Abbiamo visto Drive regia Nicolas Winding Refn.
Winding Refn è un autore di genere, danese, quarantenne di grande sapienza registica. Ha debuttato nel 1996 con Pusher, nel 1999 ha realizzato un piccolo delizioso film Bleeder, la storia di Lenny, commesso cinefilo in una videoteca, e Lea, cameriera in un fast-food; lei è incinta e lui inizia ad essere sedotto dalla violenza. Altri film sono Bronson del 2009 sul più famoso criminale inglese e i due seguiti di Pusher. E’ un piccolo grande regista che la critica sottovaluta, soprattutto quella italiana; ma questo può essere un merito. Sono gli stessi che se dovessero scoprire fra qualche anno che Refn è un nuovo Huston ci penserebbero due volte prima di fare venia. Adesso è stato chiamato negli Stati Uniti ed ha adattato il romanzo di James Sallis (pubblicato in Italia da Giano editore) riuscendo (quasi miracolosamente) a vincere con un film di genere il premio alla regia al Festival di Cannes 2011, battendo autori come i fratelli Dardenne, Malick, Kaurismaki, Almodovar. Il Presidente della giuria Robet De Niro ha dichiarato “E’ il miglior film dark che abbia mai visto”.
Winding Refn si può annoverare tra quei registi che raccontano la violenza “dolorosa” e sofferta ed è molto più vicino a Takeshi Kitano che non a David Cronemberg o a Clint Eastwood. Ha uno stile scarno, essenziale, un linguaggio originale, tenero e anche sentimentale, i dialoghi sono brevi e naturali e non sovrastano mai l’azione e la violenza diventa quasi metafisica proprio come nei film di Kitano. E a tutto questo si deve aggiungere in questo caso anche un cast riuscito, di attori bravi ed efficaci come Ryan Gosling, attore emergente del momento (The Believer, Half Nelson, Crazy Stupid Love, Le idi di marzo passato a Venezia 2011), la deliziosa e tenera Carey Mulligan (An Education, Brothers, Nemico pubblico), Albert Brooks (Prossima fermata: Paradiso, Out of sight) e altri attori giusti e ben calibrati.
Driver (Ryan Gosling) vive una vita solitaria e piena di un malessere di cui non sappiamo nulla. E’ un giovane silenzioso, affidabile, apparentemente tranquillo. Di giorno fa lo stuntman per il cinema e lavora presso una carrozzeria di lusso, di notte, qualche volta, fa l’autista durante una rapina. Lui non porta armi, non è mai aggressivo, guida soltanto e a quelli che lo ingaggiano dice. “Ti do cinque minuti per fare il colpo. Non m’interessa che cosa ti succede un minuto prima né un minuto dopo. Da questo momento non sono più rintracciabile a questo telefono”. La sua vita procede normale e senza “scossoni” (almeno per lui) fino a quando non conosce una vicina di casa, Irene (Carey Mulligan) che vive da sola con il figlioletto; il marito è in carcere e lei lo aspetta più per inerzia che per amore. Si incontrano sul ballatoio, al mercato e lui l’accompagna a casa, quando l’auto di lei si romperà; diventa amico del figlio e sembra quasi che potrebbe iniziare una storia tra i due. Ma il marito esce dal carcere (un ottimo Oscar Isaac, altro attore emergente a Hollywood, lo vedremo in W.E. di Madonna) e la storia che sta per nascere tra i due si chiude immediatamente. L’ex detenuto, Standard, di nome e di fatto è anche lui un bravo cristo, sfigato che non riesce a scrollarsi di dosso alcuni malavitosi tosti che vogliono coinvolgerlo in una rapina; lui non vorrebbe ma gli altri lo pestano a sangue e giungono a minacciare sua moglie e suo figlio. E allora Driver decide di aiutarlo, offrendosi gratis come autista; in cambio vuole che dopo lascino liberi Standard e la sua famiglia. Ma tutto non è come vorrebbe sembrare, c’è una trappola e un doppio gioco, allora Driver si trasforma in un’arma letale senza tentennamenti. Trasformandosi in un individuo psicotico e facendo uscire fuori tutta la violenza nervosa che tiene sotto controllo.