Abbiamo visto “ E’ arrivata mia figlia “ ( Que horas ela volta ? ) regia di Anna Muylaert.
L’idea di raccontare le governanti nel Cinema è storia vecchia, sin dai tempi di Renoir, per poi passare a Bunuel e giungere alle governanti siciliane un po’ morbosette degli anni settanta dei film dei Grimaldi e dei Samperi; e se ne potrebbero citare molti altri tutti centrati sulla figura di questa donna che Octave Mirbeau definiva non è un essere normale. Non è neppure un essere sociale… È un miscuglio, un’accozzaglia di lembi e frammenti che non legano tra loro, che non si adattano l’uno all’altro… Peggio: è un mostruoso ibrido umano… Non è più del popolo, da cui esce; non è ancora della borghesia, in cui vive e a cui tende… Del popolo che ha rinnegato, ha perduto il sangue generoso e l’ingenua forza… Della borghesia ha assunto i vizi vergognosi, senz’avere acquistato i mezzi per soddisfarli. E con questo archetipo si sono fatti molti film che spaziavano nei generi più diversi dal Cinema Politico a quello brillante, dal thriller alla commedia erotica. C’era sempre comunque, anche nel film meno ricercato, una lieve traccia di lotta di classe e di sessi, adesso invece sotto una coltre apparente resta solo la psicopatologia di donne sottomesse al loro ruolo, con fobie e tic su cui sorridere e nulla più. Negli ultimi anni, il Cinema Sudamericano ha prodotto alcuni film in cui questo essere multiforme è stato raccontato con nuove sfaccettature, uno su tutti il film cileno Affetti e Dispetti di Sebastian Silva. Il potenziale interpretativo è ancora tanto su questo tipo di personaggio ma anche difficile allo stesso tempo perché si rischia di realizzare dei film convenzionali, a volte schematici nella narrazione e nell’evoluzione della storia, sicuramente prevedibili. In E’ arrivata mia figlia la regista Muylaert ( brasiliana con alle spalle due film come Durval Discoteche del 2002 e E’ proibido fumar del 2009 ) prova a raccontare una storia semplice tenendo vari piani di lettura, dalla commedia ironica al film politico – attraverso i sentimenti e non di lotta di classe -, all’analisi sociologica di un Paese fino al racconto di un conflitto sociale in un Paese ormai non più povero come il Brasile e in continua trasformazione ma i cui ruoli in fondo restano ingessati e di classe. C’è il confronto tra due donne che più diverse non potrebbero essere, l’idea della maternità per entrambe: una potrebbe viverla ma non è in fondo interessata, l’altra la vive in traslation con il figlio della prima, l’incontro tra i loro due figli solo apparentemente simili, lo scontro tra generazioni e tra due famiglie totalmente all’opposto, e in fondo in questa casa-lager di lusso gli uomini sono due totali idioti. La governante è Val ( la brava Regina Casè ), una matura signora che è venuta dal povero Nord-est, per scappare da un marito forse manesco e per lavorare e lo fa da più di tredici anni nella villa di una ricca famiglia di San Paolo, pulisce casa, prepara da mangiare, conosce tutte le necessità della famiglia e corre a qualsiasi richiesta. Ha fatto anche da madre al piccolo Fabinho che adesso ha diciotto anni e aspetta di iscriversi all’Università ma trascorre il tempo svegliandosi tardi, fumando canne e facendo tuffi in piscina con gli amici. Val è una donna semplice che rispetta le regole e per questo crede di essere voluta bene dalla famiglia e dalla signora Barbara, una formale e algida donna, che fa parte dell’ambiente culturale della città, mentre il marito è davvero un uomo senza qualità, erede di una fortuna economica, passa il tempo a non far niente e forse cerca una qualsiasi possibilità per una via di fuga. Tutto procede pigramente come al solito, ma Val ha una nostalgia: sua figlia Jessica che non vede da dieci anni e che è rimasta a vivere prima con il padre e con da una amica della madre. Riceve una telefonata dalla figlia ormai cresciuta, vuole venire a San Paolo per iscriversi alla facoltà di Architettura. Arriva in città e inizia a vivere suo malgrado in casa dei padroni della madre. Il suo ingresso sovverte ogni regola non scritta da Donna Barbara e dalla stessa Val, sceglie di dormire nella camera degli ospiti e non in quella della servitù, mangia al tavolo dei padroni, apre il frigo neanche fosse casa sua. L’unico che la tratta alla pari è il ragazzo, scherza con lei, la fa nuotare in piscina; mentre il genitore solo apparentemente è gentile e ospitale in realtà la corteggia in modo farlocco sin da subito. Le invisibili barriere di classe emergono quasi immediatamente e Jessica è infastidita dai rimproveri della povera madre che non può accettare tanta libertà di movimento in casa. Ma naturalmente questo vento di sovversività naturale della figlia apre gli occhi lentamente alla povera governante che verso la fine romperà alcuni schemi per cui ha vissuto tutta la vita…
Il film di Anna Muylaert è costruito tutto intorno alla governante e tutti gli altri personaggi vivono intorno a lei e le sono funzionali. L’elemento di disturbo dell’equilibrio, la figlia Jessica, è un personaggio scritto bene ma forse troppo algido, poco empatico e lontano: questa ragazza di vent’anni che è stata in pratica abbandonata dalla madre, ripudiata dal padre per qualcosa che scopriremo alla fine è troppo lucida, razionale e poco sofferente. Il ruolo dei due uomini di famiglia è invece troppo in un solo senso, risultano giuggioloni, fresconi e sicuramente coglioni. Da segnalare l’attrice Regina Case, forse nel ruolo della sua vita.
Il film ha vinto il Premio Speciale alla Giuria al Sundance e il premio del pubblico all’ultimo Festival di Berlino.