Abbiamo visto “ Jimi – All is by my side “ regia di John Ridley.
Si può fare un film sull’arcobaleno senza colori ? Si può raccontare la vita di un genio musicale e i suoi tempi sregolati e affollati facendo un banale compitino piatto e anonimo ? A quanto pare sì, John Ridley più che realizzare registicamente un film abbastanza inutile ha scritto una sceneggiatura piatta e monotona ( eppure è autore di ben sette romanzi, sceneggiatore e vincitore dell’Oscar 2014 per la migliore sceneggiatura non originale per 12 anni schiavo di McQueen ). In questo film, dalle enormi potenzialità perché quei tempi e la sregolatezza di un grande musicista sono il pane e companatico della vita, Jimi Hendrix appare come il solito ragazzo nero senza alcuna coscienza, sembra un hippy tonto e superficiale che parla di colori e marziani che verranno sulla terra entro trent’anni a farci capire che cosa è l’amore; con il solito problema di avere un padre che non lo capisce e pensa che sia un poco di buono, con un complesso legame con la madre, a momenti intenso ma soprattutto discontinuo a causa della frequente assenza e che il regista risolve con una battuta a freddo della sua ‘ musa ‘ Linda Keith che gli dice arrabbiata: credi di aver risolto il tuo problema con tua madre scopandoti tutte le ragazze che incontri !; narcisista inconsapevole nei confronti dei colleghi e delle sue donne; dove incredibilmente ( l’impegno politico del militante nero Michael X che Hendrix incontra a Londra resta abbozzato e non crea nessun effetto né storico né politico ) una coppia di neri politicizzati, e piuttosto perfidi, cercano a Londra di coinvolgerlo inutilmente e lei risulta così doppia da aizzarlo contro la sua donna bianca di cui diventa amica e la porta quasi al suicidio, mentre inizia lui alle droghe pesanti. Un film dove si vede una guancia o una nuca di qualcuno e sopra compare il nome George Harrison o Paul McCartney che non dicono o fanno nulla, dove Eric Clapton sembra un ragazzetto fessacchiotto e invidioso. Dove un Keith Richards vestito da bravo ragazzo e dai modi meschini-piccolo borghesi va dal padre della sua fidanzata per dirgli che la ragazza frequenta un tipo poco di buono. Dove i poliziotti inglesi razzisti obbligano un Hendrix fin troppo mansueto a togliersi una giacca appena comprata usata perchè appartiene all’esercito. Insomma banalizzare, ciò che difficilmente banalizzabile, a 360 gradi, è un’impresa che questo regista alla sua pima opera da solo è riuscito a realizzare con imbarazzante incomprensione. Quello che non comprendiamo è perché si riducono ai minimi termini, quasi alla berlina, i Miti di un tempo quando si comprende che non è questa l’intenzione dell’autore. Certo ogni biopic ha dei limiti nei confronti del background culturale ed emotivo che lo spettatore ha per il personaggio narrato e spesso il risultato finale risulta modesto e insoddisfacente, ma in questo caso crediamo si raggiunga il massimo della contraddizione narrativa. Ed anche la regia, piuttosto lineare e piatta, non sceglie mai un’inquadratura che possa essere degna della stravaganza dei tempi e del personaggio. Unica nota a merito è l’attore che lo impersona ( un bravo e convincente André Benjamin, conosciuto come André 3000, cantante Hip-Hop del duo OutKast, ma anche attore di film polizieschi e noir ).
Della pur breve vita di Hendrix (1942 – 1970 ) Ridley sceglie un breve periodo della vita del grande chitarrista di Seattle ( Secondo la classifica stilata nel 2011 dalla rivista Rolling Stone, è stato il più grande chitarrista di tutti i tempi, precedendo gente come Eric Clapton e Jimmi Page ). Inizia quando Jimi suona in piccoli locali con una ventina di spettatori distratti e di notte fa il turnista per Curtis Knight, durante uno di questi spettacoli conosce Linda Keith, talent scout istintiva, ragazza borghese e fidanzata di Keith Richards. Diventano amici, lei si innamora di lui ma lui non insiste più di tanto, eppure grazie a lei viene scoperto e ingaggiato da un nuovo manager che ha lavorato e suonato con gli Animals. Vanno a Londra, città più disponibile verso i vari canoni musicali e assistiamo alla crescita professionale di Hendrix tra concerti, feste, ragazze e nuove esperienze di droga. Il film giunge tra alti e bassi fino alla partenza di Hendrix e del suo gruppo per gli Stati Uniti, per il Festival di Monterrey nel 1967. Esordio tra i grandi in cui concluse la performance dando fuoco alla sua chitarra davanti ad un pubblico strabiliato.