto. Donne e uomini. Amante e marchettaro”.
Hai mai amato?
“Hilda. È l’amore più puro che ho avuto. Lavorava in una tintoria, una ragazza umile, io uno stronzo borghese, m’innamorai un po’ di lei. Ma era negra e mia madre era razzista. “Tu a me un negretto non me lo porti a casa”, così mi diceva…”.
Dallo psichiatra c’eri finito anche prima, a Cuba.
“Pensavano che ero pazzo perché mi piaceva cantare da solista nei cori salesiani
e volevo fare l’attore. Tutti nella mia famiglia di militari, a partire da mio padre, erano convinti che l’attore è un mestiere da froci. Ma vuoi che ti dico una cosa?”.
Lo voglio.
“La mia vera psicoanalisi è stata Roma”.
In che senso?
“Il cinismo meraviglioso della città. I primi tempi andavo per la Via Veneto della Dolce Vita e, per impressionare la gente, per fare pena, raccontavo sempre del suicidio di mio padre”.
Gli intellettuali dei caffè dell’epoca.
“Ero pane per i loro denti, ma non mi corteggiavano troppo. Ero una patata bollente, un vero rompicoglioni. Uno come me, fuggito da Hollywood per la paura del successo, con una storia come la mia…Beh, Lucherini non era tanto intellettuale”.
Che c’entra Lucherini?
“Quella carogna…Mi vedeva da lontano e dava di gomito a Franco Rosi: “Eccolo, oddio, ora viene e ci racconta del padre che s’è ammazzato…A Roma gli psicoanalisti muoiono di fame”.
Tuo padre si è sparato davanti a te. Eri poco più di un bambino.
“Papà? Mamma mia! Aveva tentato il suicidio già in carcere dov’era finito con l’avvento di Batista. Tentò d’infilarsi qualcosa in gola. Ricordo la sua cicatrice sul collo. Era maniaco depressivo mio padre”.
Perché si ammazzò davanti al figlio dodicenne?
“Non lo voglio sapere. Ho paura di entrare nella sua testa. Puntò prima l’arma tremante su di me, poi si è sparato in petto. Lì si è fermato Tomas. Ho cominciato a correre, a scappare, ma non me ne sono mai andato veramente da quella stanza. Sono diventato padre di mio figlio, senza essere mai stato figlio di mio padre”.
Mai fantasticato di replicare il gesto?
“Mai. Odio le pistole. Mai temuto di diventare come lui e sai perché? Mi ha salvato il cinema. Dove posso ammazzare la gente e non me mettono in galera, anzi, me danno pure un sacco de soldi”.
Tutto quello che sei?
“Tutto quello che sono viene dal suicidio di mio padre quanto dalla freddezza di mia madre. Non avevo un grembo dove appoggiarmi. Vedevo che mia madre piangeva per mio padre, io andavo nel letto con lei. E lei diceva: “portatemelo via”… Ecchime qua, quello che sono”.
“Non avevo un grembo dove appoggiarmi”. Non mi capitava da secoli di ascoltare una frase così lirica. E devo ascoltarla dal Monnezza ottantenne scovato nel buio di Miami”.
“Non avevo l’età per capire. Mia madre era la stupidità fatta donna. Era pazza di mio padre. Fece sette figli con uomini diversi, ma zero vocazione alla maternità. Non aveva carinho. Capisci “carinho”? E’ più grande dell’amore”.
Capisco. E poi?
“E poi er Monnezza. Lui mi ha insegnato tutto”.
Hai lavorato con Bolognini, Zurlini, Visconti, Pasolini, Maselli, Bertolucci, Antonioni, ma citi solo er Monnezza.
“A fare quei film in cui recitavo da intellettuale mi rompevo i coglioni. Io avevo bisogno d’ammazzare, rubare, picchiare, avere gli occhi della tigre e non quelli dell’indifferente, gli occhi fissi del cavallo che vede passare il treno. Proprio quello che non volevo”.
Un esempio?
“Una volta Zurlini, vero intellettuale, mi dice su un primo piano, io vestito da tenente americano: “Fammi lo sguardo di Kennedy…”. E io, dentro di me: “Che cazzo è lo sguardo di Kennedy?…”. Ci ho rinunciato”.
Tu sul set con Antonioni.
“Non volevo lavorare con Antonioni. Mi hanno preso per la gola, invitando me e lui nel mio ristorante veneto preferito. Lui non parlava, io non parlavo. Mi sentivo anche offeso. Sembrava che me la tirava dal balcone, mi faceva sentire un ignorante”.
Monnezza, invece, ti è venuto facile.
“So tutti i trucchi del cinema. Recitare è uguale a ingannare. Posso simulare il dolore più grande solo muovendo il pomo d’Adamo o gonfiando la pancia. Monnezza, invece è puro istinto. Lo amo. Quello che avrei voluto essere. Lui ha fatto di me un vero romano. Mi manca tanto Roma”.
Doppiato come Monnezza da Ferruccio Amendola e poi rifatto dal figlio Claudio.
“Poteva fare a meno di rifarlo…Un giorno gli mandai a Natale un pezzo di scavo, al padre Ferruccio, con una nota: è il primo pezzo del monumento che avrei dovuto farti”.
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E lui?
“In un’intervista ha citato i grandi attori che ha doppiato, De Niro, Dustin Hoffman, Stallone, tutti tranne me. Mi ferì moltissimo…Mi hanno sempre detestato quei due, padre e figlio, e non so perché…”.
Come lo ammazzi il tempo a Miami?
“Vado sempre al cinema. Tutti i giorni. Non voglio pensare. “American Sniper” l’ho visto cinque volte. Bravissimo Bradley Cooper. L’avrei voluto fare io. Lo sguardo che spacca lo schermo…”.
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Si dice che ci sarai nel prossimo film di Quentin Tarantino.
“Lo so che sono un suo cocco. Mi hanno mandato anche il copione. Ma, il personaggio che dovevo fare, “il francese”, era troppo più giovane di me”.
Tutto qui?
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“Ottantuno anni. Otto più uno uguale nove, il mio numero fortunato. Spero mi faccia uscire dal letargo”.
Redazionale: biografia professionale.
- La notte brava, regia di Mauro Bolognini (1959)
- Il bell’Antonio, regia di Mauro Bolognini (1960)
- I delfini, regia di Francesco Maselli (1960)
- L’imprevisto, regia di Alberto Lattuada (1961)
- Laura nuda, regia di Nicolò Ferrari (1961)
- Un giorno da leoni, regia di Nanni Loy (1961)
- Giorno per giorno, disperatamente, regia di Alfredo Giannetti (1961)
- Boccaccio ’70 – episodio Il lavoro, regia di Luchino Visconti (1962)
- Il disordine, regia di Franco Brusati (1962)
- La banda Casaroli, regia di Florestano Vancini (1962)
- Il giorno più corto, regia di Sergio Corbucci (1963)
- Ro.Go.Pa.G. – episodio La ricotta, regia di Pier Paolo Pasolini (1963) – non accreditato
- L’attico, regia di Gianni Puccini (1963)
- Mare matto, regia di Renato Castellani (1963)
- Gli indifferenti, regia di Francesco Maselli (1964)
- Io uccido, tu uccidi, regia di Gianni Puccini (1965)
- Le soldatesse, regia di Valerio Zurlini (1965)
- I soldi, regia di Gianni Puccini (1965)
- Il tormento e l’estasi, regia di Carol Reed (1965)
- Madamigella di Maupin, regia di Mauro Bolognini (1966)
- The Bounty Killer, regia di Eugenio Martín (1966)
- Faccia a faccia, regia di Sergio Sollima (1967)
- Se sei vivo spara, regia di Giulio Questi (1967)
- La resa dei conti, regia di Sergio Sollima (1967)
- Sentenza di morte, regia di Mario Lanfranchi (1967)
- La lunga notte di Tombstone, regia di Jaime Jesús Balcázar (1968)
- Banditi a Milano, regia di Carlo Lizzani (1968)
- Corri uomo corri, regia di Sergio Sollima (1968)
- Ruba al prossimo tuo, regia di Francesco Maselli (1968)
- Tepepa, regia di Giulio Petroni (1969)
- Dove vai tutta nuda?, regia di Pasquale Festa Campanile (1969)
- Beatrice Cenci, regia di Lucio Fulci (1969)
- O’ Cangaceiro, regia di Giovanni Fago (1970)
- I cannibali, regia di Liliana Cavani (1970)
- L’amore coniugale, regia di Dacia Maraini (1970)
- Vamos a matar, compañeros, regia di Sergio Corbucci (1970)
- La vittima designata, regia di Maurizio Lucidi (1971)
- Fuga da Hollywood, regia di Dennis Hopper (1971)
- Un uomo dalla pelle dura, regia di Francesco Prosperi (1972)
- La banda J. e S. cronaca criminale del Far West, regia di Sergio Corbucci (1972)
- Non si sevizia un paperino, regia di Lucio Fulci (1972)
- La vita, a volte, è molto dura, vero Provvidenza?, regia di Giulio Petroni (1972)
- Il consigliori, regia di Alberto De Martino (1973)
- Ci risiamo, vero provvidenza?, regia di Alberto De Martino (1973)
- Squadra volante, regia di Stelvio Massi (1974)
- Milano odia: la polizia non può sparare, regia di Umberto Lenzi (1974)
- Il bianco, il giallo, il nero, regia di Sergio Corbucci (1974)
- La polizia accusa: il Servizio Segreto uccide, regia di Sergio Martino (1975)
- I quattro dell’apocalisse, regia di Lucio Fulci (1975)
- Il giustiziere sfida la città, regia di Umberto Lenzi (1975)
- Una donna da uccidere, regia di Yves Boisset (1975)
- 40 gradi all’ombra del lenzuolo, regia di Sergio Martino (1976)
- Roma a mano armata, regia di Umberto Lenzi (1976)
- Squadra antiscippo, regia di Bruno Corbucci (1976)
- Pazzi borghesi, regia di Claude Chabrol (1976)
- Il trucido e lo sbirro, regia di Umberto Lenzi (1976)
- Squadra antifurto, regia di Bruno Corbucci (1976)
- Liberi armati pericolosi, regia di Romolo Guerrieri (1976)
- Il cinico, l’infame, il violento, regia di Umberto Lenzi (1977)
- La banda del trucido, regia di Stelvio Massi (1977)
- Messalina, Messalina!, regia di Bruno Corbucci (1977)
- Squadra antitruffa, regia di Bruno Corbucci (1977)
- La banda del gobbo, regia di Umberto Lenzi (1977)
- Il figlio dello sceicco, regia di Bruno Corbucci (1977)
- Squadra antimafia, regia di Bruno Corbucci (1978)
- Squadra antigangsters, regia di Bruno Corbucci (1979)
- Rebus per un assassinio, regia di William Richert (1979)
- La luna, regia di Bernardo Bertolucci (1979)
- Assassinio sul Tevere, regia di Bruno Corbucci (1979)
- Il lupo e l’agnello, regia di Francesco Massaro (1980)
- Delitto a Porta Romana, regia di Bruno Corbucci (1980)
- Manolesta, regia di Pasquale Festa Campanile (1981)
- Uno contro l’altro, praticamente amici, regia di Bruno Corbucci (1981)
- Delitto al ristorante cinese, regia di Bruno Corbucci (1981)
- Identificazione di una donna, regia di Michelangelo Antonioni (1982)
- Delitto sull’autostrada, regia di Bruno Corbucci (1982)
- Monsignore, regia di Frank Perry (1982)
- Cane e gatto, regia di Bruno Corbucci (1983)
- Il diavolo e l’acquasanta, regia di Bruno Corbucci (1983)
- Delitto in Formula Uno, regia di Bruno Corbucci (1984)
- Delitto al Blue Gay, regia di Bruno Corbucci (1984)
- King David, regia di Bruce Beresford (1985) – non accreditato
- Salomè, regia di Claude D’Anna (1986)
- Luci lontane, regia di Aurelio Chiesa (1987)
- Oltre ogni rischio, regia di Abel Ferrara (1989)
- Gioco al massacro, regia di Damiano Damiani (1989)
- Revenge – Vendetta, regia di Tony Scott (1990)
- Havana, regia di Sydney Pollack (1990)
- Money – Intrigo in nove mosse, regia di Steven Hilliard Stern (1991)
- JFK – Un caso ancora aperto, regia di Oliver Stone (1991)
- Sonny & Pepper – Due irresistibili cowboy, regia di Gregg Champion (1994)
- Mela e Tequila – Una pazza storia d’amore con sorpresa, regia di Andy Tennant (1997)
- Amistad, regia di Steven Spielberg (1997)
- The Yards, regia di James Gray (2000)
- Traffic, regia di Steven Soderbergh (2000)
- Washington Heights, regia di Alfredo De Villa (2002)
- The Lost City, regia di Andy Garcia (2005)
- La Fiesta del Chivo, regia di Luis Llosa (2005)
- Roma nuda, regia di Giuseppe Ferrara (2013)
- Fugly!, regia di Alfredo De Villa (2014)
Televisione
- Una donna poliziotto – serie TV, episodio Fiesta at Midnight (1958)
- The Millionaire – serie TV, episodio Louise Benson Story (1959)
- L’uomo, regia di Vittorio Cottafavi – film TV (1964)
- Miami Vice – serie TV, episodio 2×09 (1985)
- Un Giustiziere a New York – serie TV, 2 episodi (1985-1987)
- Una casa a Roma, regia di Bruno Cortini – film TV (1988)
- Agente speciale Kiki Camarena, regia di Brian Gibson – miniserie TV (1990)
- Voglia di vivere, regia di Lodovico Gasparini – film TV (1990)
- Avvocati a Los Angeles – serie TV, episodio The Gods Must Be Lawyers (1991)
- Frannie’s Turn – serie TV, 6 episodi (1992)
- La signora in giallo (Murder, She Wrote) – serie TV, episodio 8×19 (1992)
- Screenplay – serie TV, 1 episodio (1992)
- Nails – Un poliziotto scomodo, regia di John Flynn – film TV (1992)
- Matrimonio d’onore, regia di John Patterson – film TV (1993)
- Marilyn e Bobby – L’ultimo mistero (Marilyn & Bobby: Her Last Affair), regia di Bradford May – film TV (1993)
- Il fuoco della resistenza – La vera storia di Chico Mendes (The Burning Season: The Chico Mendes Story), regia di John Frankenheimer – film TV (1994)
- Oz – serie TV, episodi 1×02–1×06 (1997)
- Law & Order – I due volti della giustizia – serie TV, stagione 10, episodio 24 Diritto indiscutibile (2000)
- Arturo Sandoval Story (2000) regia di Joseph Sargent
- UC Undercover – serie TV, episodio Of Fathers and Sons (2001)
- The Cuban Hamlet – Storia di Tomas Milian, regia di Giusepe Sansonna – documentario (2014)
Cortometraggi
- Ambush, regia di John Frankenheimer (2001)
Sceneggiatore
- La banda del trucido, regia di Stelvio Massi (1977)
- La banda del gobbo, regia di Umberto Lenzi (1978)
- Roma nuda, regia di Giuseppe Ferrara (2013)
Teatro
- Maidens and Mistresses at Home at the Zoo, regia di Arthur Sherwood (1958)
- Il poeta e la musa, regia di Franco Zeffirelli (1959)
- La notte dell’iguana, regia di Frank Corsaro (1960)
- Arrivo a Roma, regia di Giancarlo Menotti (1961)
- L’isola, regia di Fabio Mauri (1964)
- Evaristo, regia di Ruggero Jacobbi (1965)
- Lovers and Keepers, regia di Maria Irene Forbes (1986)
- Suenos, dreams desire and desperation, regia di Ruth Maleczech (1989)
- La morte e la fanciulla, regia di Robert Egan (1994)
- One for the Road, regia di Maria Banda Rodaz (1997)
- Il bacio della donna ragno, regia di Roberto Prestigiacomo (2000)
Discografia
Singoli
- 1967 – La piazza/Il cavallo bianco (CBS Italiana 3099)
- 1968 – Espanto en el corazon (CAM AMP 46)
- 1970 – Presto presto scusa scusa/Un libro…una storia (DTP 54)