Abbiamo visto “ Gigolò per caso “ regia di John Turturro.
Turturro è un italo americano ( ama l’Italia, vi torna spesso, ha girato come regista due film ambientati a Napoli e in Sicilia e parla quasi correntemente la nostra lingua ) simpatico, e atipico per Hollywood. Ha girato come attore quasi settanta film, alcuni da protagonista assoluto ( tra cui “ Barton Fink “ dei Coen e “ La Tregua “ di Rosi ) ed altri anche in piccole parti ( “ Il grande Lebowski “ dei Coen o “ Tredici variazione sul tema “ di Jill Sprecher ) ed è anche un notevole regista indipendente. Suoi sono “ Mac “, “ Illuminata “ fino al bell’omaggio alla canzone napoletana “ Passione “. E’ un regista che cerca storie originali, “ musicali “, dal respiro originale e in controtendenza; piccoli film per un pubblico adulto e attento. Questo “ Gigolò per caso “ è un po’ come gli altri sui film, divertente, sorridente, romantico, non convenzionale ma non riesce a confermare le intenzione promesse, sembra un ottimo plot leggero che ha bisogno di uno sceneggiatore abile. Infatti anche se il film scivola via con amabilità ( grazie anche ad una splendida colonna sonora alla Allen, una bella fotografia del nostro Marco Pontecorvo e ad un cast notevole ) ha delle carenze narrative in alcuni passaggi importanti e in alcuni momenti le storie che vivono Turturro e Allen sembrano parallele e non concentriche e ben amalgamate.
Una commedia che si può definire classicamente newyorksese, molto vicina ad alcuni film di Allen degli Anni Ottanta. Pur incredibile per certi versi – ma credibile in questa specie di favola moderna sull’amore – Turturro è un prostituto molto ricercato e desiderato, Allen un pappone 60/40, Sharon Stone e Sofia Vergara due clienti quasi dipendenti dal fascino e dal modo di essere di Turturro. Insomma una storia creativa e originale nel suo evolversi, leggera quanto profonda, ma resta in punta di penna, quasi un tentativo mal riuscito.
Murray ( Woody Allen ) è un ebreo agnostico che sta per chiudere la sua libreria a causa della crisi; ha un buon amico, Fioravante, fioraio part-time, col portafogli vuoto. Murray ascolta per caso la sua dottoressa ( Sharon Stone ) che sogna un menage a trois con un vero uomo e una sua amica. Ne approfitta subito e propone il suo amico, uomo non bello, non giovanissimo, ma col fascino dell’uomo vero e pure italiano. Lei accetta ma adesso Murray deve convincere il suo amico restio, quasi ritroso, a fare un lavoro del genere, ma alla fine un migliaio di dollari per un’ora di lavoro lo convincono. Gli affari vanno subito alla grande e Fioravante non prova fatica in questo ruolo tantomeno imbarazzo. Tutto procede bene fino a quando Murray porta all’amico una nuova cliente che desidera solo un massaggio e niente di più, è Avigal ( Vanessa Paradis ), una giovane vedova di un Rabbino, osservante, con quattro figli e stanca del suo lutto che dura da più di due anni, alla ricerca di qualche stimolo che le faccia perdere la tristezza e ritrovare il desiderio e l’amore. Lei è seguita da Dovi ( Liev Shreiber ) una guardia ebrea del quartiere, innamorato della donna e in attesa che lei smetta il lutto. L’uomo paziente e in fondo buono si insospettisce delle uscite solitarie della donna che va in un altro quartiere e decide di pedinarla, intuisce così la tresca e ne incolpa Murray che verrà rapito da un gruppo di ebrei e processato dai Rabbini della comunità chassidica. Ma essendo una commedia tutto torna a posto con un finale che più che a sorpresa e sorprendente e non proprio chiaro.
Abbiamo detto, storia fuori dal comune senso del Cinema di oggi, una regia e una confezione molto eleganti, in cui vite solitarie e sospese prendono corpo attraverso varie sfumature dell’amore. E in cui, nonostante una certa disperazione metropolitana, c’è una speranza: basta guardarsi con attenzione intorno ed essere disponibili.