Abbiamo letto “ Chi ha fatto quel film ? – conversazione con i grandi registi di Hollywood “ scritto da Peter Bogdanovich.
Peter Bogdanovich è un po’ il Cinema, nel senso più pieno del termine; studente di recitazione a sedici anni con Stella Adler ( la stessa di Marlon Brando ), attore in teatro a diciassette, regista teatrale off Broadway a diciotto, a cavallo tra i Sessanta e i Settanta intervistatore di grandi registi e attori degli Anni Cinquanta e scrittore di libri su registi che hanno fatto il mito del Cinema americano, a poco più di trenta, negli Anni Settanta, è diventato uno dei registi più importanti di quel decennio. E’ uno di quei personaggi innamorato del Cinema come pochi, un innamoramento freddo e viscerale allo stesso tempo. Amico o buon conoscente di tutti i protagonisti di Hollywood ( da Welles a Jerry Lewis, da John Ford a Raoul Walsh, da Hitchcock a Don Siegel ), ha anche scoperto attori come Jeff Bridges ( uno che avrà nella sua carriera sei nomination all’Oscar e ne vincerà uno ), Cybill Shepherd,, Randy Quaid e molti altri. E’ stato – come dicevamo – uno dei più interessanti registi di Cinema degli Anni Settanta – il suo debutto è avvenuto con “ Bersagli “ nel 1968, ma il secondo film è stato un piccolo evento mondiale “ L’ultimo spettacolo “, poi ha realizzato film, ai molti poco conosciuti, ma importanti come “ Paper Moon “, “ Vecchia America “ e “ Saint Jack “; tutti film che ripercorrevano i generi della Hollywood classica; ma è stato ed è uno dei più amorevoli e fini scrittori di Cinema americano.; memorabile e necessaria è stata l’intervista a Orson Welles, “ Io, Orson Welles “, come importanti sono stati, “ Il cinema secondo John Ford “, “ Il cinema secondo Fritz Lang “, “ Il cinema secondo Alfred Hitchcoch “, libri che dovrebbero leggere tutti i ragazzi che si avvicinano al Cinema come registi o come critici. Tre anni fa è uscito un intelligente, piacevole e godibilissimo libro “ Chi c’è in quel film ? “ in cui Bogdanovich mostra un affetto illimitato per il suo mondo del Cinema e una conoscenza assoluta di fatti e personaggi che racconta come fosse sempre stato lì a vivere in prima persona; fa dei ritratti commoventi e rigorosi di Humphrey Bogart, Stella Adler, Jerry Lewis, Sal Mineo, John Cassavetes e di altri venti miti del Cinema americano. Adesso esce in Italia il libro “ Chi ha fatto quel film “, ancora più mastodontico ( circa 1300 pagine – quasi un bagaglio a mano per le vacanze ), in alcuni punti forse un po’ logorroico, in cui Peter dopo essersi fatto la domanda su cosa resta del vecchio Cinema dei primordi e dei decenni successivi ( “ Certe cose sembra che non contino più – gli dice Warren Beatty – John Ford ? Chi è John Ford ? Elia Kazan ? Chi ? “ e scoppia a ridere ) , inizia a presentarci le vite di vari registi ( per coloro che non li conoscono ) e seguono le interviste che lui ha fatto dagli Anni Sessanta in poi. Bogdanovich ci appare come un filo della storia, ci collega a tempi e a luoghi che non ci sono più ma che grazie a lui vivono ancora. Leggere quello che scrive ci fa ritornare al tempo passato e ce lo rende vivo e reale. Quasi un collegamento col tempo senza tempo. Le interviste a volte solo classiche a volte molto mosse e originali, diversissime le une dalle altre come diversissimi sono i personaggi, e che personaggi !, gente che ha fatto nascere il Cinema, che ha resistito a difficoltà e crisi, ch e forse ha cambiato le coscienze e i valori di tutti noi. Inizia con Allan Dwan, un regista definito ‘ l’ultimo pioniere ‘, Welles dice “ Ha iniziato a dirigere quando hanno inventato la luce elettrica “, e infatti ha diretto il suo primo film nel 1909, il suo ultimo è del 1961 “ Most Dangerous Man Alive “. E’ lui che ha inventato il “ carrello “ e il minidolly “. Il secondo regista intervistato è il mitico e grande Raoul Walsh, un avventuriero dalla vita incredibile come incredibili erano quegli anni, a diciassette anni in Messico da solo, poi un anno vissuto come vacchero in Texas, quando inizia col Cinema fa l’assistente di David Wark Griffith – il più grande dei registi dell’epoca – collabora ai più importanti film “ La nascita di una nazione “ ( 1915 ) e “ Intolerance “ ( 1916 ), poi viene mandato in Messico a fare delle riprese a Pancho Villa e naturalmente rischia di essere anche ucciso. Walsh, l’uomo senza un occhio, l’uomo duro e scorbutico, amico e scopritore di John Wayne, di James Cagney, di Barrymore e della prima grande diva Gloria Swanson. La terza intervista è con il geniale e tetrissimo Fritz Lang, il più importante regista in Germania ( con Lubitsch ) prima dell’avvento del nazismo; il regista di “ Il dottor Mabuse “, “ M – Il mostro di Düsseldorf “ e del geniale “ Metropolis “, che il giorno stesso in cui Goebbels lo convoca per affidargli l’industria cinematografica del Terzo Reich lui dice prima di sì ma subito dopo, senza nemmeno passare per casa, prende il primo treno per la Francia e poi la nave per gli Stati Uniti. Poi è la volta della breve intervista al grandissimo Josef von Sterneberg, il regista de “ L’angelo azzurro “ e lo scopritore di Marlene Dietrich, un uomo geniale e fragile che come scrive Bogdanovich “ Non era una persona che invitasse l’affetto. Al contrario: lo sentii dire una volta che si sforzava di essere sgradevole, persino odioso, perché così la gente ti ricorda di più “. Poi tocca a Howard Hawks ( un’intervista di circa 220 pagine ), il regista snobbato dalla critica fino agli Anni Cinquanta ma che aveva diretto film come “ Acque del sud “ e “ Il grande sonno “ con Humphrey Bogart e “ Gli uomini preferiscono le bionde “ con Marilyn Monroe e Jane Russell. Quindi le interviste continuano con ‘ L’irlandese pazzo ‘ Leo McCarey ( “ La guerra lampo dei fratelli Marx “ ); il regista “ delle donne “ George Cukor ( “ Pranzo alle otto “, “ Donne “, “ E’ nata una stella “ ); l’ennesimo maestro Alfred Hitchcock che tutti conosciamo; il meno famoso Edgar G. Ulmer, ma una leggenda dell’underground ( “ Mi chiamo Giulia Ross “ (1945 ) forse il suo film più famoso ); il regista d Walt Disney Chuck Jones creatore di Bugs Bunny, Daffy Duck e Wile Coyote; il grande artigiano Don Siegel, “ l’intellettuale d’azione “ che tutti conoscono per film come “ Chi ucciderà Charley Varrick “ con Matthau, “ Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo “ e “ Fuga da Alcatraz “ con Eastwood ); Frank Tashlin, il regista di film comici con attori come Jerry Lewis, Dean Martin, Bob Hope, Doris Day; Robert Aldrich, uno zio di Tarantino, autore di film cupi e duri come “ Quella sporca dozzina “, “ Nessuna pietà per Ulzana “, “ I ragazzi del coro “; e per concludere, l’ultima intervista è con Sidney Lumet, morto pochi mesi fa, autore di film come “ La parola ai giurati “ con Henry Fonda ( un film che passa spesso in tv e che consigliamo la visione ), “ Quel pomeriggio di un giorno da cani “, “ Quinto potere “.
Per chi ama appassionatamente il Cinema, questo è un libro da leggere e da gustare, è un perfetto connubio di storie di uomini, di idee, di aneddoti, di gossip, di come si fa il cinema e sul metodo di lavoro dei registi. Vogliamo concludere sul libro con l’ultima battuta, detta da Bogart ne “ Il falcone maltese “: Roba di cui sono fatti i sogni ( citazione da Shakespeare ).