Sarà davvero Happy End, vincitore annunciato del Festival di Cannes 2017, a portarsi a casa la Palma d’Oro, il prossimo 28 maggio?

Cannes 2017 si farebbe di certo un bel regalo, per il suo 70mo compleanno: diventando l’unico festival internazionale dove un regista ha vinto per ben tre volte il primo premio.

Nel caso particolare, il trionfatore sarebbe Michael Haneke, austriaco nato in Germania (peccato…) ma con una fortissima liaison con la Francia (meno male…): alle due Palme d’Oro vinte con Il nastro bianco (2009) e Amour (2012), vanno aggiunti il Grand Prix speciale della giuria per La pianista (vinsero anche i suoi due attori, Isabelle Huppert e Benoit Magimel) e quello per la regia di Niente da nascondere. Insomma, tra lui e Cannes è davvero amore…

Andrà proprio come da copione, allora? O uno degli altri 18 film in concorso (in tutto quest’anno sono 19, 2 meno del 2016) riuscirà a far saltare le previsioni?

Ecco qui sotto cosa bisogna assolutamente sapere dei 19 film in concorso di Cannes 2017: speriamo che la Palma d’Oro, il prossimo 28 maggio, vada al migliore.

 

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120 BATTEMENTES PAR MINUTE di Robin Campillo: il regista è lo sceneggiatore di Laurent Cantet, con cui ha vinto la Palma d’Oro con La classe, film con studenti che interpretavano magistralmente se stessi. Di suo ha diretto Eastern Boys, premiato a Venezia 2013, e adesso racconta l’Aids, seguendo Act Up, associazione che negli Anni 90 del film cerca di assistere i giovani malati.

AUS DEM NICHTS di Fatih Akin: che combinazione succulenta, quella tra il regista turco/tedesco più punk in circolazione e la tedesca più fashion del pianeta. Lei è Diane Kruger (per la prima volta recita nella sua lingua) che promette di sorprenderci: altro che Elena di Troy, la regina dei red carpet è la vedova/vendicatrice di un marito e un figlio morti in un attentato terroristico.

GEU-HU di Hong Sangsoo: primo film coreano in concorso (l’altro è Okja), regista amatissimo dai francesi, storia minimal in una piccola casa editrice dove arriva una nuova impiegata, che scopre presto di aver occupato il posto dell’amante del suo capo. La moglie di lui scopre un biglietto d’amore al marito e…

GOOD TIME di Benny e Josh Safdie: due fratelli dietro la macchina da presa, nuovi genietti del cinema indie americano (niente Hollywood di serie A quest’anno: il massimo è Sofia Coppola), e Robert Pattinson e la Tarantino’s Girl Jennifer Jason Leigh davanti. La storia? Una rapina che comincia male e prosegue peggio. Dicono si rida anche. Certo è che Robert Pattinson vuol far davvero dimenticare Twilight!

HAPPY END di Michael Haneke: ma perché lo danno come vincitore annunciato? Un po’ perché Haneke non torna mai a casa dalla Croisette a mai vuote, un po’ perché la storia della famiglia francese di Calais sconvolta dall’incontro con i nuovi migranti ci tocca tutti, un po’ perché nel cast ci sono i mostri sacri Jean-Louis Trintigant (che si era ritirato ed è tornato sul set apposta) & Isabelle Huppert (padre e figlia nel trionfale Amour)… Insomma, come fai a non premiarlo?!?

 

 

 

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HIKARI di Naomi Kawase: il titolo giap significa radiosità e il film racconta una love story dove gli occhi contano moltissimo. Quelli di lui, cameramen, sono pigri, deboli. Quelli di lei, le servono per tradurre i film nel linguaggio dei ciechi. La regista giap più affezionata a Cannes in assoluto, da quando a 27 anni divenne il più giovane vincitore di sempre della Camera d’Or, il premio che qui danno al miglior esordiente.

JUPITER’S MOON di Kornel Mundruczo: dopo i cani che prendevano il controllo di Budapest (White God), la storia del migrante illegale 17enne che cerca di passare il confine con l’Ungheria, viene centrato da un proiettile e inizia a volare… Letteralmente.

KROTKAYA di Sergei Loznitsa: il regista ucraino racconta la triste storia di una donna, sola, che vive in un villaggio e che un giorno riceve indietro il pacco che aveva mandato al marito, in carcere. Perché? La donna indaga… Testatarda anche se il titolo è traducibile con “Una donna dolce”.

L’AMANT DOUBLE di François Ozon. Giusto per tirare su un po’ il morale, un bel (sulla carta) thriller sul furto di vita/identità/personalità (per prepararsi a Roman Polanski e al suo Da una storia vera, che però è Fuori concorso). La ragazza Marine Vacth chiede aiuto allo psichiatra Jérémie Renier: i due si innamorano, ma lui nasconde molto nel suo inconscio… C’è anche la sempre bellissima Jacqueline Bisset.

LE REDOUTABLE di Michel Hazanavicius: il regista è quello di The Artist (c’è anche qui sua moglie, Berenice Bejo), il protagonista è “il sacro intoccabile” Jean-Luc Godard, raccontato a cavallo tra il Maggio ’68 e La cinese, il suo film maoista che non piacque ai maoisti cinesi. Il fatto è che è tratto dalla biografia di sua moglie (di allora) Anne Wiazemsky, che racconta se stessa e lui visto con gli occhi di lei. Polemiche assicurate. Lui è Louis Garrel (molto più bello dell’originale), lei Stacy Martin (diversa ma non così tanto). Il titolo è il nome del sommergibile atomico francese che i due innamorati citavano spesso… Però la locandina è bellissima.

NELYOBOV di Andrey Zvyagintsev: genitori litigano per via del divorzio e il figlio scappa, costringendoli a unire le forze per cercarlo. Il titolo significa senza amore e il regista, russo, ha un occhio pazzesco per gli spazi infiniti (vedere Leviathan, nomination all’Oscar), un po’ meno per il ritmo…

OKJA di Bong Jon-hoo: eccolo il coreano folle, che mette Tilda Swinton a capo di una multinazionale che finge di voler bene ai maialini, ma in compenso ne rapisce uno coreano gigante la cui padroncina si mette in testa di liberarlo. Follia pura, con anche Jake Gyllenhaal degno dei fratelli Marx e Paul Dano. È uno dei due film Netflix, contro cui hanno polemizzato i proprietari di cinema francesi (i film del festival, secondo loro, dovrebbero uscire in sala).

 

L'inganno/The Beguuiled di Sofia Coppola

 

 

 

RODIN di Jacques Doillon: Vincent Lindon è semrpe un bel vedere (sotto tutti gli aspetti) e qui interpreta il geniale ed erotomane scultore diviso tra la bellissima e piena di gioia di vivere Camille Claudel (Izia Higelin: segnatevela) e la severa compagna Rose. Indovinate quale delle due il mastro sacrificherà all’altare del proprio Io?

THE BEGUILED di Sofia Coppola: coraggiosa! Come suo padre Francis Ford non aveva paura di niente, così anche Sofia non teme i confronti e fa il remake di un film cult Anni 70 con Clint Eastwood soldato nordista assistito/fatto prigioniero/sacrificato in un collegio femminile sudista. La guerra civile riletta in chiave femminista, allora: e adesso? Al posto di Clint c’è Colin Farrell: le donne che “si prendono cura di lui” sono Nicole Kidman, Kirsten Dunst, Elle Fanning, Angourie Rice. In italiano è L’inganno, ma la traduzione sarebbe sedotto/intrappolato e il titolo dell’originale, in italiano, era La notte brava del soldato Jonathan (cercatelo!).

THE KILLING OF A SACRED DEER di Yorgos Lanthimos: il regista di The Lobster (lanciato a Cannes 2015, approdato alla nomination all’Oscar 2017), passa dalle aragoste a un thriller gotico/horror misteriosissimo, su un teenager e la sua famiglia. Con Colin Farrell, Nicole Kidman, Alicia Silverstone.

THE MEYEROWITZ STORIES di Noah Baumbach: famiglia strampalata (alla Tenenbaum?) si riunisce a New York per festeggiare il padre artista: il patriarca è Dustin Hoffman, la madre alcolizzata è Emma Thompson, poi ci sono Ben Stiller, Adam Sandler e anche Candice Bergen. Dietro a tutto questo, Netflix.

 

Dustin Hoffman ed Emma Thompson in The Meyerowitz Stories

 

 

THE SQUARE di Ruben Ostlund: tutto in un museo, con una misteriosa installazione e un tizio misterioso che attacca il curatore… Sono pazzi questi scandinavi… Anche se il regista, con Forza maggiore, aveva sfiorato l’Oscar.

WONDERSTRUCK di Todd Haynes: ci sono anche Julianne Moore e Michelle Williams, nel film del regista di Carol e Lontano dal paradiso, ma i protagonisti sono due ragazzini (Oakes Fegley ed Ekaterina Samsonov) che vivono due vite parallele, lui nella colorata New York Anni 70 e lei nella Big Apple black & white di 50 anni esatti prima. Si incontreranno: come? Da una graphic novel.

YOU WERE NEVER REALLY HERE di Lynne Ramsay: Joaquin Phoenix viene dall’inferno della guerra e si tuffa in quello della corruzione politica, quando un uomo molto potente gli chiede di salvare la figlia adolescente finita nel giro della prostituzione. La regista, inglese, non ci risparmierà nulla, come in … E ora parliamo di Kevin.

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