Abbiamo visto “ Non è ancora domani – La Pivellina “ diretto da Tizza Covi e Rainer Frimmel.
C’è qualche movimento nell’asfittico panorama del Cinema italiano, dopo lo splendido cine-documentario “ La bocce del Lupo “ del casertano Pietro Marcello e l’opera di grande padronanza visiva “ L’uomo che verrà “ del bolognese Giorgio Diritti, ecco nelle sale “ La pivellina “ opera seconda della coppia Tizza Covi e Rainer Frimmel, già autori del pluripremiato “Babooska” (2005): film documentario sulla lotta quotidiana per l’esistenza di nomadi moderni e sul giovane artista Babooska, che con la famiglia gestisce un circo ambulante che attraversa i paesini più fuori mano dell’Italia centrale.
La bolzanina Covi e l’austriaco Frimmel sono due documentaristi che riprendono la tradizione del “cinema-verità” italiano, ma provano a trovare nuove forme estetiche lontane dalle tendenze e dagli stereotipi del cinema ai tempi di Berlusconi, e che provano a coniugare la realtà dura dei nostri tempi con forme di riequilibrio morale e ironia. Lavorano in due, dicono che la lezione pasoliniana li ha influenzati, girano in super16, cercano di raccontare storie degli ultimi della terra, persone umili ma non per questo prive di solidarietà, di dirittura morale e di rapporti sociali degni e solidali. Ma per adesso il tema principale del loro cinema è l’importanza dell’infanzia.
“ La pivellina “, presentato lo scorso anno alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes e poi al Festival di Pesaro, è la prima opera di finzione dei due registi, la cui impronta tuttavia resta documentaristica se si fa eccezione per il bell’inizio, in cui una donna cerca disperatamente in una periferia deserta in tutti i sensi qualcuno e invece trova una bimbetta di due anni abbandonata su un dondolo in un giardino. Il film inizia in maniera forte e colpisce per la naturalezza e la semplicità con le quali evoca i sentimenti. Una forza che tuttavia durante il percorso esistenziale dei protagonisti diventa anche una fragilità estetica.
Il film è ambientato nella periferia romana, tra le baracche e le roulotte di San Basilio; in un mondo di persone che vivono decorosamente ai margini, lavorando come giostrai, come dipendenti di piccoli circhi, come attori di strada. Patrizia, una cinquantenne dai capelli rossi, cercando disperatamente il suo cane Ercole nel parco ( ma scopriremo dopo che Ercole è un cane ), trova una bimbina lasciata sola su un’altalena, con in tasca un messaggio: la madre chiede di prendersi cura della piccola per qualche giorno e promette di tornare. La piccola sta bene in salute ma parla appena, dice di chiamarsi Aia ( forse Asia ), Patrizia senza troppo curarsi delle possibili conseguenze la porta nella sua roulotte e la piccola entra a far parte della comunità di saltimbanchi, c’è il vecchio clown tedesco Walter, compagno di Patrizia, l’adolescente Tairo, affettuoso e collaborativo ragazzino, la vecchia Gigliola: sopravvivono con dignità, come possono, facendo piccoli spettacoli con i loro animali, in un ambiente freddo e povero, ma pieno di calore umano e naturalmente la bimbetta si inserisce senza traumi, anzi è felice.
Questi moderni freaks, emarginati anche per scelta, formano una vera famiglia in cui si condivide tutto: Tairo divide il suo tempo con Asia, si comporta da fratello maggiore, la porta anche a mangiare la pizza e si sforza di mostrarle dei giochini di illusionismo, Patrizia si comporta come una madre e la cura amorevolmente, Walter le mostra dei numeri con le caprette. In questa maniera passa più di un mese. Un giorno Patrizia trova un bigliettino nella buca delle lettere: la madre di Asia verrà il giovedì successivo a prendere la bimbetta. Nessun dramma per Patrizia e per gli altri; organizzano una piccola festa per quel giorno, nell’attesa dell’arrivo della madre, ma passano le ore, la torta è finita e la biìmbetta si addormenta tra le braccia di Patrizia.
Diretto in maniera sobria e delicata, forse con un timbro un po’ algido, una grande attenzione ai dettagli che tuttavia rallentano un po’ il ritmo, l’analisi sociale è accurata come l’esteriorizzazione dei sentimenti. Colpisce in maniera positiva l’intendere del ruolo della famiglia, fuori dagli stereotipi del mulino bianco e della pubblicità dei politici. Tutti credibili i personaggi nella loro semplicità e, una nota in più, la direzione della piccolissima Asia Crippa.