Abbiamo visto “ La prima cosa bella “ regia di Paolo Virzì.
‘La prima cosa bella’ è una canzone del 1970 cantata da Nicola di Bari, per i molti che non lo ricordano si può dire che faceva parte di quella schiera di cantanti, poveri figli del sud, che hanno avuto un gran successo proprio negli anni in cui si contestava tutto e anche un certo tipo di canzoni. Come lui c’erano Mino Reitano, Albano, Peppino di Capri. Nicola di Bari era, tra i vari, quello con la faccia più sofferta, quello che se l’era conquistata con la modestia la gloria sanremese e canora. La canzone parla di un poveraccio che non sa suonare e nemmeno cantare e che non ha mai avuto niente dalla vita, ma si innamora e allora suona e canta come può e dice che ‘ la prima cosa bella avuta dalla vita è il tuo sorriso giovane, sei tu’… e i campi sono in fiore’. Chissà se Virzì e i suoi sceneggiatori sono partiti proprio da lì, sicuramente un certo tipo di autori di sinistra hanno voluto recuperare nel tempo quello che “ di meglio “ ha prodotto la cultura popolare aideologica. Virzì con il suo film – come l’ultimo Almodovar e l’ultimo Coppola – ha voluto guardarsi indietro e provato a fare degli omaggi cinematografici. Naturalmente con le dovute differenze di valore e di stile. Ma Virzì, nonostante le citazioni e i riferimenti a Dino Risi ( La moglie del prete, Il Sorpasso… ), in realtà più che a un genere cinematografico ha voluto fare omaggio all’ultima icona della Commedia all’Italiana degli anni Sessanta, Stefania Sandrelli e ha scelto la bella moglie Micaela Ramazzotti in un ruolo alla Sandrelli e l’ha fatta recitare come l’attrice viareggina. Bravo e innamorato il regista livornese. Ha fatto un film compatto, pregevole anche nella malinconia, forse solo un po’ lungo: le commedie se superano i cento minuti rischiano qualche lentezza soprattutto se non si ride di pancia, ma si sorride di gusto. Ma se approfondiamo un po’ la trama emergono immediatamente delle domande, uno fra tutte: al di là della vita sfortunata per troppa bellezza e poca consapevolezza, questa donna che esempio è per se stessa, per i figli, e al limite anche per lo spettatore. Una donna che passa di lavoro in lavoro, di uomo in uomo, che fa sesso quasi davanti ai figli piccoli, che presta un utero in affitto ed è l’esatto opposto della Carmen. Un personaggio negativo riscattato non dalla sceneggiatura ma dalla solita grazia della Sandrelli e dalla prova della Ramazzotti.
Il film inizia in uno stabilimento balneare di Livorno nel 1970, c’è l’elezione della “Mamma più bella”. Vince naturalmente Anna, ma il marito possessivo mostra tutto il fastidio di un uomo che non sopporta gli apprezzamenti sulla moglie. I due figli presenti si dividono a loro volta, la bimbetta è contenta, il maschio, poco più grande, prova gelosia e non sopporta il clamore per la mamma. Data la premessa narrativa si passa ai nostri giorni, quel bambino è oramai un uomo adulto ( Mastandrea ), affettivamente catatonico, insegna in un liceo di Milano, vive con una donna di cui prova fastidio e forse è stato tossico di pillole e alcool. Dopo anni lo raggiunge la sorella per dirgli che la loro madre è malata terminale e che vorrebbe vederlo almeno una volta. L’uomo dapprima tergiversa, poi parte con la sorella per Livorno. Tra ricordi e momenti di riavvicinamento dei fratelli e della madre si sviluppa il personaggio di Anna: una madre ragazza, generosa e piena di stupore ingenuo e di amore verso la vita. Una vita poco generosa con lei che la condurrà ad affrontare mille difficoltà con i suoi due figli, forse tre, coinvolti in una serie di fughe, di inconsapevoli follie. Una madre affettuosa e amorevole ma troppo ingombrante che segna l’indole e il carattere dei figli che si ritroveranno, si abbracceranno, si chiariranno solo sul letto di morte della madre che tuttavia è ancora talmente viva da sposarsi con un uomo che l’ha aspettata tutta la vita.
Gli interpreti sono tutti bravi e diretti al meglio. C’è la generosa Stefania Sandrelli, in un ruolo emotivo che la ricorda come persona; c’è Valerio Mastandrea, che non solo in questo film deve immedesimarsi in un uomo afasico, catatonico; c’è Claudia Pandolfi che rende al meglio proprio con Virzì; e Micaela Ramazzotti che sta crescendo come attrice e dà il meglio in questo film costruito su di lei.