Abbiamo visto “ In ordine di sparizione “ regia di Hans Petter Moland.

Regista dai numerosi interessi narrativi, anche parecchio differenti tra loro, Moland è conosciuto per film come Zero Kelvin ( del 1995 ), in cui tre cacciatori in Groenlandia iniziano a fagocitarsi a vicenda fino a creare una rabbia omicida l’uno per l’altro,Aberdeen ( del 2000 ), in cui narra di un viaggio sulla strada di una donna alla ricerca di suo padre alcolista, e poi Pedersen: High-School Teacher ( del 2006 ), una satira sociale tragicomica sul movimento marxista-leninista norvegese degli anni ’70, in cui si teorizzava la lotta armata.  E nell’arco della sua carriera trentennale parecchi dei suoi film hanno partecipato a festival ed hanno vinto vari premi.  Adesso esce nelle sale questo piccolo film assai ambizioso ma che non mantiene tutte le promesse, un film piacevole, leggero, intriso di tipico umorismo nordico e in cui in meno di due ore vengono fatti fuori almeno venti gangster.  Ma ci sono troppi debiti narrativi perché conservi una sua originalità di fondo, nonostante abbia dalla sua i paesaggi innevati della Norvegia e una realtà così lontana dalla nostra da risultare affascinante.  Debiti narrativi, dicevamo,  che ci portano al Tarantino di Le Iene e Pulp Fiction per quanto riguarda certi discorsi svalvolati tra gangster, ai Fratelli Coen di Fargo se osserviamo i comportamenti di alcuni poliziotti a dir poco stralunati, a Kitano per l’ironia sulla violenza e per i tanti ammazzati con semplice naturalezza.  Ma cercare di proporre un tale livello di idiozia e violenza è assai complicato – ci hanno provato senza gran successo parecchi registi negli ultimi anni – e Moland non ha quell’autoralità originale da poter competere con tre maestri del Cinema violento come i sopracitati.    Comunque si serve di una ottima sceneggiatura che potremmo definire – alla vecchia maniera – di ferro, scritta dal famoso e poliedrico scrittore Kim Fupz Aakeson e sceglie come protagonisti due mostri sacri europei come Stellan Skarsgård ( il protagonista di Nymphomaniac vol.1 e 2 ) e Bruno Ganz ( attore mito di Wenders, ma anche di Herzog, Rohmer, Angelopoulos – quasi irriconoscibile nel ruolo del vecchio gangster serbo ): due attori fuori dal comune che riescono solo con la mimica facciale e pochissime parole a raccontare mondi differrenti, modi di intendere la vita opposti, mostrandosi a secondo dei casi crudeli e fragili, comici spaventati guerrieri.

In un piccolo paese norvegese ricoperto dalla neve e fatto di solitudine e silenzi, vive Nils assieme alla moglie mentre il loro unico figlio lavora in un piccolo aeroporto poco distante.  Nils guida uno spalaneve e passa tutto il giorno sulle strade per liberarle da cumuli di coltre bianca.  Fa un lavoro solitario e ‘ modesto ‘ ma necessario alla comunità che proprio quest’anno gli conferisce il titolo ‘ uomo dell’anno ‘ .  Ma proprio il giorno dopo  in cui ha ricevuto il premio suo figlio muore di overdose, la polizia convoca i familiari ma archivia il caso subito come morte per droga.  La madre naturalmente è sconvolta e si chiude in una depressione muta, fino a scomparire di casa; il padre invece non vuole credere alla versione dei fatti e inizia ad indagare.  Quasi da subito viene a sapere che si è trattato di un’assassinio ordinato dal boss norvegese della zona, chiamato ‘ Conte ‘, per una sua eleganza e un suo stile.  Il giovane boss, separato e in lotta con la sue ex per la custodia del figlio tredicenne, controlla parte del traffico della droga nella zona ed è in tregua forzata con una banda di Serbi che lui razzisticamente chiama albanesi.   L’intrusione silenziosa e anonima di Nils, che elimina alcuni gregari del boss,  fa scatenare una lotta con i Serbi creduti colpevoli delle sparizioni e nella susseguenza di omicidi vedremo sullo schermo il nome di quelli che muoiono  in ‘ ordine di sparizione ‘ e con il simbolo religioso di appartenenza…   Dopo un grangugnolesco scontro con  almeno nove morti, restano in vita e ‘ in fuga ‘ solo i due vecchi, entrambi armati ed entrambi indifferenti a ciò che è successo.  L’ironia e il giusto equilibrio tra realtà e irrisione è la chiave di lettura, ma Moland affronta con leggerezza anche il confronto-scontro di ‘ civiltà ‘ nord-sud, quella tra giovani e vecchi, padre e figli, legalità e illegalità, l’inutilità di dividerci per razze in quanto tutto è confuso e mischiato definitivamente.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *