François Busnel – L’Express
Certi libri possiedono una grazia di cui è difficile individuare con esattezza la provenienza. È il caso del romanzo di Jean-Luc Seigle, sconvolgente e meraviglioso. Forse è il titolo, o forse il tono, il confronto tra la disperazione di un uomo incapace di continuare a vivere e il figlio che vive nei romanzi. O forse la storia, la coraggiosa trasposizione di Eugénie Grandet nella Francia degli anni sessanta. O forse tutto questo e molto altro ancora. C’è qualcosa di indicibile sepolto nel cuore di questo romanzo costruito per scatole cinesi.
Nel racconto di Balzac, il père Grandet allontanava il figlio da quello che sarebbe diventato il luogo del dramma spingendolo tra le braccia di Eugénie. Nel romanzo di Jean-Luc Seigle, il padre, che non somiglia affatto al vecchio avaro balzachiano, allontana il figlio affidandolo a un maestro di scuola in pensione. Albert è un operaio nella ditta Michelin e vive in un piccolo paese non lontano da Clermont-Ferrand. Siamo nel luglio 1961. Ha due figli. Il primo, Henri, è partito per la guerra in Algeria. Albert non lo conosce. Va detto che l’ha visto per la prima volta all’età di cinque anni, quando era rientrato dalla prigionia alla fine della seconda guerra mondiale. Albert era stato catturato lungo la linea Maginot nel giugno 1940. Poi, si è murato nel silenzio. Ma non si sceglie impunemente di tacere l’essenziale: Albert non sa parlare.
C’è questo limite all’origine di tutto? Nel calore dell’estate del 1961, quando sua moglie si appresta a far entrare una televisione (la prima!) nel villaggio, e quando De Gaulle raccomanda la ricomposizione dei terreni agricoli, Albert non riesce più a vivere. Ma se si può morire nella menzogna, non ci si può uccidere senza aver detto la verità a se stessi. Come fare se non si hanno le parole? Albert ha un altro figlio, Gilles. Gilles è “diverso”. Legge. Appassionatamente. Balzac, per l’appunto. Quando un maestro in pensione si trasferisce nei pressi della loro cascina, Albert sa che la confessione passerà attraverso quest’uomo. Seigle firma un inno alla vita che porta i colori della disperazione. Con pudore, sceglie parole per i silenzi, cosciente che i mutismi della storia uccidono più delle pallottole nemiche.
Feltrinelli, 177 pagine, 15 euro