GIOVANE, BELLISSIMA, TOTALMENTE DISINIBITA, SI È SPENTA A 62 ANNI TERESA ANN SAVOY, STELLA DEL CINEMA ECCESSIVO E PROVOCATORIAMENTE EROTICO DEGLI ANNI ’70: DA LATTUADA A ”CALIGOLA” DI TINTO BRASS, FINO A ”VIZI PRIVATI, PUBBLICHE VIRTÙ” – VIDEO: L’INTERVISTA A ‘STRACULT’ CON LE SCENE DEI SUOI FILM
Giovane, bellissima, totalmente disinibita, Teresa Ann Savoy, che si è spenta per una rapida e brutta malattia a 62 anni, non è facilmente dimenticabile per chi è cresciuto nel cinema eccessivo e provocatoriamente erotico degli anni ’70.
Perché, pur avendo girato non più di una quindicina di film, ha interpretato ruoli memorabili in opere altrettanto memorabili. Cito solo la Clotilde di Le farò da padre di Alberto Lattuada, il suo film d’esordio, la Margherita di Salon Kitty di Tinto Brass, con la sua incredibile scena lesbo con Tina Aumont sotto gli occhi di Helmut Berger, l’ermafridita Mary di Vizi privati, pubbliche virtù di Miklos Jancso, la meravigliosa Drusilla di Caligola di Tinto Brass.
Film maledetti di autori maledetti che lei attraversava con una grazia e una leggerezza inconsapevole tipica di quegli anni. Lattuada la scelse vedendola su una copertina e in una serie di fotografie di Playmen nell’ottobre del 1973, era appena arrivata dall’Inghilterra a Milano seguendo un suo amore fotografo, e ne colse subito la bellezza fuori dal comune e la grazia: “Voglio ritrovare il paradiso terrestre, l’amore prima del peccato originale, al di là e al di fuori della storia, ossia della religione, della morale e della famiglia” (“Il Messaggero”, febbraio 1974).
Il ruolo che deve interpretare per Lattuada Teresa nel film è quello di “una ricca, bella, giovane, aristocratica, pura, che è rimasta al balbettamento degli anni infantili: è meravigliosamente scema. Teresa è dunque una presenza provocatoria del perduto paradiso terrestre, senza coscienza della colpa. Vuole giocare, e il gioco più bello e sempre nuovo è quello dell’amore”.
Insomma un essere che riesce a comunicare solo facendo l’amore. Alla faccia di ogni femminismo. Ma Lattuada è così provocatorio in questo, da non farci pensare mai che si tratta di un abuso sessuale. Anche perché il maschio, in questo caso Gigi proietti, rimane totalmente soggiogato dalla bellezza della ragazzina.
Molti anni dopo, Teresa Ann Savoy, quando la intervistai per Stracult nel 2009, ricordò che dopo aver vinto il provino, si chiese, “ ‘Ma che cosa ho fatto, se poi non sono capace, faccio una figura di…’ Il personaggio non parla, è muto, però non vorrei deluderli’. Lattuada mi ha lasciato molto a mio agio, un po’ così, da papà. Con Gigi invece vedevo una persona molto alla mano, ma non sapevo come comunicare con lui, a parte quando ci trovavamo sul set”.
Tutto il suo cinema, almeno nei primi anni, infatti, sembra un gioco erotico istintivo, vissuto quasi in trance sul set. Lo è nelle forti scene erotiche che ha con Tina Aumont sotto gli occhi di Helmut Berger in Salon Kitty e ancora di più nel successivo Caligola, dove prese il posto di Maria Schneider che non ne voleva sapere delle scene di nudo e del gran baraccone di freak e sesso messo in piedi da Tinto Brass.
Le sue scene di sesso con Malcolm McDowell aprono il film con una forza e una bellezza che verranno presto distrutte dall’orrore che vedremo andando poco avanti nella storia. E lei forma con Malcolm McDowell, l’imperatore pazzo, una coppia magistrale e senza freni. Lo stesso si può dire per Vizi privati, pubbliche virtù di Miklos Jancso, uno dei film più trasgressivi e politici che si siano girati in Italia in quegli anni, un film che è impossibile non rivedere ogni rara volta che passa.
Un balletto continuo di corpi nudi, di scopate all’aperto sotto gli occhi degli inviati del vecchio imperatore Francesco Giuseppe, dove il suo corpo femminile e maschile completa il quadro scandaloso messo in scena dai rampolli ribelli che verranno distrutti dal potere che hanno sfidato nel peggiore dei modi.
Teresa era molto legata a Jancso, al punto che verrà richiamata anni dopo dal regista per una sorta di Decameron italo-ungherese, Il cuore del tiranno, interessante ma non bellissimo.
La troviamo anche in un bel Sandokan, La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa di Sergio Sollima, sempre deliziosa, e ne La disobbedienza di Aldo Lado. Girerà altri film, come La certosa di Parma di Mauro Bolognini per la tv, Il ragazzo di Ebalus di Giuseppe Sciuto, La donna del traghetto di Amedeo Fago, Innocenza di Villi Herman, D’Annunzio di Sergio Nasca, La fabbrica del vapore di Ettore Pasculli, tutti film che non possono reggere il confronto con i suoi primi quattro meravigliosi titoli.
Lei stessa perse, negli anni, quella carica di “meravigliosa scemenza” che aveva la sua Clotilde, o di perversità subita della sua Margherita, o di fragile freschezza che aveva Drusilla o di eccesso sessuale che aveva la sua Mary. Quando l’ho intervistata, e credo di essere stato in questi ultimi anni uno dei pochi se non l’unico, l’ho vista come svuotata dalla vita normale degli anni successivi al delirio dell’Italia degli anni ’70, dell’epoca dei Caligola e dei vizi privati.
Ma qualcosa della antica bellezza, del suo fascino di ragazzina rimaneva. E anche pochi giorni fa, quando per caso mi sono ritrovato nel palazzo, vicino a Lecce, dove è stato interamente girato Le farò da padre, in una grande stanza che non è stata cambiata dopo gli interventi dello scenografo Enzo Del Prato, ho risentito qualcosa della grazia di Teresa.