Un ragazzo indiano
È arrivato in spiaggia un ragazzo indiano e piangeva. Piangeva avanti e indietro sul bagnasciuga senza pace. Poi s’è appoggiato a una roccia e anche lì senza pace piangeva. Gli si avvicinano in molti e chiedono: «Perché piangi? Cosa ti è successo?» E lui spiega che ha perso il portafogli col guadagno della giornata (i parei venduti, le pistole ad acqua, i racchettoni). Duecento euro c’erano dentro. «Mi è caduto in mare! Era in tasca, ora non c’è più!» E piangeva. Due ragazzini hanno preso maschera e boccaglio e si sono buttati a cercare. Un altro ragazzo s’è tuffato a cercare. Il mare era pieno di chi cercava il portafogli del ragazzo indiano che intanto piangeva. Le madri non riuscivano a consolarlo. Figurarsi le nonne e le zie, o bagnanti di passaggio. Dopo un’ora tutto sembra perduto. Dal mare nessuna notizia. Il ragazzo piange e si lamenta col timbro del condannato a una sventura che cresce oltre il momento del portafogli smarrito. Forse prevede ritorsioni e violenze per il guadagno che manca; e piange. Finché il ragazzo che s’era tuffato ritorna gridando: «L’ho trovato!», e gli porge il portafogli bagnato marrone e il ragazzo indiano in lacrime abbraccia il ragazzo, e le madri e le nonne e le fidanzate abbracciano i due ragazzi, e tutta la spiaggia sollevata commenta: «Ah, meno male che l’ha trovato!» Poi il ragazzo indiano corre felice verso le scale, va via, ma una voce maschile lo ferma: «La prossima volta legalo bene!», e lui con gli occhi che ridono risponde: «Sì, sì».
Döner
Guardavo nella tv d’una monocamera berlinese il documentario Berlin Stunde Null (Berlino ora zero). Solo bombe sull’ex città di pietra, gli sfollati, le smorfie, i soldati sovietici. Il vicino di casa suonava una chitarra flamenca. Al governo dominava incontrastato il Kebab. Il costituzionale ma di prossimità rionale neppure scalfito dalla minoritaria opposizione di Würstel o aringhe Kebab era davvero un monarca che amava abbrustolirsi e lasciarsi masticare e inghiottire. Del Kebab troppo crudo dicevi «Roh!» e andavi oltre per la Quest, la Recherche del ben cotto democratico al servizio del popolo Döner Kebab. S’è mai visto un dominatore nel cui dominio sta il farsi mangiare? Di solito il dominatore divora. Attorno alla copula del pasto berlinese s’invertivano invece l’oggetto e il soggetto. La città s’apriva ai desideranti Kebab. Il desiderante non aveva vincoli etici. S’organizzavano persino seminari su Trockij nel ben lanciato inchiodato mondiale da Kreuzberg a Coyoacán stenditoio. Il simile a un Mitterand succulento con yogurt e cipolla Döner Kebab consentiva e sussumeva trockismo, bucharinismo, anarchia, la socialdemocrazia di acciughe e Falafel, l’ambientalismo di Moussaka e peperoni. Una ragazza di Bilbao s’addormentava sul futon dopo aver contato il salto di cento Kebab. Clonato per la democrazia del desiderante il Kebab era plurimo, risorgeva dalla masticazione. L’esito dell’ora zero novecentesca era un tollerante e lascivo seppure illuminista sempre consenziente al pasto dei nudi Kebab che girava sul Gyros e «non tramonta mai il sole», mi disse, «sul mio regno. Che è anche il tuo. Basta che lo desideri. Mangiami».
Finder
Calcolo di aver posseduto sette computer primari. Il più vecchio dei file, Tesina.doc, storicizzato in un’era che precede l’avvento di Berlusconi e la morte di mia madre, ha compiuto sei traslochi e ancora “è”.
Destato da ricerche distratte del Finder, a volte affiora Tesina.doc. Ventun’anni d’età. Il dormiente. Parla una lingua morta. A quali ingranaggi s’affida? Solo con Open Office accetta il dialogo. Nello stupore del mio schermo Tesina.doc es-plo-de. Affiora la lingua di qualcuno. Un ragazzo? Qualcuno prova a farsi capire. Incespica in uno stile che a me non interessa e promette:
«Esaminerò questo aspetto predominante della teoria di Humboldt attraverso la lettura dei suoi due scritti politici principali, le Idee per un saggio sui limiti dell’attività dello Stato e il Memoriale per una costituzione corporativa, cercando di evidenziare le differenze tra di essi, visto che furono elaborati in fasi molto diverse della vita dell’autore, ma anche i caratteri comuni ad entrambi e, su tutto, l’impostazione di Humboldt, la sua visione del mondo e della società, già pienamente dispiegata nelle Idee, che lo condusse poi ad alcune scelte che si direbbero consequenziali espresse nel Memoriale».
***
Esaminerò — questo predominio — attraverso — la visione — del Memoriale — le Idee – che si direbbero — predominanti — comuni — dispiegate — le differenze e i limiti — di Humboldt il saggio — ma in buona costituzione — predominante — egli — di carattere — autore.
Tesina.doc non dice se nacquero di notte, le righe. Se accanto dormiva un gatto. Se accanto dormiva una madre. Se era giorno, un disco dei Nirvana suonava. A Roma s’attendeva Zooropa. È di cattivo gusto mettere ChiEro di fronte a ChiSono, senz’avvertire. Solo Finder è capace di simili gaffes. L’idiota ostinazione di Finder lo porterebbe a scovare cadaveri, se nell’hard disk ve ne fossero. [ Nell’hard disk ci sono cadaveri, Finder li troverà ] Finder trova senza volere, persino. Non autorizzato. Si dice che a prescindere da Search, Finder scovi. Di tutto. Neanche più parla con Spotlight. Non ha bisogno che Spotlight l’inneschi. Finder è il disseppellitóre. Ha lo scafandro. Usa l’ossigeno della mia lingua, vent’anni e più in punto doc, in lettere e txt; ma quando l’espira m’intossica. Io intossico me, con la mediazione di Finder. L’io cadaverico lingua di ieri avvelena l’io odierno.
Finder sa me. Ha catalogato migliaia di volte — me. È il capitano dei backup. È il mastro di chiavi di Storage. Storage ha un padrone, ed è Finder. “Me” sta diventando .me. “Io” diviene .io. Infinitamente ChiSono risveglia ChiEro (dalla cuccia di Tesina.doc).
Finché entra Logout.
Un filosofo
– Insomma, come l’hanno denazificato quel tipo?
– Con la lavanda gastrica. Ha rigettato tutto il veleno. Un colore, un odore… Quasi corrodeva il tubo di plastica.
– E poi s’è calmato?
– Dal suo angolo miagolava: «Si vede che sono guarito? Dottore, il certificato! Posso aver figli? Mi autorizza a sposarmi, a figliare? È vero che non trasmetterò nulla? Che non è ereditario? Me lo prometta».
– E il dottore?
– Scuoteva la testa. «Non posso promettere», ha detto. «L’odio e il dolore infettano. Chi sbaglia propaga errori. Non posso promettere».
– Un uomo saggio.
– Quasi piangeva. Un filosofo.