Domenico Astuti presenta il romanzo Grand’Hotel Des Bains
Modera l’incontro Giuseppe Furno ( scrittore e sceneggiatore )
LIBRERIA SHAKESPEARE & CO. Via dei Savorgnan 72 Roma
VENERDI 28 MARZO ore 18,30
Cosa fare quando si perde la capacità di adeguare l’ambiente che ci circonda alle proprie necessità. Mattéo Fortis decide di tornare dopo anni di nomadismo nel luogo in cui i ricordi hanno avuto la prima casa e possono essere più concilianti. Con la fugacità del latitante, torna dove tutto è iniziato e dove tutto può prendere luce. Rientra nella sua città, alloggia al Grand’Hotel des Bains, il più europeo degli alberghi europei. Tra amori facili e amori impossibili, tra rivoluzionari sconfitti e figli di papà, tra disperati e donne borghesi mentre si consuma una tragedia collettiva. E anche in questo mondo Mattéo è sempre uno di passaggio, straniero dappertutto. Vuole ricucire alcuni fili col passato e ogni cosa sarà possibile, menzogne, avventure, utopie, grandi paure. Tutte, per riconciliarsi in un ultimo sogno.
I commenti su IBS.IT
Grand’Hotel des Bains è un romanzo originale, tutt’altro che consolatorio, forse non perfettamente a fuoco ma vitale e lontano dalla narrativa corrente e dai modelli di consumo abituali. Dei referenti, si potrebbe accostare ai lavori di Bolano. Pur facendo salva l’originalità e l’irriducibilità agli schemi correnti, il romanzo però non è esente da difetti e passaggi meno convincenti. Vorrei scrivere qualche parola sui meriti di questo romanzo, sugli aspetti che ne garantiscono originalità e felicità espressiva. Lo scenario, in primo luogo; la città – anonima perché molteplice, e sfuggente – in cui si svolge la storia e che, con una trovata allegorica di rara efficacia, ingloba e riconduce agli angoli più caratteristici, gli aspetti emblematici di molte delle città più importanti d’Europa. Trasformandosi in una sorta di metafora della globalizzazione e, con la sua compresenza di alto e basso, il recupero e l’accostamento di materiali di origine diversa, attraverso un mise en abyme, diventa ” figura ” del post moderno a cui il testo appartiene. E all’interno della città, l’Hotel Des Bains – una sorta di edificio-mondo, dai tratti onirici in cui tutto può succedere. Qualche parola sul protagonista: sfumato, ambiguo ( segnato anche dal suo utilizzare un eteronimo – Alì La Pointe/ Mattéo Fortis ), appare l’ultima incarnazione di una serie di personaggi in balia degli eventi, dallo schlemil di Pynchon con il gusto per il pastiche, il tono apocalittico, lo stile debordante, come del grigio viveur di Houellebecq.
G. Grandi
Grand’hotel des bains è un romanzo intenso, a tratti visionario, che attraverso il ritorno di un uomo nei luoghi e alle persone del suo passato, tratteggia un universo distopico, nell’immensa costruzione dell’hotel nei cui corridoi, stanze e sottotetto vive e muore un’umanità gremita, a tratti grottesca ma sempre credibile, a volte toccante. E’ un testo difficile ma per molti versi riuscito ed anche convincente. Romanzo ambizioso, coraggioso e da questo punto di vista encomiabile. Abbina stili e registri diversi – dal tono distaccato, a quello intenso, dall’intuizione sottile a quello teso del romanzo d’azione. Il racconto di un rigurgito di eversione accostato alla riscoperta della paternità; gusto dell’affabulazione e per la citazione colta posta accanto alla scepsi psicologica per costruire, tassello dopo tassello, un affresco di grande forza visionaria che ha forse l’unico limite di apparire un poco allentato e troppo trattenuto.
A.
Grand’Hotel Des Bains ricorda in parte Hotel Savoy di Joseph Roth, mentre il protagonista Mattéo Fortis ha un carattere che ricorda il Franz Tunda di Fuga senza fine. Come Alexandra ricorda Stasia, e Sergi l’anarchico Zvonimir. Lo stile ricalca certe forme dell’espressionismo mitteleuropeo, con la linea narrativa spezzata, momenti alti e profondi e momenti bassi e di pura azione, alternanza di tenero e spietato, analitico e superficiale. Da questo romanzo emerge tutta la violenza individuale e collettiva di un Europa disperata e desolata, ai limiti di una decadenza ormai evidente. Certo il tutto sembra riflesso in uno specchio deformato e postmoderno. Ma la lettura è scorrevole e intrigante anche se in alcuni momenti è troppo denso e un po’ elusivo. Immagino sia un’opera prima o quasi e quindi cade nel classico errore dei debuttanti, troppe cose da raccontare. Uno scrittore di maggiore abiità ne avrebbe potuto ricavare due se non tre storie per romanzi.
Fernando Cammisa.
Scritto con la maturità di chi ha visto molto e si pone come osservatore e non come giudice; e questo osservatore si traspone nel protagonista che gira il mondo e vive il mondo come se non ne facesse parte e questo suo vivere e vedere distaccato gli permette di cogliere tutte quelle sfaccettature che distinguono gli uomini; in una sorta di medicina olistica, per star bene con se stesso dovrà affrontare i mali di tutte le persone che lo circondano. Surreale, intenso, profondo e scorrevole.
Maurizio