Abbiamo visto “ Il mio Godard “ regia di Michel Hazanavicius.
con Louis Garrel, Stacy Martin, Bérénice Bejo, Micha Lescot. Genere Commedia – Francia, 2017. Durata 102 minuti. Uscita Martedì 31 ottobre, distribuito da Cinema.
Si può raccontare la vita di Godard come quella di un regista ormai spompato e in fondo un borghese ridicolo, inadeguato e antipatico ? Sua moglie Anne Wiazemsky, una bambolina innamorata del suo mito e appena cresce lo lascia ai suoi deliri ? Il ’68 come un momento in cui i giovani giocano a fare la rivoluzione e i situazionisti degli intellettuali stravaganti ? Per Hazanavicius questo è tutto possibile e lo racconta con un’ironia a volte stridente e ruvida intellettualmente, borghesemente irriverente, facendo risultare il film una parodia di un’epoca e del grande regista. Prende a pretesto il romanzo autobiografico della Wiazemsky in cui narra della storia d’amore tra lei e il regista e sceglie, e diciamo così lo focalizza, l’anno ’68. Hazanavicius realizza un film con la sola idea di demolire il privato di un Maestro-Mito del Cinema, metterlo alla berlina ( l’idea degli occhiali che si rompono continuamente che dovrebbe mostrare in realtà una miopia del regista nei confronti di ciò che ha più vicino sembra più una gag che non una descrizione di un carattere; il giochino di far parlare i due protagonisti completamente nudi e frontali su se sia giusto in un film mostrare dei corpi nudi è veramente un divertissement farlocco … ) e con lui un’epoca e degli ideali ormai chiusi nei libri di storia. La verità è che Godard è stato un maestro innovatore e moderno del Cinema degli Anni Sessanta ( Fino all’ultimo respiro, Questa è la mia vita, Pierrot le fou ), poi passato al cinema politico con alterne fortune ( Vento dell’est, Lotte in Italia, Vladimir e Rosa ), per riprendere negli anni Ottanta e Novanta con un Cinema di ricerca e provocatorio ( Prénom Carmen, Je vous salue, Marie, Cura la tua destra ); sua moglie Anne Wiazemsky, pur giovanissima, quando conobbe Godard era già stata la protagonista di Bresson in Au hasard Balthazar, e reciterà in altri 7 film col marito e nel frattempo lavorerà due volte con Pasolini, e con Carmelo Bene e altri registi francesi e italiani mentre la loro storia terminerà dopo dodici anni di matrimonio ( divorzieranno nel 1979 ). E non dopo un anno. Ma Hazanavicius deve proprio detestare un’epoca e i suoi alfieri, perché anche Marco Ferreri è descritto più come un cialtroncello che se la spassa e realizza un cinema di serie B che non per quell’originale e provocatore autore che è stato. Se volessimo usare un linguaggio da ’68 potremmo scrivere che quel mondo culturale conservatore con cui Godard ha litigato e contestato adesso si vendica sia di un’epoca che del suo rappresentante più significativo.
Hazanavicius all’interno di una carriera ondivaga e alquanto generica ( che va da OSS 117 al poco riuscito The Search ) era riuscito a realizzare nel 2011, un buon film The artist, in cui era riuscito nell’operazione di usare la storia del cinema muto per rendenderlo abilmente un giochino piacevole per il pubblico e per Hollywood, adesso ci prova forse con la stessa ironia ma senza alcun affetto nei confronti della Nouvelle Vague e il suo maggior rappresentante. Cosa vera è che Godard, oltre che per il suo talento molto avanti sui tempi e un rivoluzionario provocatore, è sempre stato definito un uomo dal carattere difficile se non intrattabile, la sua rigidità estetica e ideologica lo ha portato a litigare con mezzo mondo e anche con il suo amico Truffaut a cui tolse il saluto.
La storia è raccontata attraverso gli occhi dell’allora giovanissima moglie Anne Wiazemsky ( una Stacy Martin perfetta nel suo ruolo, molto carina e spesso nuda nel film ) si sviluppa in un anno di vita di Anne con Jean-Luc ( un bravo anche se un po’ caricaturale, Louis Garrel ); siamo tra il ’67 e il ’68, mentre il maestro gira il controverso La chinoise, il mondo è in gran fermento, se non i rivolta, tra occupazioni delle università, proteste di piazza violente contro De Gaulle e la guerra del Vietnam, proteste dei cineasti politici contro l’accademia rappresentata anche dal Festival di Cannes. Attraverso la storia d’amore dei due e la loro partecipazione attiva agli avvenimenti assistiamo al loro amore, al loro matrimonio e alla fine della loro storia a causa delle inadeguatezze umane e sentimentali di Godard.
Perché è un film non riuscito ? Oltre a un livore sarcastico che è l’impronta del film, perché solo chi conosce bene il Cinema di Godard, e della Nouvelle Vague, quello che ha determinato nel cambiamento stilistico e narrativo, del Cinema può seguirlo con una certa logica e partecipazione. Invece chi all’oscuro assiste a una dichiarazione su un mondo, visto con un’ironia unidirezionale, a volte spocchiosa e borghese d’antan. Il ritratto di Godard è impietoso e cinico nella descrizione superficiale, in cui il regista risulta un borghese complessato che cerca attraverso spostamenti politici sempre più a sinistra di togliersi di dosso l’estrazione sociale da cui proviene, un quasi dipendente psicologicamente da chi è politicamente più rivoluzionario, ma è anche un uomo che si sente a trentasette anni vecchio e complessato nei confronti dei giovani nonostante privi del suo talento e delle sue capacità. Spolpato all’osso risulta più borghese dei borghesi che contesta, più insicuro di quello che vuole apparire ( porta sempre con sé la moglie giovane, quasi uno scudo col mondo ), geloso e meschino al punto da offendere lei e non ascoltarla per poi tentare il suicidio quando pensa che lei voglia lasciarlo.
Un film che non è altro che un divertissement distaccato e cinico di un regista che si diverte a mostrare che il re artistico di un’epoca è poca cosa, mentre la realtà di quell’epoca è narrata con la distanza di chi non condivide e non ha partecipato anche per anagrafe a un periodo importante della storia.