Abbiamo visto “ Dopo l’amore “ regia di Joachim Lafosse.
Con Bérénice Bejo, Cédric Kahn, Marthe Keller, Jade Soentjens, Margaux Soentjens. Titolo originale L’économie du couple. Drammatico, durata 100 min. – Francia, Belgio 2016. – Bim Distribuzione uscita giovedì 19 Gennaio 2017.
Dopo l’amore è in fondo un titolo furbo, che funziona per il pubblico, ma non traduce l’essenza della storia; invece il titolo originale L’economie du couple risulta quello giusto e anche in fondo più originale. La storia invece assai teatrale ( si svolge praticamente in un appartamento non grande ma con un bel giardino ) vede lo scontro tra Marie e Boris quando l’amore tra loro è già finito da qualche tempo; due quarantenni che convivono ancora assieme perché lui non ha la possibilità e la voglia soprattutto di lasciare la casa. Il confronto però non è alla pari tra i due, per niente, tantomeno è un’analisi di una sconfitta di due innamorati; non è un film da scene da un matrimonio fallito e i due protagonisti – anche se ben delineati – non hanno la nobiltà o la viltà della sconfitta paritaria. Lei appare un po’ una vittima costretta da un lui che ha subito suo malgrado la fine di un amore e si ostina a restare a casa per un fatto meramente di soldi, un uomo che sembra non abbia molta voglia di lavorare ed è pieno di debiti. Lei invece è una donna che lavora, di estrazione borghese, che in pratica ha mantenuto negli anni la famiglia, lui invece quasi rivendica la provenienza da una famiglia povera, si arrangia con il lavoro di ‘ architetto ‘, almeno così dice lui, e in realtà vive sostanzialmente sulle spalle di lei, ed è arrivato a farsi prestare del danaro a strozzo senza poterlo restituire con le dovute conseguenze. Lei è esasperata, lo vuole fuori di casa, detta le condizioni di questa convivenza forzata e provvisoria, lui continua a essere se stesso con i suo limiti, accetta non sempre le condizioni di lei e pretende la vendita della casa e di fare a metà semplicemente perché l’ha ristrutturata. Lo spettatore tende a solidarizzare con lei ma anche a comprendere in parte lui nonostante l’insistenza nell’attaccarsi al denaro; tra i due in realtà non c’è alcun riconoscimento di aver investito nel loro amore e quindi quantificano amore, sacrifici e soldi in modo assai differente; l’investimento nella coppia e nel fare due figlie si riversa da parte di lei nel danaro profuso e in lui nei sacrifici fatti per migliorare la casa. Un film scritto bene ma senza colpi d’ala, si potrebbe dire un buon compitino politicamente corretto, un giro di trottola ripetitivo in alcuni momenti, ben diretto anche se in maniera convenzionale, inesorabilmente con una struttura ripetitiva e a momenti claustrofobica per la condizione di due esseri che sono costretti a convivere assieme per motivi differenti e noi spettatori restiamo in casa anche quando i due protagonisti fanno un fine settimana fuori o vanno a cercarsi un lavoro.
La storia inizia nel modo più naturale e banale possibile, Marie ( una brava e sfiorita Bérénice Bejo ) torna a casa con le due figlie gemelle di circa otto anni, inizia a preparare la cena e mette l’acqua nella vasca per il bagno serale delle figlie. Appare Boris, suo marito, ma invece di un saluto o di un bacio si sente lei che dice “ Che ci fai qui ? Non è il tuo giorno “ e lo dice con calma ma avendo uno sguardo tra il rabbioso e l’odio. Lui non accetta le regole che lei ha deciso e se ne frega, lei prepara la cena per tre, ma è lui a mangiare con le figlie e lei se ne va da un’altra parte della casa. Questo è tutto ciò che rimane in questa coppia che si è amata molto ed ha convissuto per ben quindici anni, ma adesso lei non prova più nulla per lui mentre l’uomo non si capisce bene, forse accetterebbe anche di convivere senza più amore. Sin da subito assistiamo a questa convivenza forzata, con scontri continui contenuti solo perché sono presenti le due bambine, a forme di rabbia reciproca, a litigi soprattutto per i soldi che lui chiede per andare via e che lei non gli vuole riconoscere. Tutto all’interno di una casa piacevole ma che si è trasformata quasi in un carcere, privi di qualsiasi sentimento se non fosse per le due gemelline Margaux e Jade ( le esordienti sorelle Soentjens ), che naturalmente e giustamente sono innamorate del loro padre e sono legatissime alla mamma. E dopo scontri costanti, litigi davanti agli amici comuni che comunque sembrano aver preso le difese di lei con imbarazo, finalmente la decisione più ovvia si concretizza.
Dopo L’Amore risulta alla fine un eterno scontro tra due persone che non si amano più, è prolisso in certi passaggi e nonostante la costruzione elegante e attenta non ha nulla di elegante, nemmeno un accenno di analisi psicologica, tantomeno è delicato o fa dei tentativi ricercati. Troppo monocorde e ripetitivo in cui i due protagonisti sembrano partecipare a una danza immobile.