Abbiamo visto “ Broken City “ regia di Allen Hughes.
Uno dei generi letterari e cinematografici che amiamo di più è il noir, si può confondere con il ‘ poliziesco ‘ in cui alla fine si scopre chi è l’assassino e la motivazione del ‘ pasticciaccio ‘ e poco di più. Invece il noir ha le sue radici nell’Hard-boiled, nato negli Usa agli inizi degli Anni Trenta, e il cui scopo non è soltanto di raccontare e risolvere un ‘ caso ‘, ma di raccontare un ‘ mondo ‘ corrotto, fatto di potenti che hanno passati assai dubbi e segreti inconfessabili; raccontano una realtà su cui riflettere e semmai prendere una posizione ‘ politica ‘. Il personaggio principale non è un eroe, ma è un Uomo che conosce la vita, sa quando rischiare e perché farlo, senza pensare fino in fondo alle conseguenze; e spesso senza avere alcun finale consolatorio. Parecchi di noi, da giovani, hanno letto Cornell Woolrich o Dashiell Hammett o Raymond Chandler, molti di noi hanno visto film come “ Il mistero del falco “, “ Il grande sonno “, “ Marlowe indaga “, “ La sposa in nero “. Decine, se non centinaia, di film di un genere amato da tutti ( pubblico e critica ) perché pur raccontando in modo non ideologico il bene e il male lo fa con precisione di un chirurgo e non cerca applausi o complici. E così hanno fatto i discepoli europei da Georges Clouzot ( “ Vite vendute “ e “ I diabolici “ ) a Jacques Becker ( “ Il buco “ ) a Josè Giovanni ( “ Ultimo domicilio conosciuto “ fino a Melville ( “ Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide ) e a Deray “ Rapina al sole “. Questo genere ci ha trattato spesso bene e ci ha viziato, uno per tutti, “ Chinatown “ di Polansky, quindi facilmente riusciamo a capire le intenzioni e il prodotto finale di un film come “ Broken city “. Purtroppo Allen Hughes ( senza fratello gemello e lontano da sette anni dal set ) ha realizzato un film di puro genere, senza sorprese, convenzionale e con un intreccio narrativo prevedibile e scontato; forse se l‘avesse ambientato negli Anni Cinquanta del secolo scorso la grande corruzione sarebbe stata più credibile e così il tessuto sociale intorno all’uomo di potere, poi, se invece di una qualsiasi speculazione edilizia avesse inserito il controllo dell’acqua della città di New York sarebbe riuscito dove non è riuscito. Comunque c’è una regia secca e concreta, senza lentezze o sottoplot inutili, c’è un ottimo montaggio e soprattutto un trio di attori veramente notevole ( Mark Wahlberg –nel ruolo di investigatore privato -, Russel Crowe in quello del sindaco simpatico e spietato e Catherine Zeta-Jones, in un ruolo minore e di cui avremmo voluto sapere qualcosa in più ).
Il film inizia con un’introduzione in parte troppo detta e in parte inutile, un poliziotto uccide un ragazzo, viene indagato ma il giudice decide di non procedere. E’ convocato dal sindaco Hostetler che gli chiede di dimettersi nonostante tutto. Passano sette anni e Billy Taggart fa il detective privato, è bravo ma non riesce a farsi pagare dai clienti; convive con una giovane donna che fa l’attrice e che senza accorgersene si sta allontanando da lui. Poco prima delle elezioni del sindaco, Hostetler, che vuole essere rieletto, lo convoca e lo ingaggia per indagare sulla moglie che teme lo tradisca, Billy invogliato anche dai venticinquemila dollari d’anticipo accetta e s’infila quasi ingenuamente in una trappola. Tutto sembra all’inizio un classico tradimento e invece… giochi di potere… corruzione… complicità in un omicidio se non due e che vedrà il nostro protagonista fare i conti con il suo passato – e con ciò di cui è debitore – e i ricatti del potente di turno. Il film aveva anche un altro punto di fuga a suo favore – ma il regista non sembra essersi avventurato in questa direzione – lo “ scontro “ tra i due protagonisti, “ il buono “ confuso, ombroso e durissimo, “ il cattivo “ simpatico, pratico e anche lui durissimo. E nemmeno lo sceneggiatore è riuscito nel descrivere con chiarezza le tipologie dei due protagonisti, l’uno cattolico, moralista, di destra, obbediente al potere e senza bisogno di redenzione, l’altro invece un uomo fine a se stesso e cioè al gusto di gestire il potere senza alcun riguardo per nessuno. Quindi due ottime interpretazioni ma fine a se stesse e non alla coralità del film, con una sceneggiatura che segue con diligenza gli stilemi del genere ma senza trovare mai una profondità o un’originalità di genere.