Abbiamo visto “ La pazza gioia “ regia di Paolo Virzì.
Con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Tommaso Ragno, Bob Messini. Commedia drammatica, durata 118 min. – Italia 2016. – 01 Distribution uscita martedì 17 maggio 2016.
Si fa un po’ di fatica a recensire un film che, mediamente tra critica e addetti ai lavori, è stato accolto con entusiasmo eccessivo. Per tutta la proiezione abbiamo provato una sensazione un po’ fastidiosa, eppure il film è diretto bene, le attrici sono brave, il ritmo del montaggio funziona e le location sono coloratissime. E’ poi è venuta in mente una parolina un po’ malinconica per noi, e poi un’altra e un’altra ancora. “ La pazza gioia “ è un film che rischia di essere furbastro, talmente sincero da non esserlo e un po’ ruffiano. Coniuga un paio di tragedie umane serissime e le inserisce in un istituto terapeutico che sembra una via di mezzo tra una comune e un agriturismo toscano, racconta il dramma di due donne psicologicamente fragilissime divenute tali anche per un estremo bisogno d’amore e le si fa diventare delle involontarie Thelma e Louise in salsa Sorpasso, le si fa diventare secondo dei parametri di sceneggiatura delle matterelle simpatiche ma quando serve diventano lucide nel loro dolore; una delle due, Beatrice è per una buona mezz’ora talmente al centro del film che sembra che ci sa solo lei, al punto da aver voglia di chiederle di spostarsi un po’ e farci vedere anche altro. E poi ci sono alcuni passaggi che francamente sono un po’ troppo buttati lì, quasi per compiacere un pubblico generoso, come nella scena del ristorante elegante da cui scappano senza pagare e senza una reale reazione dello staff e subito vedere comparire il proprietario dell’auto che hanno rubato ore prima che si trova proprio davanti al ristorante; come anche la fuga sull’autobus senza biglietto o il furto di un’auto d’epoca su un set di un film o la richiesta di soldi in banca, sembrano più delle gag che non un reale respiro psicologico di una delle due protagoniste. E poi trasmettere del buonumore col meccanismo della matta che dà del matto a qualcun altro ci risulta un po’ vecchio stile.
In fondo ci da’ l’impressione che il gusto narrativo della sceneggiatrice Archibugi, più apertamente sentimentale, meno spigoloso e con minore forza nei contrasti, abbia tolto quel po’ di cattiveria che Virzì aveva mostrato nei suoi film precedenti, portandolo a realizzare una commedia quasi affettuosa, benevola, un po’ edulcorata, partendo invece da tematiche forti e importanti ( il bisogno d’amore al femminile, la necessità di non sentirsi soli, il bisogno di credere nell’amicizia ) e così creando un contrasto che risulta un po’ rumoroso. Come se due donne che hanno le loro vite interrotte forse per sempre si possono accontentare della breve fuga di qualche giorno. Un vero peccato, perché l’idea centrale, tipica della vecchia Commedia all’Italiana ma vista con gli occhi di oggi, è notevole e in controtendenza con l’immaginario televisivo che troviamo sui nostri schermi, peccato perché Virzì è forse il miglior regista di Commedia in Italia, sa condurre gli attori in modo concreto e reale e si serve spesso di un cast tecnico tra i migliori ma questa volta ha messo troppo zucchero nel rustico che ha preparato.
Ci sono due donne differenti in tutto tranne che per il loro bisogno d’amore, una è una signora borghese e con un cognome nobile Beatrice Morandini Valdirana, parla in continuazione, probabilmente ha un disturbo bipolare ed è una mitomane; l’altra è Donatella, una quasi anoressica, ex cubista, psicologicamente fragile, sofferente per aver perso suo figlio che è stato dato in adozione anni prima. Si incontrano in un istituto terapeutico situato nella campagna Toscana ( se volessimo essere un po’ cattivi, diremmo come al solito, tipo Mulino Bianco ), la prima è lì perché un tribunale ha stabilito una terapia di recupero in quanto ha firmato assegni a vuoto per un amante improbabile; la seconda perché… già, perché ? Anni prima ha tentato il suicidio con il suo bimbetto, ha ricevuto delle denunce di stalking dl padre del suo bambino e forse è giunta ad un punto di rottura. Beatrice si avventa su Donatella e la costringe a diventare sua amica nonostante siano diverse in tutto. Un giorno riescono a fuggire e a salire su un autobus di linea e inizia per loro un viaggio sulla strada funambolico che dura alcuni giorni e che vedrà entrambe ritornare al passato e allo scoprire il tempo perduto che è effettivamente perduto.