Abbiamo visto “ Il clan “ regia di Pablo Trapero.
Con Guillermo Francella, Peter Lanzani, Lili Popovich, Gastón Cocchiarale, Giselle Motta. Thriller, durata 108 min. – Argentina, Spagna 2015. – 01 Distribution, uscita giovedì 25 agosto 2016.
Raccontare una storia vera, di una banale famiglia criminale, in un’epoca drammatica il cui contesto è una dittatura latinoamericana, è da sempre un’intenzione nobile, complessa, che richiede gusto narrativo, profondità psicologica e un’idea moderna tra Cinema politico e commedia umana. Negli anni scorsi il grande regista cileno Pablo Larrain si è cimentato con questo genere di drammaturgia realizzando dei piccoli capolavori come Toni Manero e Post Mortem. Con le stesse intenzioni ma con un risultato contraddittorio, a volte dalla resa televisiva, in alcuni passaggi iniziali farraginoso ( Incominciare con un video del dittatore Massera e poi del Presidente radicale Raul Alfonsin, intervallati dal signor Puccio e dai membri della famiglia ) il regista Pablo Trapero ( Carancho, Elefante Bianco ) realizza una pellicola coraggiosa ma allo stesso tempo senza decidere quale direzione prendere, cosa veramente raccontare e come; avvitandosi in una regia modesta e servendosi di una sceneggiatura a volte afasica, senza una reale drammaturgia. A quest’opera manca del tutto la giusta ambiguità e il reale elemento disturbante. La storia reale è atroce, potente e necessaria, il racconto sulle ambizioni economiche e piccolo borghesi di un equivoco e terribile funzionario statale legato alla repressione della dittatura di Videla e Massera ( quelli che hanno organizzato il golpe del 1976, che hanno autorizzato il Garage Olimpo, che hanno sottratto a donne incinte i figli per poi ucciderle e darli in adozione a quegli stessi militari che uccidevano i genitori dei nascituri, gli stessi che hanno gettato dagli elicotteri nell’oceano i prigionieri politici per non lasciare tracce ed hanno fatto anche così sparire circa ventimila persone che le madri di Plaza de Mayo hanno cercato invano per decenni ). Il capo di questo clan familiare era il signor Arquimedes Puccio, padre affettuoso e determinato, militante dell’estrema destra, specializzato nel far «sparire» i prigionieri politici quando questo orrore era legalizzato dallo stato e quasi la normalità. Ma alla fine della dittatura, questo Pater familias rispettabile, approfittando della copertura di uomini del potere ( incarnati in un Commodoro, banale e inutile figura ) e aiutato da feccia simile ha continuato l’attività in proprio e questa volta non a scopo ’ politico ‘ bensì di estorsione: nascondendo i sequestrati nella propria casa ( nella vasca di un bagno o in cantina ) e poi uccidendoli dopo aver ricevuto il riscatto. Insomma, dai comunisti e dagli oppositori montoneros passa ai ricchi borghesi anche amici di famiglia, sempre desaparecidos ma con una fonte di guadagno ben migliore dello stipendio di criminale dello stato. E in questa realtà sono coinvolti sua moglie e i suoi cinque figli; ma se le figlie non si fanno domande nel sospettare di avere un sequestrato in casa ( per come è raccontato risulta poco credibile, quasi allegorico ), se i figli sono anche costretti dal carattere del padre a obbedirgli e a partecipare ai sequestri oppure costretti a dover fuggire all’estero, sembra del tutto incredibile che la moglie ( donna amorevole, serena e professoressa di liceo ) trovi questo tran tran del tutto naturale e pensi solo a lavorare e a cucinare per la famiglia. Insomma a questo film manca proprio la profondità psicologica e il non saper descrivere le motivazioni sociali e morali di questo banale male che per molti non è stato anormale perché derivato da un contesto più grande d’orrore e di morte che sono state le dittature. Un dilemma che fa ancora riflettere e soffrire generazioni di latinoamericani e che questo film invece trascura totalmente.
Siamo nell’Argentina degli inizi Anni Ottanta, subito dopo la fine della guerra delle Malvinas e quindi verso la fine della dittatura militare. A San Isidro vive questo cortese e gelido Arquímedes Puccio, dall’aria di amico della porta accanto ( un convincente Guillermo Francella ), un cinquantenne che è stato nei servizi segreti ma adesso è disoccupato e non si sa il perchè; sapendo di poter contare sull’aiuto dei suoi ex superiori ancora in servizio e facendosi aiutare da un paio di complici decide di organizzare sequestri di persone ricche per poi chiedere riscatti. Attrezza la cantina e la soffitta di casa e si fa aiutare in tutto dal primogenito, Alejandro ( uno scialbo Juan Pedro Lanzani ), famoso giocatore di rugby della squadra cittadina campione nazionale oltre che della Nazionale. La prima vittima è Ricardo Manoukian, caro amico di Alejandro e dei compagni di squadra. Ricardo viene tenuto segregato in casa, ricevuto il danaro Arquìmedes uccide il prigioniero e Alejandro viene colto dal senso di colpa, ma il padre lo tranquillizza raccontandogli che si è trattato di un incidente. Ma Arquímedes nonostante il grosso guadagno e una vita non dispendiosa organizza un secondo rapimento usando ancora una volta Alejandro come esca. In questo caso, tutta la famiglia è ‘ ufficalmente ‘ coinvolta perché tutti i figli sentono le urla e i pianti di Eduardo, ma nessuno ( nel film ) sembra fare domande o porsi dubbi. Anche Eduardo viene ucciso, nonostante il pagamento del riscatto di un milione di dollari… La dittatura è finita, l’Argentina torna alla democrazia ed elegge il Presidente Alfonsin, ma Arquímedes nonostante le preoccupazioni del cambiamento si convince che è una fase politica provvisoria e che i militari torneranno al potere ben presto. E allora prepara un altro sequestro… E il film andrà avanti fino alla evidente conclusione, nei titoli di coda viene raccontato il destino di questa famiglia.
Alla Mostra internazionale di Venezia del 2015, Trapero ottiene il Leone d’Argento per la regia, in Spagna il film riceverà il Premio Goya quale miglior film straniero in lingua spagnola.