Abbiamo visto “ Chef – la ricetta perfetta “ regia di Jon Favreau.
Jon Favreau è un attore ( Hoffa, Batman Forever… ), sceneggiatore ( Swingers, Fatto ), regista ( Iron Man uno, due e tre ), ed anche produttore, doppiatore e soprattutto attore comico. Un professionista del cinema americano fuori controllo e dalla carriera varia, ondivaga, un po’ sconclusionata, che forse con questo film cercava di trovare un suo peso specifico. Certo vedendo il suo film non verrà inserito nell’Enciclopedia del Cinema. Adesso mettendo assieme tutte le sue professionalità, scrive dirige, produce e interpreta questo film estivo, grazioso, in alcuni momenti divertente, dalla costruzione narrativa scombiccherata e dal finale happy end un po’ vecchiotto e quindi noioso più che prevedibile. Lui interpreta il cuoco Carl Casper, potrebbe sembrare il fratello del compianto James Gandolfini, simpatico, ciccione, bonario e gran gourmant; un ruolo che si è costruito addosso con affetto e credibilità. La sua ex ( improbabilissima ) moglie è interpretata dalla bellissima Sofia Vergara e in parti marginali troviamo l’attore più pagato di Hollywood Robert Downey jr, altro ex marito della Vergara, il grandissimo Dustin Hoffman, ottuso proprietario del ristorante in cui lavora il nostro chef, Scarlett Johansson, pubblic relation del ristorante ( quasi innamorata di lui ), Oliver Platt nel ruolo del critico che lo demolisce e poi lo aiuta, i bravissimi caratteristi Bobby Cannavale e John Leguizzamo e il piccolo Emjay Anthony, nel ruolo del figlio.
Dicevamo un film dalla scrittura un po’ confusionaria e approssimativa, dove tutto viene dato per dato e scivola via su ciò che potrebbe essere importante; infatti, pur basandosi sulla vita di un cuoco poco compreso, l’autore della trama non decide in che direzione andare oppure preferisce prendere molte direzioni rimanendo sul vago. Sicuramente è un film on the road, ma tratta anche del rapporto di coppia non scoppiato anche se da separati, il rapporto di un padre poco presente con il figlio, il conflitto della creatività culinaria con l’ottusità del mercato, il rapporto tra cuoco e assistenti, il rapporto condizionante dei social network, pubblicità in primis ma anche per i rapporti umani, e varie altre cose. Un insieme troppo frammentato e superficiale che risulta difficile distinguere. I due ingredienti di fondo, il tema tra cucina e social, si ritrovano essere trattati con approccio leggero e superficiale confondendo il tutto nella stessa melassa. Tuttavia è un film garbato, scorrevole, senza pause, in cui si sorride e tenendo presente la carenza di film nel periodo estivo non possiamo che consigliarlo se si hanno due ore libere e si vuole stare in una sala cinematografica.
Carl Casper è un cinquantenne separato da una moglie belissima e sempre elegantissima, Inez, manager cubana e figlia di un famoso cantante di salsa, lui vive per il suo lavoro senza particolari conflitti esistenziali. E’ un cuoco dal gran talento, dieci anni prima era uno chef dalle grandi possibilità professionali, ma adesso è solo un buon cuoco di un buon ristorante di Los Angeles. Proprio questa sera verrà un critico culinario importante che potrebbe lanciarlo nuovamente. Lui si impegna allo spasimo ma incredibilmente accetta l’ordine del proprietario del ristorante di lasciar perdere l’estro e le novità e di fare il solito menu che piace al pubblico. Naturalmente è un piccolo disastro e la recensione lo affossa. Allorta litiga con il critico e con il suo datore di lavoro, perde fama ed anche il lavoro. Rimasto da solo e senza prospettive inizia a recuperare il rapporto con il figlio e, dopo un viaggio a Miami, decide di ripartire da zero aprendo un Food Truck ( un camion circolante su cui si cucina cibo cubano che viene venduto per strada ). E’ il suo modo per ritrovare il tempo perduto, l’espressività culinaria smarrita e sentirsi felice e libero di cucinare di nuovo.
In compagnia del suo fidato assistente latino e con il figlio parte da Miami per un giro nel sud degli States per giungere infine a Los Angeles. Naturalmente il suo cibo è fantastico e l’aiuto del figlio – che a dieci anni ci sa fare con i Social Network divenuti ormai semplici portali di incontro e web-marketing, e-commerce, che noi chiamiamo ancora pubblicità – riesce a riprendersi alla grande fino all’happy end finale professionale e affettivo.
Una nota a merito è il background culinario del protagonista che cucina e ci fa assistere alla preparazione dei piatti più vari, da un semplice primo di spaghetti, alla preparazione di un rollè fino a quella della yucca fritta e dei panini cubani. Quindi il film può essere pericoloso per chi ingrassa alla sola vista del cibo e per chi vuole un pretesto per mangiare qualcosa di troppo e grasso.
Nonostante l’ottimo cast ( in fondo sprecato anche per piccoli ruoli ) e l’ottima troupe il film risulta un tentativo poco riuscito, in cui tutti gli spunti, anche quelli più originali, vanno un po’ a vuoto. Tuttavia raccontare l’arte culinaria non è una cosa semplice e in questo caso l’abilità del direttore della fotografia a far assaporare i piatti attraverso i colori distinti è uno dei meriti di questo film. Quello che resta impresso nello spettatore oltre al cibo è il simpatico cuoco, ingenuo, generoso e innamorato solo della cucina che vorrebbe fare.