Abbiamo visto “ Io, Don Giovanni “ diretto da Carlos Saura.
Saura è un regista spagnolo importante ma allo stesso tempo marginale nel gotha della cinematografia europea. Qualcuno, negli anni Settanta lo aveva ritenuto addirittura l’erede di Bunuel. Ormai quasi ottantenne, ci ha lasciato alcuni film significativi come ‘La caccia’ (1966), ‘Anna e i lupi’ (1972), “Cria Cuervos” (1975), “Mamma compie 100 anni” (1979), “Nozze di sangue” (1981), “Carmen” (1982). Ma parliamo di questo suo ultimo film, “ Io, Don Giovanni “ (2008), la realizzazione ha una dicotonomia piuttosto evidente, una confezione raffinata, con una fotografia fuori dal comune di uno dei maestri del colore, il nostro Storaro, e un cast di attori al limite dell’accettabile che in quest’habitat sembrano ancora più inadeguati se non fastidiosi come l’attore che interpreta Mozart, un esempio; e poi non si capisce perché ogni volta che in un film c’è il personaggio di Casanova debba essere rappresentato in maniera caricaturale e stolta, quasi un’invidia incoscia di un uomo “ che in Spagna ne ha milletre”.
Il film è ispirato alla vita di Lorenzo Da Ponte, librettista del Don Giovanni; la storia, interessante ma non nuova, sviluppa l’opera su due piani paralleli: la vita di Da Ponte, di Mozart e solo apparentemente più marginale di Casanova e la realizzazione dell’Opera: la vita prosegue nell’Opera e l’Opera nella vita.
Lorenzo Da Ponte, prete e libertino, amico e allievo di Casanova è arrestato e processato dalla Santa Inquisizione che lo condanna all’esilio da Venezia per quindici anni. Allora si va a riparare a Vienna, dove cerca Salieri e invece trova Mozart. Qui inizia a collaborare per poi diventare amico di Amadeus e creano Don Giovanni. Lo sviluppo della storia “attraversa” il palcoscenico, appena terminate le prove della celebre “scena del catalogo si passa al retroscena, in continuità, senza pause, con un gioco di rimandi e di trasparenze che consente allo spettatore di abbandonare gli attori sul palcoscenico per vedere le vite dei protagonisti: amori, malattie, incomprensioni, gelosie. Raccontata così la storia forse perde di bellezza e di significato, Don Giovanni perde tutto il suo fascino, e questo spiega forse il fatto che i momenti meno riusciti sono proprio quelli che raccontano la vita di Lorenzo. Mentre restano suggestivi quelli della messa in scena dell’opera. Tuttavia non bisogna fare paragoni con il Don Giovanni di Losey, più rigoroso e più melomane.
La regia non presenta nulla di nuovo e non è un film “perfetto”. Forse poteva essere più contenuto o più originale trovando differenti spunti sulla vita dei personaggi. Comunque è un film che nella seconda parte coinvolge lo spettatore e non lascia indifferenti e fa riflettere sui molti spunti del film e conferma la vitalità del Don Giovanni dopo quasi duecentocinquanta anni.