A proposito di un libro fondamentale: “ La società dello spettacolo “ di Guy Debord
Per chi non lo conosce, questo post è un invito alla sua lettura. E’ un libro precedente al ’68 ma che lo contiene tutto. Ribellione, rifiuto, negatività.
Potete trovarci anche l’ultimo Toni Negri (“Commonwealth”). Naturalmente non è un libro facile, va letto a piccole dosi; anzi è un consiglio, altrimenti può girare la testa con il suo ragionare. U na, due pagine al giorno e per il resto del tempo è un piacevole ragionare febbricitante e intenso. Mille stimoli per restare ‘svegli’. Questa lettura supera la lettura in sè, è un gesto filosofico che produce domande che slanciano.
L’idea centrale del testo è che la vita si sta ( allora ) trasformando in rappresentazione. Nella nostra società mercificata tutto è riconducibile alla trasformazione della merce in spettacolo, al punto di ricoprirne la superficie del mondo e il suo infingimento nei rapporti sociali più intimi, falsificando la percezione del reale. Questo ‘spettacolo’ separa le masse dal reale e le porta alla schiavitù. In questo saggio riflette anche sul peso delle rappresentazioni, delle immagini, sul nostro modo di apprendere la realtà, realtà che non può essere prevista nella società dello spettacolo. Lo spettacolo è il regno delle immagini, ma il pensiero (situazionista (1)) non può essere limitato esclusivamente a una critica del mondo dominato dalle immagini. Giunge alla riflessione che la società spettacolare è “l’ultima tappa del capitalismo sulla vita”. Ultima tappa dopo aver alienato gli uomini, trasformando il loro “essere” in “avere”, lo spettacolo trasforma l’”avere” in “apparenza