Abbiamo visto “ Il cittadino illustre “ regia di Mariano Cohn e Gastón Duprat.

Con Oscar Martínez, Dady Brieva, Andrea Frigerio, Belén Chavanne, Nora Navas. Commedia/Drammatico, durata 118 min. – Argentina, Spagna 2016.

In questo piccolo film argentino scritto molto bene c’è tanto su cui riflettere, vari topos narrativi e creativi ben miscelati, ma per certi versi prevedibili nell’evoluzione almeno in quello del ritorno a casa dopo decenni e lo svelamento di tanta brava gente che brava non è. Perché Il cittadino illustre pone da un lato il serio problema del rapporto tra l’artista e la sua opera ( sono un unicum o da giudicare separatamente ? Quanto c’è di realtà e quanto di fantasia ? ) e, ma non in secondo piano, il rapporto che ha lo scrittore con la celebrità e con il suo pubblico quando giunge il successo ai massimi livelli planetari: il film inizia con un antiretorico e quasi provocatorio discorso che fa davanti ai reali svedesi, lo scrittore argentino Daniel Mantovani quando ritira il premio Nobel per la letteratura. Dall’altro c’è il suo ritorno assai casuale a casa, in un piccolo paesino sperduto dell’Argentina, Salas, dopo quarant’anni ( peccato nemmeno un accenno al Colpo di Stato di Videla proprio avvenuto nel 1976, peccato non sapere bene perché non sia più ritornato a casa nemmeno per la morte dei genitori ) e il ritornare nei vecchi luoghi dell’adolescenza e nel ritrovare qualche passato amico che prova per lui più che affetto e amicizia, rancore e forse anche invidia, fino a giungere a un prefinale alquanto eccessivo. Un film che dosa bene gli argomenti, in apparenza con personaggi veri e originali ed anche privo di quella malinconia che si potrebbe presupporre, ma che si ritrova in una struttura un po’ manichea e già abbondantemente vista nel cinema europeo e con toni migliori ( Da Vancini a Von Triers ). Lo spunto interessante, anche originale, è quello della funzione dello scrittore, cosciente d’essere anche un disturbatore di pace ed equilibri apparenti e in fondo con la missione di destabilizzatore di realtà, sia ad alti livelli ( sia quando fa il suo discorso all’Accademia di Stoccolma, sia quando con la sua sola presenza o per qualche semplice affermazione disturberà e molto la solo apparente tranquillità paesana dei cittadini più illustri della sua Sales.

 

Daniel Mantovani ha ricevuto il premio Nobel da ben cinque anni, e da cinque anni non scrive niente, rifiuta tanti di quegli inviti in tutto il mondo che la sua assistente cerca di proporgli, ma un giorno distrattamente osserva una lettera, in cui il sindaco della sua cittadina lo invita ad una manifestazione culturale piuttosto insignificante. Dapprima scarta anche questo invito ma poi per chissà quali ragioni decide di andare e da solo. A Salas, Mantovani ha trascorso più di vent’anni e da qui è fuggito lasciando qualche amico e una ragazza che non lo ha più dimenticato. Ha costruito la sua carriera di scrittore narrando di storie del suo paesino ma creandosi una nuova identità abbandonando del tutto quel luogo, quel mondo e forse l’Argentina stessa. Giunge in modo rocambolesco nel suo paesino, dopo essere rimasto una notte al freddo perché si è rotta l’auto che lo portava a casa in una stradina sperduta di campagna; viene accolto in modo provinciale e quindi semplicissimo, deve fare un giro sul camion dei pompieri accanto alla miss del paese, deve presiedere un premio di pittura, rincontra qualche vecchio amico, si ritrova in camera una ragazza che lo costringe quasi a fare sesso con lei. Tutto sembra procedere con banale tranquillità ma pian piano nei due giorni successivi le cose vanno sempre peggio, cresce del malumore nei confronti di questo esimio scrittore che ha raccontato i lati bui del suo paese, le sue opinioni non vengono comprese dal pubblico semplice del posto, qualcuno inizia a fargli la guerra perché non ha scelto per il premio di pittura un suo quadro, un vecchio amico tonto e violento lo detesta perché sua moglie è ancora innamorata di lui e il futuro genero crede di sapere qualcosa su Daniel…

Il Cittadino illustre è un film scritto bene, mai banale, interpretato molto bene da Oscar Martinez ( vincitore come miglior attore all’ultimo Festival di Venezia ) ed anche registicamente sicuro, ma ha una scelta estetica così povera che rischia di renderlo un po’ troppo piatto, spoglio, con una malinconia che non è nei fatti di per sé ma nel come sono mostrati. Scelta stilistica già rilevata nel loro precedente film L’artista del 2008 ( da cineclub del secolo scorso, in cui c’è un lungo confrontarsi tra i limiti dell’artista e la sua opera nel mondo ambiguo dell’arte contemporanea ).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *