Abbiamo visto “ La ragazza nella nebbia “ regia di Donato Carrisi.
con Toni Servillo, Alessio Boni, Jean Reno, Lorenzo Richelmy, Galatea Ranzi, Michela Cascon Greta Scacchi. Genere, Thriller/poliziesco – Italia, Francia, Germania, 2017, durata 127 minuti. Distribuito da Medusa.
La giustizia non fa ascolti. La giustizia non interessa a nessuno. La gente vuole un mostro… E io le do quello che vuole. E’ su questa frase detta dall’agente speciale Vogel ( un Toni Servillo lasciato a briglia sciolta ) che gira il romanzo e quindi il film. Non conosciamo il romanzo, di grande successo; ma il film ha troppi debiti narrativi dal Tornatore di Una pura formalità, al The Captive – Scomparsa di Atom Egoyan, da Fargo dei fratelli Coen, a L’Infernale Quinlan di Welles, fino – per non dilungarci – a La promessa di Sean Penn da Friedrich Dürrenmatt. Lasciamo per ultimo La promessa, perché l’ambientazione e la buona prima metà del primo tempo si rifà all’idea durremattiana del concetto di giustizia e dei meccanismi di indagine e di giudizio che sono incapaci di cogliere il senso più autentico della verità umana; e inoltre nelle intenzioni di Carrisi, si intende dimostrare la tesi che il caso governa i destini umani, oltre al tentativo di collocare i fatti in una rete chiusa di eventi fittizi. Ma ben presto questa direzione si sbiadisce nel tono e nello stile, compaiono troppi temi e a troppe variabili e vengono sviluppati in modo fin troppo prevedibile e ruvido; si inseriscono fatti di cronaca giudiziaria italiani come l’una-bomber Zornitta e la condanna del poliziotto che lo ha incastrato ingiustamente, mentre il caso su cui indaga Vogel rimanda alla povera Yara Gambirasio ( il famoso furgone bianco ) e poi c’è sempre la stampa assetata di notizie, la giornalista rampante che passerebbe su qualsiasi cadavere per uno scoop, l’avvocato in cerca di visibilità, anche lui cinico e un po’ tronfio; fino a giungere a una seconda parte del film, se non confusa un po’ ridicola e a due o tre finali a scatole cinesi, sinceramente a effetto poco veritiero e il cui ultimo è un colpo di scena così fuori luogo da rovinare quello che di buono c’è nella storia. Una storia letteraria, girata con attenzione ma priva di reale suspense, e soprattutto di fatti veri ma solo passabilmente credibili. Ci vengono in mente certi romanzi minori di Simenon e di Durrematt, dei film di Chabrol o di Melville, per farci scrivere che la ragazza nella nebbia, è un film ridondante, fracassone e scusate il termine un po’ vanesio. Naturalmente l’autore del romanzo confonde con cura i fatti e gli indizi, cambia registro radicalmente, passando dal poliziotto al sospettato, alla comparsa di una giornalista sulla sedia a rotelle che serve a registrare alcune incongruenze e a crearne delle altre, oltre a lasciare degli indizi veramente fuori registro; in un gioco a incastro continuamente smentito che comincia dal un telefono che squilla di leoneana memoria e con degli intermezzi, come nel film di Tornatore, e con dialoghi che dovrebbero essere simbolici e sibillini ma che risultano assai risibili, tra un vecchio psichiatra locale quasi in pensione Augusto Flores ( Jean Reno, in un ruolo teoricamente importante ) e l’agente Vogel reduce da uno strano incidente d’auto e apparentemente senza memoria.
E’ notte fonda, quando lo psicologo di provincia Augusto Flores viene chiamato al distretto di polizia della zona per verificare e interrogare il noto l’agente speciale Vogel che ha avuto un incidente d’auto senza conseguenze ma che ha la camicia macchiata di sangue. Dal discorso che iniziano i due uomini veniamo a conoscenza di ciò che è successo per molto tempo nella zona… Siamo nel paesino montano di Avechot, sulle Alpi, durante le vacanze natalizie, la sedicenne Anna Lou, bravissima ragazza dai capelli rossi, appartenente ad una famiglia ancora più semplice e cattolicissima, scompare senza lasciare traccia e allora viene mandato ad indagare l’agente Vogel, un uomo solitario, furbo, cinico e opportunista. E giacché nessuno sembra interessato al caso e non ci sono prove di nessun genere, riesce ad attivare con un trucco la stampa nazionale ottenendo l’attenzione che lui crede di meritare più che per il caso di sparizione. E nei giorni successivi, non trovando il corpo della ragazza, alcun indizio o un colpevole qualsiasi, decide di fabbricarne uno partendo da un furgono bianco, ma naturalmente il segugio si trasforma in preda e tuto ciò che appare potrebbe non essere…
Un’opera prima di buona fattura tecnica ma simile a una fiction, e con troppi rimandi ad altri film, in cui ritornano spesso alcuni plastici del paesino e della Alpi che dovrebbero significare qualcosa ma che rimandano a quelli visti nei programmi televisivi e il cui finale è un po’ ‘ troppo ‘; una sceneggiatura in cui purtroppo vengono usate frasi a effetto irreali nei momenti topici della storia. Una fotografia ( Federico Masiero ) che segue il climax con una luce tra il rosso scuro e il marrone, con degli interni ( Tonino Zera ) non ben precisi ma a volte quasi anni Sessanta, e una colonna sonora ( Vito Lo Re ) fatta d’archi e messa un po’ dappertutto che dovrebbe supportare ancora di più l’atmosfera cupa.
Un cast sicuramente notevole, fatto di attori bravi e consolidati, ma Toni Servillo quando è lasciato a briglia sciolta gigioneggia ( un po’ imbarazzante l’applauso che fa in una classe di liceo mentre il professore sospettato spiega agli alunni quale è la motivazione di un assassino; non è esagerato pensare che siamo dalle parti di un telefilm poliziesco alla Derrick ); Alessio Boni non riesce con credibilità a creare un personaggio doppio ed equivoco e non certo farfugliando riesce a dare spessore al personaggio; lo stesso Jean Reno ( attore mito per molti ) nonostante un ruolo significativo rimane sbiadito e opaco; non si comprende perché un’attrice brava, sex symbol degli Anni Ottanta, come Greta Scacchi, sia resa irriconoscibile e le si diano ruoli marginali negli ultimi tempi in Italia ( lo stesso è avvenuto nel film di Amelio ).
Voto 6