Abbiamo visto “ Che strano chiamarsi Federico “ regia di Ettore Scola.
Chi è Federico Fellini ? E’ un grandissimo bugiardo che attraverso la finzione crea un suo mondo fantasioso e profondo, meno ottuso e noioso. E’ un Pinocchio che scappa dalla vita adulta per rimanere all’età del sogno. E’ un ragazzo provinciale etroverso, inquieto e a volte annoiato. Ma è anche un autore profondissimo e sofferente che fa dire al suo alter-ego Guido in 8 ½ : ma che cos’è questo lampo di felicità che mi fa tremare, mi ridà forza, vita? Vi domando scusa, dolcissime creature; non avevo capito, non sapevo. Com’è giusto accettarvi, amarci. E come è semplice! Luisa, mi sento come liberato: tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare. Ma non so dire… Insomma è stato colui che ha fatto commuovere e sognare gli spettatori di quasi tutto il mondo raccontando la provincia italiana ( quella degli antieroi, dei conformisti, delle donne semplici e giunoniche, dei circhi e dei freaks italiani ) o la Roma della ricostruzione ( con gli uomini-intellettuali spesso in crisi col mondo: il Marcello de La Dolce Vita… Giulio di 8 ½… lo Steiner suicida sempre de La Dolce Vita… ) e facendo così è riuscito a raccontare piccole-grandi storie ( “ Lo sceicco Bianco “, “ I Vitelloni “, “ Cabiria “, “ La strada “ ) rendendole cosmiche. Un regista mito che ha ottenuto ben 5 Premi Oscar e riconoscimenti in tutto il mondo. E lo troviamo anche nel vocabolario, e non solo italiano, come inventore di parole come Paparazzo, Vitellone… O con termini come Fellinesco, Personaggi felliniani o con affermazioni comuni come “ La Dolce Vita “.
Ci ha lasciati giusto vent’anni fa, il 31 di Ottobre. E un po’ è come se ci avesse lasciato il Ventesimo Secolo con i suoi modi di vivere, con il suo modo di vedere le cose, di ridere e pensare e soffrire. Pensare a Fellini è come immaginare qualcosa che non potrà mai esserci più, qualcosa che purtoppo appartiene alla Storia ma non più al comune senso del sentire. E come se volessimo pensare ad un legno di mogano in un luogo di plastica. Addio al Circo, addio ad un certo tipo di persone semplici e vere, addio ad un Secolo che non si riconosce più.
Adesso un ottimo regista di ottant’anni come Ettore Scola, amico di lunga data di Fellini e come lui estraneo al mondo di oggi, si cimenta a raccontare una parte della vita di Federico. E gira il docu-fiction “ Che strano chiamarsi Federico “, verso dell’altro Federico, Garcia Lorca. Racconta l’arrivo a Roma nel 1939 e la sua assunzione al giornale Marc’Aurelio ( un blocco troppo prolisso e lungo in cui c’è anche lo Scola liceale e mezzo Cinema italiano del futuro ), un secondo blocco in cui si vedono Federico e Ettore girare assieme in auto di notte alla ricerca di esseri umani che possano stimolare la fantasia e allontanino la noia di Fellini, e poi i provini per il film Casanova ( in cui si vedono degli improbabili Sordi, Tognazzi e Gassman che potrebbero avere la parte ). Insomma un viaggio nel tempo, frammenti, ricordi, immagini di repertorio, ricostruzioni che provano a raccontare il Maestro e il suo mondo fantastico, senza andare mai nel privato ( Giulietta e le altre tante donne, la morte del figlio Federico, la psicanalisi ), ma purtroppo senza riuscire a riprodurre quel mondo, quella magia, quel fascino . E quando all’inizio Scola prova a ricrearlo, riprendendo un Fellini di spalle che seduto guarda il mare sulla spiaggia e osserva vari personaggi da circo, l’effetto è scadente e tornano in mente di rimando le struggenti e grottesce scene del film I clowns. Chiude il film, una carrellata di sequenze tratte dalle opere che hanno reso celebre Federico Fellini.
Forse perché le intenzioni di Scola erano altre da quelle attese dal vostro recensore ma abbiamo trovato l’opera senza brio, senza fatti nuovi, senza empatia emotiva. Infatti ha dichiarato il regista “ Questo non è un film e non è un documentario. Non volevo ricordare Federico a 20 anni dalla sua morte con la solite sillogie di repertori. Anche chi non ha visto un suo film, così come succede con le poesie di Leopardi, è come se lo conoscesse, vive nel mondo che lui ha fatto di tutto per rendere più vivibile e più bello. Nel film non c’è il tentativo di ricostruire certe emozioni della sua visionarietà, ma posso dire che è composto da angoli, come rispecchia bene la scenografia di Luciano Ricceri fatta di piccoli ambienti attigui. Non sono necessariamente consequenziali o in ordine cronologico, ma sono i luoghi di alcune emozioni provate durante quasi 50 anni di conoscenza con Federico ”. Ma quello che ci dice è un po’ come se sapessimo che c’è una donna bellissima e quando ce la presentano è struccata, nervosa, pensierosa.
Il docu-fiction ha la voce narrante di un attore ‘ felliniano ‘, Vittorio Viviani, la fotografia è di Luciano Tovoli e le musiche di Andrea Guerra.