Abbiamo visto Killer Joe regia di William Friedkin.
Friedkin è considerato uno dei più importanti innovatori dei generi poliziesco e horror. Ricordate Il braccio violento della legge (1971), Vivere e morire a Los Angeles (1985) o L’esorcista (1973)? Film da Oscar e da grandi successi al box office. Memorabile per la storia del Cinema di Action il famoso inseguimento in auto, ci sono volute sei settimane di riprese. Si tratta dell’ultima sequenza che è stata girata, perché se qualcuno si fosse fatto male non sarebbe servito rimpiazzarlo per il resto delle riprese: la sequenza in questione fu girata con il flusso di traffico che andava al contrario.
Hanno detto un gran bene di lui i grandi registi del passato e Billy Wilder ne ha tessuto gli elogi e non solo perché frequentava sua figlia. E allora perché non è diventato un Maestro? Difficile per noi dirlo. Forse perché la sua carriera non è stata omogenea, anzi un po’ ondivaga, se è passato dai film sopracitati a pellicole come Quella notte inventarono lo spogliarello o Festa di compleanno per il loro amico Harold o alla ennesima riproposizione televisiva de La parola ai giurati e ad alcuni episodi di C.S.I Las Vegas.
Adesso a quasi ottant’anni, e dopo cinque anni di inattività, ha realizzato nel 2011 questo Killer Joe, passato al Festival di Venezia due estati fa e nelle sale italiane è giunto in questi giorni dopo innumerevoli rinvii. Il primo pensiero vedendo questa pellicola è che pur dirigendo da par suo, forse non era il suo film: l’avessero diretto i fratelli Coen o Tarantino sarebbero riusciti a rendere unico un film che invece assomiglia per stile e scelta estetica ad un certo tipo di letteratura e cinema americano degli Anni Novanta che adesso non sono per niente innovativi anzi un po’ vintage: come la critica alla famiglia che non c’è più, dove i rapporti parentelari sono solo una casualità, dove la società si è andata a farsi fottere. Come – tornando un passo indietro – d’altronde pensiamo che alcuni film d’azione statunitensi importanti girati nel nuovo secolo sarebbero stati migliorati e impreziositi dalla sua regia ancora originale e accurata. In questo film, anche difficile da renderlo compiuto nella sua vera essenza, bisognava rendere credibile qualcosa che lo è solo in parte e far ridere lo spettatore mentre ci si massacra, si vede il sangue schizzare: insomma mischiare e confondere i vari piani del pulp, del cinismo, del kitsch e del grottesco Killer Joe è un film tratto da un lavoro teatrale del premio Pulitzer Tracy Letts – che ha realizzato anche la sceneggiatura -. L’ambientazione è quella della classica provincia addormentata del sud degli Stati Uniti, i protagonisti sono degli ‘idioti’ anafettivi e privi di qualsiasi morale (un po’ Fargo, un po’ meno Le Iene) che per soldi sarebbero pronti a qualsiasi nefandezza. C’è un killer glaciale ed efficiente che forse ha un uccello più piccolo di un coscia di pollo fritto, un padre stupido ai massimi sistemi, un figlio un po’ più sveglio ma anche più sfigato, sua sorella è una specie di cenerentola svitata, la matrigna una classica bonona di periferia che lavora in un fast food sulla statale e tradisce il nuovo marito. A questo aggiungete una presunta assicurazione sulla vita sull’ex moglie dello stupido e madre dei due giovani, degli spacciatori che rivogliono indietro qualche migliaio di dollari dal ragazzo ed ecco la minestra esplosiva.
Chris è un qualsiasi spacciatore di droga del Texas, né buono ma nemmeno cattivo, deve restituire una sommetta di denaro per saldare un debito di cinquemila dollari. Per poter avere la cifra va dal padre per essere aiutato ‘psicologicamente’ ad uccidere la madre e incassare un’assicurazione sulla vita. Tra una birra e un dance bar si mettono d’accordo, e con loro saranno della partita anche la nuova moglie del padre e la sorellina. Chris sa che c’è uno sceriffo, Joe Cooper che fa come secondo lavoro il killer su commissione. Ma la dolce famiglia non ha l’anticipo per il pagamento e allora Killer Joe chiede come caparra la dolce e svitata sorella Dottie (ha dodici anni?!), finché non riuscirà ad avere la cifra pattuita. Qualche vago dubbio e la famiglia con Chris acconsente, dando vita ad una spirale di conseguenze che coinvolgerà tutti.
La regia tecnica è ottima, come la fotografia e il montaggio. Anche il cast è ben riuscito, composto dal gelido killer Matthew McConaughey (tanti film, nessuno memorabile), dal bravissimo padre Ansel (indimenticato protagonista di Sideways), dal giovane Emile Hirsch (Motel Woodstock, Milk), dalla sottovalutata Gina Gershon (I protagonisti, Insider) e dalla giovanissima Juno Temple che incredibilmente aveva undici anni quando ha girato il film e che adesso, a tredici, ha già partecipato a qualcosa come 33 film (sarà la nuova Scarlett Johansson ormai ventottenne?).