Una conversazione con Armando Massarenti
Si moltiplicano di anno in anno le pubblicazioni e le iniziative divulgative dedicate alla filosofia: libri, blog, seminari, incontri, festival. L’ultima operazione, in corso in questi giorni, è quella condotta dall’editore UTET e la Domenica del Sole 24 ore. Per saperne di più abbiamo rivolto alcune domande ad Armando Massarenti, responsabile dell’inserto settimanale di cultura del Sole e curatore della collana Classici Compact – Filosofia Antica per spiriti moderni.
La Domenica del Sole 24 ore, insieme a UTET, ha lanciato una nuova iniziativa. Per quindici settimane insieme al quotidiano verrà distribuito un testo di un antico filosofo. Si è cominciato con Epicuro e si arriverà a Maimonide. Nel concept di collana, riproposto sulla quarta di copertina di ogni libro, si legge “15 esempi di vite che sono al contempo esercizi di pensiero. 15 percorsi segreti per raggiungere la felicità e conservarla, custodirla, coltivarla”. 15 filosofi bastano a raggiungere la felicità?
Sono una “promessa di felicità”. Non un fine acquisito o da acquisire, ma un percorso. Questo è il grande insegnamento dei filosofi della collana, accomunati dall’idea che la filosofia non sia una raccolta asettica di nozioni bensì esattamente un percorso di vita: un insieme di esercizi pratici utili a coltivare il proprio “orto” di felicità, per dirla con Epicuro a cui abbiamo dedicato la prima uscita. La filosofia oggi, come era nell’antichità, può essere, più che la proposta di una visione del mondo, magari esposta in forma di trattato, la scelta di uno stile di vita: una vita “pensata”, piena di riflessione e di ricerca, che, come diceva Platone, è la sola che è degna di essere vissuta. Le vie naturalmente non possono che essere molteplici. Ognuno troverà una via e uno stile personale diverso da quello di altri, ma questo sarà ugualmente filosofico e ricco di senso, anche se magari era convinto che la filosofia fosse qualcosa di lontano dalla vita. Questi volumi, pur mantenendo tutto il rigore editoriale necessario, credo che mostrino con notevole evidenza quanto la filosofia dell’antichità sia straordinariamente attuale proprio in relazione al tema, vasto e variegato, della ricerca della felicità.
La ricerca spirituale è un tema complesso: nell’antichità, per quanto ne sappiamo, il rapporto tra maestro e allievo all’interno delle principali scuole filosofiche era ritenuto centrale. Si può insegnare e trasmettere filosofia attraverso delle iniziative editoriali?
Non è una cosa semplice, certo. Oggi ci troviamo in un momento storico caratterizzato dal proliferare delle informazioni, attraverso tutti i mezzi e supporti. Fondamentale è sapere discernere, in questo magma: bisogna imparare (e insegnare) a selezionare, ovvero a conoscere, per deliberare e anche per inventarsi una vita. A questo compito fondamentale un buon maestro deve accompagnare un atteggiamento essenzialmente filosofico. La lezione più importante della filosofia, a partire dai presocratici, è quella di farci capire che il progredire del pensiero si basa sul dialogo, la critica e il confronto. I maestri devono essere criticati. Gli allievi devono essere in grado di proporre visioni alternative altrettanto interessanti e profonde di quelle dei maestri. Ma per far questo devono imparare a costruire e a esporre delle buone ragioni. Questa iniziativa editoriale propone dei volumi che offrono notevoli spunti in questo senso. In generale, qualsiasi materiale filosofico, e non solo direttamente filosofico, per me è da utilizzare purché abbia un effetto sulla nostra capacità di discernere, conoscere e riflettere. E l’accoglienza straordinaria che questa iniziativa sta ricevendo, sia in edicola sia sulla Rete, mi fa pensare che le mie speranze siano ben riposte.
La ricerca della felicità da un punto di vista filosofico è sempre stato connessa alla ricerca del sapere e attraversa i secoli. Come mai avete deciso di concentrarvi sulla filosofia antica, considerato il fatto che il tema è dibattuto anche in epoca moderna?
Due considerazioni ci hanno guidato in questa scelta. Da un lato la rilettura che Pierre Hadot ci ha fornito della filosofia antica, da cui si ricavano elementi che saranno ripresi in età moderna solo da un numero abbastanza esiguo di pensatori, Kierkegaard e Wittgenstein, per esempio, e prima di loro Pascal e Montaigne, i cui Saggi non a caso sono impregnati dal sapere degli antichi. Hadot ci dice che gli antichi per lo più non scrivevano trattati, ma testi che li aiutavano ogni giorno a svolgere degli “esercizi spirituali” per imparare a vivere bene. Socrate e Platone, ispiratori o fondatori di tutte le scuole antiche – stoici, epicurei, scettici, cinici – hanno inaugurato questa modalità di vita e di pensiero. La seconda considerazione riguarda il fatto che le massime per vivere bene, e per raggiungere la tranquillità dell’animo, che si ricavano da quegli autori antichi sono confermate dagli ambiti più avanzati della ricerca psicologica e neuroscientifica attuale. Lo ha mostrato in maniera assai convincente lo psicologo morale americano Jonathan Haid. Per questo la collana si intitola «Filosofia antica per spiriti moderni». È un modo rigoroso, e nel contempo nuovo, di mostrare l’attualità, e persino l’utilità, dei classici.
Com’è nata la collaborazione tra Utet e la Domenica del Sole? E quali obiettivi avete in mente di raggiungere con questa operazione?
Nella tradizione della Domenica del Sole, che compie trent’anni proprio in questi giorni, il rapporto con Utet è sempre stato molto stretto. Si pensi a nomi di collaboratori illustri come quelli di Tullio Gregory e di Ludovico Geymonat. Il Sole della Domenica ha sempre guardato ai Classici con attenzione, valorizzandoli anche nei risvolti più interessanti e negli intrecci possibili con il contemporaneo: cosa che anche il nuovo corso di Utet all’interno di De Agostini Libri, nel rilancio guidato da Andrea Cane, sta facendo. Quindi: una collaborazione avvenuta in maniera del tutto naturale, vista la storia di Utet e del Domenicale.
Contemporaneamente alla diffusione dei classici avete aperto un canale twitter @twitsofia_it. Puoi spiegarci come funziona? E come pensate di usarlo? Negli ultimi anni gli esperimenti sull’uso creativo e culturale di twitter si sono moltiplicati (e anche noi di doppiozero ci siamo cimentati con il canale @00serialTW), pensi possa essere uno strumento utile di divulgazione e di interazione?
Proprio l’esempio delle fiabe di Italo Calvino riscritte da Marco Belpoliti mostra, oltre all’efficacia di Twitter come mezzo di divulgazione culturale e di interazione ricca con comunità molto larghe, in quale misura dei materiali generalmente considerati letterari abbiano un forte retrogusto filosofico. Lo stesso discorso vale per le Città invisibili di Calvino riscritte dalla comunità di Twitteratura. C’è molta filosofia nella letteratura, e proprio quella particolare forma di scrittura breve che è Twitter permette di mostrarlo. Tutto questo è valorizzato al massimo nell’esperimento #TwitSofia, che trae ispirazione dalla mia rubrica filosofia minima, che già di per sé è un esercizio di brevità nella scrittura. Ma c’è di più. Operando filosoficamente con Twitter si può immettere nella rete un po’ di quello spirito socratico, quella capacità di seminare il dubbio, di smascherare false certezze, di diffondere la consapevolezza di “sapere di non sapere”, che è tipica del pensiero critico inventato dai filosofi. È un modo giocoso di intaccare il tono oracolare che troppo spesso prevale in Twitter, dove si parla di followers, di seguaci: un’espressione che poco si attaglia a un rapporto paritetico e dialogante.
La filosofia sembra essere una forma di sapere che fatica sempre più a ritagliarsi uno spazio di rilevanza culturale nel mondo contemporaneo. Sei d’accordo? Come è avvenuto questo isolamento e quanto è importante secondo te la divulgazione filosofica oggi?
Dipende da cosa si intende per filosofia. Il progetto culturale che sto portando avanti da anni, e che mi ha spinto anche a pubblicare per l’editore D’Anna un manuale di Filosofia insieme a Emiliano Di Marco (la cui prima edizione, si intitola Sapere di non sapere, e la seconda, in uscita a gennaio, Penso, dunque sono) è animato da una convinzione di fondo: che la filosofia è qualcosa che ci riguarda tutti. Al di là dello studio, più o meno specialistico, dei singoli pensatori o dei singoli problemi filosofici, è fondamentale per acquisire gli strumenti di base per fare di ognuno di noi un buon cittadino. Per questo, oltre al manuale di filosofia, ho deciso di scrivere anche un manuale di Cittadinanza, che ha peraltro una prefazione di Stefano Rodotà, che condivide questo spirito. Oggi, per essere buoni cittadini in una democrazia moderna, dobbiamo saper argomentare correttamente, smascherare la demagogia e le falsità di molti discorsi pubblici, evitare gli errori e le trappole cognitive che proprio i filosofi, prima degli psicologi contemporanei, hanno individuato nei secoli fornendoci gli strumenti per orientarci nel mondo che ci circonda e anche nell’intricato groviglio di passioni e di ragioni che costituisce il nostro io, e, dunque, ancora una volta per provare a realizzare la promessa di una vita più felice.