Abbiamo visto “ “ regia di Juan Josè Campanella.
Basato sul romanzo dello scrittore quarantenne Eduardo Sacheri ( “ La pregunta de sus ojos “ 2005 ), vincitore del Premio Oscar 2010 come miglior film straniero ( ha battuto sorprendentemente “ Il nastro Bianco “ di Haneke e il “ Profeta “ di Audiard ) e del Goya per il miglior film straniero in lingua spagnola, arriva in questi giorni nelle sale, un po’ in sordina questo film dall’impostazione un po’ ‘ antica ‘ ( L’inizio ci ha ricordato belle inquadrature degli anni Sessanta e Settanta ), dal plot molto interessante anche se a volte un po’ incongruente, ma con dei giochi e dei rimandi capovolti riusciti ( il collega del protagonista Pablo Sandoval (Guillermo Francella) svagato e alcolizzato che svela il carattere degli uomini, il groviglio del giallo e che alla fine preferisce morire al posto dell’altro perché consapevole dell’orrore in arrivo ) e dalle molte domande importanti che hanno solo in parte ricevuto risposte compiute. Il rapporto tra passato e presente, tra giustizia e legge, tra amori possibili e negati, tra amicizia e corresponsabilità, tra l’accettazione del reale e l’impossibilità di sostenerlo. Ma anche tematiche più ambiziose come riflettere sulle scelte mancate, sui ricordi (e i ricordi dei ricordi) e forse sulla difficoltà di un Paese di elaborare il proprio passato per superarlo. Nel romanzo tutto questo si regge compiutamente, nello script – pur abbastanza compatto e solido – scricchiola qui e là non rendendo esplicita l’impossibilità del protagonista a dichiarare un amore condiviso, al punto che ha bisogno di venticinque anni per rendersi consapevole del vuoto che ha voluto intorno -. Comunque questo crime-story infarcito di “ politica “ è ben dosato e anche le incongruenze pesano poco in favore della suspence. Il film ha anche momenti molto ben costruiti come lo scoprire attraverso lettere apparentemente banali e anonime il l’humus e non solo caratteriale in cui si può trovare l’assassino ( siamo i luoghi che frequentiamo… non possiamo tradire le passioni ), la scena allo stadio ( in puro stile hollyvoodiano, nella migliore delle diciture ) e, per sintesi, la scena dell’ascensore: silenziosa e perfetta.
Benjamin Esposito ( un sempre bravo e convincente Ricardo Darìn, attore nel gruppo Los galancitos, negli anni Ottanta e attore di notevole talento nei film “ Il figlio della sposa “ sempre di Campanella e “ Kamchatka “ di Marcelo Pineyro ) è stato un piccolo funzionario della Corte di Giustizia di Buenos Aires, ormai è in pensione e vive una vita solitaria. Ha deciso di scrivere un romanzo su un vecchio caso di omicidio, in realtà ha un conto in sospeso con il suo passato, ai tempi di Isabelita Peron e prima dell’onda nera di Videla e Massera, Il romanzo è la ricostruzione di un caso di omicidio avvenuto nel 1974 e attorno al quale la sua vita si è praticamente fermata. Da piccolo giudice è incaricato dell’indagine dello stupro e l’assassinio di una giovane e bella donna, Liliana Coloto; il dolore insanabile e commovente del marito, le indagini da subito “insabbiate” da un collega amico dei poteri forti e futuro sgherro della Dittatura, ma soprattutto il rapporto d’amore irrisolto con il suo capo-cancelliere Irene (Soledad Villamil), lo portano a inseguire una giustizia che nessun governo autoritario ritiene necessaria. Dopo tanti anni ogni cosa sembra rimasta sospesa nella vita di Benjamin Esposito che, di quei fatti ormai passati, deve ancora illuminare i lati oscuri. Che fine ha fatto l’assassino della ragazza da subito liberato ? E lo straziato bancario, marito della vittima ? E chi ha ucciso l’amico-collega ? Con qualche ridondanza il film funziona bene fino alla chiusura del giallo, che conosciamo soprattutto attraverso la scrittura del romanzo di Benjamin, che ricalca fedelmente ciò che è avvenuto. Il presente su cui si riverberano le conseguenze del passato appare un po’ troppo lineare e ottimista. Il finale è un po’ tirato via e, tutto sommato, poco credibile nella facilità della decisione.
Juan Josè Campanella è un regista argentino cinquantenne dalla carriera un po’ ondivaga. Ha coniugato il cinema commerciale americano, serie televisive tra le più importanti e alcuni film d’autore in Argentina. Ha diretto due film americani: “ The Boy Who Cried Cagna “nel 1991 e “ Love Walked In “ nel 1997. E’ tra i registi delle serie Tv “Law & Order “ e “ Dottor House “ e ha diretto in Argentina “ El mismo amor, la misma lluvia “, “ Il figlio della sposa “ ( candidato all’0scar nel 2002 ), “ Luna de Avallaneda “. Bravo nelle direzione dei telefilm, bravo nella regia dei film argentini. Ma questo tipo di “ professionalità “ lo limita un po’ come autore rendendolo solo un buon regista. Ottimo il cast di attori ed anche il cast tecnico.