Abbiamo visto “ Cold war “ ( Zimna wojna ) diretto da Pawel Pawlikowski.
con Tomasz Kot, Joanna Kulig, Borys Szyc, Jeanne Balibar, Agata Kulesza. Scritto da Pawel Pawlikowski e Janusz Glowacki, fotografia di Lakasz Zal, montaggio di Jaroslaw Kaminski. Durata 89 minuti, Produzione Gran Bretagna, Francia, Polonia. Distribuzione Lucky Red, 2018.
Una storia d’amore maudit ai tempi della guerra fredda, un’immersione formale ed estetica in un cinema dei tardi Anni Cinquanta, in bianco e nero, con un formato quasi quadrato, in 4:3 e ottimamente fotografato da Lakasz Zal che ci riporta un po’ al primo Polansky, ad Andrezej Wajda e Andrzej Munk. Una storia che ci racconta le lacerazioni individuali dei due protagonisti e un conflitto interiore dettato dallo smarrimento e dai buchi neri della coscienza. Anche l’attrice sembra venire da lontano, ricorda un po’ Anna Schygulla e un po’ le attrici dell’est europeo di un tempo. Questa volta però Pawel Pawlikowski ( Last resort, My Summer of Love, e il premio Oscar, Ida ) cambia radicalmente registro registico e passa a inquadrature fisse, con una narrazione divisa in quadri brevi che lasciano svariate domande nello spettatore; una narrazione che va a volte per ellissi temporali e di luoghi lontani tra loro ( Varsavia, Berlino, Parigi, i Balcani ), con una geometria esteticamente quasi perfetta ma in cui la passione amorosa dei due amanti appare sempre trattenuta e con poca aria. E alcune domande che restano in chi vede il film diventano quasi necessarie quando alla fine sui titoli di coda il regista dedica ai genitori la storia quasi fosse personale.
Un ottimo film, in controtendenza, ma dal tono spesso uguale, e così poco esplicito da apparire impenetrabile, e su cui la forma espressiva prevale sulle psicologie dei protagonisti e sulle loro sofferenze interiori; infatti delle motivazioni dei tanti atteggiamenti contraddittori di lei, in questa danza immobile dei sentimenti, sappiamo soltanto da una frase che lei ha ucciso il padre ( “ Mi ha scambiato per mia madre e un coltello gli ha mostrato la differenza “ ) e da una breve confessione a Wictor, appena conosciuto, che per non restare in carcere è diventata una spia della polizia politica e deve controllare proprio il suo nuovo amore.
Siamo nella Polonia della fine Anni Quaranta, il direttore d’orchestra Wictor ( Tomasz Kot, visto in Pokot e Spoor di Agnieszka Holland e protagonista in circa trenta film negli ultimi quindici anni ) deve selezionare alcuni giovani cantanti per formare un gruppo di musica tradizionale polacca, ed è qui che conosce e si innamora immediatamente di Zula ( Joanna Kulig ( protagonista in Ida e in Agnus Dei di Anne Fontaine ) una ragazzotta che non sembra inizialmente avere grandi doti musicali e non sembra avere nemmeno alcuna ambizione professionale ma che lui sceglie e inserisce nel gruppo. Quindi per tutto il film c’è come protagonista anche la musica che procede quasi parallela al film, da quella tradizionale polacca al jazz degli Anni Sessanta fino a sentire sullo sfondo 24.000 baci di Celentano.
Wictor e Zula vivono assieme, ma al di là dell’amore che provano sembrano due mondi a sé, lui è di estrazione borghese, tranquillo di carattere e un po’ straniero ovunque si trovi, mentre lei è una spontanea proletaria, dagli atteggiamenti a volte sopra le righe, che vanno oltre una linea di demarcazione, ma la loro carriera procede con successo, portano il loro spettacolo fino a Berlino e Wiktor decide di passare dall’altra parte del mondo e lo fa anche se Zula non si presenta all’appuntamento per scappare assieme. Lui intraprende una carriera di musicista jazz nelle cave parigine e dirige musica per film, lei diventa la star del gruppo musicale. Nonostante si amino, lui intraprende una relazione con una poetessa francese mentre lei sposa un palermitano e passa del tempo in Italia ( ma questa parte è solo detta ), ma i due si ritroveranno negli anni in vari luoghi d’Europa, a Parigi dove riprenderanno la relazione sempre in modo tumultuoso, in Jugoslavia, dove lui la raggiunge per vederla sul palco ma verrà arrestato in teatro e messo su un treno che lo riporta in Francia, in Polonia, dove lui viene arrestato, torturato come spia e condannato a quindici anni di carcere; sarà poi lei, dopo qualche anno, a farlo liberare e ritornano a vivere assieme per un finale drammatico e forse un po’ inaspettato.
Voto 7 e mezzo