Abbiamo letto “ La morte di Benny Munro “ scritto da Nick Cave.
Nick Cave è stato il leader e voce del gruppo musicale The Birthday Party; per trentanni ha calcato la scena musicale internazionale, prima in Australia da cui è partito poi a Londra e a Berlino. Il suo genere musicale può essere definito Post-punk[, Gothic rock, No wave. Dei trentadue dischi scritti e pubblicati ricordiamo From Her to Eternity, The Firstborn Is Dead, The good Son, Let Love in, Murder Ballads.. Qualcuno forse se lo ricorda anche nel film “ Il cielo sopra Berlino “ di Win Wenders. E’ anche uno scrittore, il suo primo romanzo, (che è stato giudicato dalla critica “ dalle atmosfere cupamente faulkneriane “), si intitola “ E l’asina vide l’angelo “ (1989). Oggi ha pubblicato il suo secondo libro “ La morte di Bunny Munro “.
Leggendo le prime pagine si provano sensazioni contrastanti, sembra di ritrovarsi in un libro di Barry Gifford o in un racconto di Irvine Welsh o forse in uno di Cormac McCarthy. In una di quelle storie selvagge che andavano forte negli Anni Ottanta. Ancora dopo trenta pagine non riuscivamo a capire se eravamo di fronte ad un capolavoro nel suo genere oppure se stavamo leggendo una fesseria fuori epoca. Andando avanti siamo stati avvolti dallo sconcerto e dalla follia di una storia feroce, disperata, poetica ed anche buffa e incandescente. Allen Ginberg negli anni Settanta consigliava di leggere Siddartha in acido lisergico, noi, molto più modestamente, diciamo che si dovrebbe leggere questo libro attraverso il vetro opaco di un bicchiere di whiskey pieno a metà. E allora tutto torna, tutto diventa credibile, commovente e malato. A questo punto pensando a Benny, a suo figlio Benny junior, alla sventurata Libby, ai colleghi di lavoro e al mondo circostante ci viene in mente una frase che andava di moda negli anni Sessanta: Dio è morto. E non come dicevano Guccini o Woody Allen. Allora Dio sembrava morto ma era solo in afasia estatica. In questa storia Dio è veramente morto e i poveri personaggi di questa fiaba metropolitana ne sono consapevoli ed hanno paura di vivere, di soffrire ed anche di fermarsi.
Benny Munro è allo stesso tempo un uomo ridicolo, un guerriero spaventato, un fantozzi anglosassone del Ventunesimo Secolo. Benny teme il mondo perché crede di conoscerlo, sicuramente conosce il lato più osceno della vita e cerca di salvarsi attraverso quello che gli piace di più: scopare. Ha paura della vita e per esorcizzarla non pensa ad altro che al corpo delle donne o a farlo. Ha il pene spesso in erezione anche a un funerale o davanti a una poliziotta che minaccia di arrestarlo. Se non copula ogni volta che si sente giù si deprime ancora di più. E allora beve e fuma fino a crollare. Per lui il sesso è come la droga per un tossico, come il lavoro per un alienato, come un’esperienza estrema per chi cerca adrenalina. Benny è in fondo un brav’uomo di cinquantanni, col ciuffo alla Elvis, la cravatta azzurra con dei conigli sdraiati su nuvole e il ‘pacco’ in evidenza spesso gonfio. Vende prodotti e creme di bellezza a solitarie casalinghe con mariti distratti e assenti e spesso con voglia di trasgressione. Gira tutta la settimana per il sud dell’Inghilterra e torna a casa il fine settimana. Da una moglie depressa e da un figlio di nove anni un po’ scemo ma dalla memoria prodigiosa. Quando torna un sabato mattina a casa scoppia la tragedia, sua moglie si è suicidata e il bambino gira per casa come uno zombie. C’è il funerale e poi gli ultimi tre giorni di vita di Benny che non sapendo come reagire al dolore e al senso di colpa di una vita al fondo riparte per lavoro e si porta con sé il figlio che resta in auto in attesa del padre che va a vendere i prodotti casa per casa. Tragico e disperato il personaggio di Benny, struggente e delicato quello del piccolo Benny Junior, un bambino che adora suo padre nonostante tutto ma che diventa come lui solo una volta. Credibili tutti gli altri personaggi che se fossero i protagonisti certo ci stupirebbero nel vuoto di vite nude. Ritornando alla domanda precedente, siamo convinti di essere inciampati in un piccolo gioiello narrativo che invitiamo a leggere a tutti coloro che non vivono “in un paese per vecchi”.