A quasi due anni di distanza dal romanzo Grand’Hotel Des Bains, esce in queste settimane Da Finsbury a Dante. Seconda parte di una possibile trilogia che l’autore definisce riflessione sull’inquietudine. Ritornano le tematiche care allo scrittore, l’uomo in fuga, vite sbandate posizionate ai margini e non riconciliate, forse stanche di vivere contro, con il bisogno di riconciliazione con il passato, con i sentimenti, con la rabbia profonda. In questo nuovo romanzo il protagonista si chiama Marco, è un musicista jazz, vive a Londra ma è pronto all’ennesima fuga, ad abbandonare una donna, degli amici, un luogo. E’ un sognatore sbandato, individualista e anarcoide, che si iscrive in quel prototipo di tutti i sognatori sbandati che hanno popolato la letteratura e il cinema in passato. Ritornano i temi amati dall’autore, il vivere in fuga, l’odio del domicilio, della non appartenenza, della vita sulla strada, il tutto contrapposto allo sfacelo che sembra la normalità, a famiglie allo sbando, ad una società che ha accettato la sconfitta e la decadenza. Ma questa volta in un contesto narrativo che spesso sfiora il grottesco, il banale e il tragico. Nella storia si ritrovano i dischi di una generazione jazz, le letture contigue allo stesso autore, le citazioni che sono parte dell’animo del romanzo, il tutto narrato con una scrittura leggera ed elegante, con un tono vitale e lontano dalla narrativa corrente e dai modelli di consumo abituali. A volte l’autore va per flussi mentali ed altre per descrizioni dettagliate. Prova a coniugare alto e basso, semplice e complesso, superficiale e profondo, come in fondo è la vita di tutti.
Ha voglia di presentarsi ? Ci racconta chi è Domenico Astuti ?
E’ una domanda che rischia una risposta generica e banale. Sono nato a Napoli e mi sono laureato in Filosofia, ho amato da sempre viaggiare ed è diventato quasi un bisogno fisiologico partire. Ho abitato in America latina per oltre due anni, sono stato una decina di volte in India e per un periodo ho pensato di andarci a vivere. Ho visitato il sud est asiatico, la Cina e il Giappone… Ma ho vissuto anche molti anni lavorando come free lance, sceneggiatore e regista in Italia. Adesso trascorro il tempo in modo molto riservato, insegno, leggo, dirigo un blog culturale e scrivo.
Chi immagina siano i suoi lettori ?
Non ne ho idea. Al contrario immagino che le mie storie non interessino le persone che cercano romanzi rassicuranti o che inseguono le mode o i soliti drammi familiari borghesi.
Dopo il libro di racconti Pulque, due anni fa ha pubblicato Grand’Hotel Des Bains. Come è stata la preparazione ?
E’ stato scritto di getto, tre mesi la prima stesura. Quasi una febbre alta, non facevo altro, mi svegliavo alle cinque del mattino e iniziavo a scrivere. Anche se mi facevo una doccia o mangiavo non facevo che pensare alla stesura, prendevo appunti anche appena uscito di casa. 314 pagine scritte come in un delirio, qualcuno direbbe in una full immersion. Poi per un anno l’ho riscritto almeno altre cinque volte. Ma l’idea iniziale è rimasta incubata in testa per almeno quattro anni, non mi decidevo a rimettermi a scrivere, poi una sciatica presa a McLaudganj mi ha tenuto quasi immobilizzato per una settimana ed ho iniziato così.
Ha debiti narrativi ? Quali sono gli autori che l’hanno aiutata a scrivere ?
Uno, nessuno e centomila. Probabilmente la letteratura Mitteleuropea, in particolare Joseph Roth, Robert Musil ma anche Doblin. In Grand’Hotel Des Bains il gruppo dei terroristi ha avuto qualche ispirazione dai personaggi di un grandissimo scrittore francese di romanzi polizieschi Léo Malet. E poi c’è il magnifico Cèline, ma di lui sono solo un lettore continuo. Vede ? Uno, nessuno e centomila.
Li legge i romanzi che raggiungono i Premi Letterari ?
Sono un lettore selettivo e distratto. Qualche volta mi capita un libro da premio tra le mani ma dopo un paio di pagine mi arrendo. Mi annoiano subito e qualche volta mi irritano come sono scritti.
I libri più riletti ?
Fuga senza Fine, Guignol’s Band, L’uomo senza qualità…
I contemporanei, niente ?
Certo, quasi tutti i libri pubblicati da Neri Pozza, da Irvin Yalom a David Roberts.
Una domanda forse spiacevole: come mai come autore è poco conosciuto ?
Diciamo che sono sconosciuto ai più. Perché ? Credo per la mia totale estraneità al milieu letterario italiano. Sono lontano dalle mode e dal romanzo attuale che va per la maggiore, così come da ogni altra corrente. Perché ? Perché sono un po’ come i personaggi dei miei romanzi, individualista, anarcoide, sincero, ribelle e poco salottiero.
Come mai la scelta del titolo Da Finsbury a Dante.
Cercavo un titolo semplice ma anche che poteva spiazzare il lettore. Forse anche ironico, per rendere il racconto meno drammatico di quello che può sembrare. Termina nel modo meno poetico e più banale possibile. Il protagonista vuole mangiare uno sciu e poi andare in Piazza Dante a Napoli. Mentre all’inizio vive nel quartiere di Finsbury park a Londra
Ci parli del nuovo romanzo.
Sono molto legato a questo romanzo perché ha avuto una gestazione durata anni. Mi sembra come un fratello che è cresciuto assieme. Abbiamo trascorso molto tempo uniti, a Londra, a Parigi, a Napoli e un po’ in giro dappertutto. L’ho curato, coccolato, tenuto compagnia. Sono legato anche perché ha ricevuto una trentina di rifiuti nel tempo, stavo quasi per desistere quando… Ho difficoltà nel presentarlo, come voler parlare di un figlio. Cito a memoria il quarto di copertina: Una Londra abitata da squatters, avventurieri, musicisti jazz, viaggiatori e ribelli. Qui vive Marco Filangieri, è da qui che parte, dopo qualche giorno di febbre esistenziale, una volta ancora, senza una mèta. Incurante dell’età e della destinazione. Giunge e vaga per Parigi, attraversa la Francia, giunge in Italia. Prima al Nord, poi ritorna a Napoli. Per riallacciare una volta per tutte i fili con il suo passato e per conciliarsi con la figura del padre. Mi piacerebbe che si leggesse sapendo che molti di noi potrebbero essere questo tipo di persona, inquieto, con il bisogno sempre di novità, forte anche da solo e senza gli altri. E chi vive come Marco Filangieri non si faccia fregare dall’età e dagli opportunismi. Nessuno sconto e nessuna scorciatoia nel vivere.
Perché un lettore dovrebbe leggere questo suo romanzo ?
Per leggere qualcosa che non è inutile cicaleggio ? Prevedibile o scolastico. Perché viene descritto un mondo e un uomo fuori dagli standard ? Non lo so, è come voler chiedere perché si è fatto un tale sogno.
Vuole aggiungere qualcosa ?
E cosa ?
La chiudiamo qui ?
Andiamo a bere un caffè ?